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MUSICA

La Conversione di Agostino in Opera. Guida all'ascolto

Una guida all'ascolto della conversione di Sant’Agostino, l’ultimo oratorio scritto dal tedesco Johann Adolph Hasse (1699-1783), il maggiore dei non pochi compositori stranieri che, prima di Gluck e Mozart, brillarono nell’opera italiana.

Cultura 28_08_2020

Fu come oggi, 1590 anni or sono, che a 76 anni non ancora compiuti morì ad Ippona, l’odierna Bona in Algeria, un ricercatore appassionato della verità, il più illustre dei Padri della Chiesa occidentale: sant'Agostino, Vescovo e dottore della Chiesa (354-430).

Africano di origine (è nato nel 354 a Tagaste nella Numidia proconsolare, oggi Souk-Ahras in Algeria), ma romano per eloquenza, Agostino trascorse un’adolescenza inquieta. Fu battezzato da sant’Ambrogio a 32 anni, ordinato sacerdote a 37 e consacrato Vescovo a 41. Fino alla morte nella sua immensa produzione letteraria, dalle Confessioni alla Città di Dio, fronteggiò le eresie del suo tempo, come il manicheismo, il donatismo e il pelagianesimo. «Il grande vescovo univa in sé l’energia creatrice di Tertulliano e la larghezza dello spirito di Origene con il senso ecclesiastico di Cipriano, l’acutezza dialettica di Aristotele coll’idealismo alato e la speculazione di Platone, il senso pratico dei Latini e la duttilità spirituale dei Greci. Fu il massimo filosofo dell’epoca patristica e, senza dubbio, il più importante ed importante ed influente teologo della Chiesa in generale» (B. Altaner, Patrologia, Marietti, Torino 19686, p. 308).

Secondo il nostro solito, avviciniamoci per la via della musica al Dottore della Grazia. Non parleremo qui del suo De musica, un’opera, giunta più o meno completa, che egli scrisse tra il 388 e il 390 proprio sulla musica, anzi sul suo aspetto teorico, dove egli confessa: «Num possumus amare nisi pulchra?», Che altro si  può amare se non le cose belle? (VI, 13, 38).

Accenneremo piuttosto alle sue celebri Confessiones, «un’opera che è insieme autobiografia, filosofia, teologia, mistica e poesia, in cui uomini sitibondi di verità e consapevoli dei propri limiti, hanno ritrovato e ritrovano se stessi» (Giovanni Paolo II, Augustinum Hipponensem, 28 Agosto 1986, § 4). Questo classico dell’autobiografia, soprattutto la parte dedicata alla mirabile conversione dell’autore, ha trovato largo favore anche nella drammaturgia: in particolare ha interessato quella composizione drammatico-musicale di argomento religioso (ma extra-liturgico) per voci e orchestra, senza scene e costumi, che si chiama oratorio.

Direttamente dalle «Confessioni» viene La conversione di Sant’Agostino, l’ultimo oratorio scritto dal tedesco Johann Adolph Hasse (1699-1783), il maggiore dei non pochi compositori stranieri che, prima di Gluck e Mozart, brillarono nell’opera italiana. L’oratorio fu eseguito per la prima volta alle quattro pomeridiane del Sabato Santo 28 Marzo 1750, nella cappella del Palazzo Reale di Dresda. Il libretto, scritto dalla principessa bavarese Maria Antonia Walpurgis (1724-1780), si basa sul dramma in cinque atti Idea perfectæ conversionis sive Augustinus del gesuita Franz Neumayr (1687-1765). A giudicare dalle numerose esecuzioni dopo la prima nelle odierne Germania, Lettonia, Repubblica Ceca e Italia, l’oratorio guadagnò una certa popolarità nel XVIII secolo.

La partitura, divisa in due parti per circa un’ora e tre quarti di musica, è concepita per cinque personaggi (Sant’Agostino, contralto; Simpliciano, un sacerdote, tenore; Monica, madre di Agostino, soprano; Alipio, un amico di Agostino, contralto; Navigio, fratello di Agostino, basso), un coro misto e un’orchestra (2 flauti, 2 oboi, 2 corni, 2 fagotti, archi e basso continuo).

Tutto inizia con un’Introduzione orchestrale, dall’andamento «Allegro non troppo però, ma con molto spirito». «Più non t’affliger tanto, madre dolente e pia. […] Speriamo in Dio», dice Simpliciano per consolare Monica, che gli confida: «Ah quanto è lieve, Padre, la mia speranza» che «il figlio reo» possa cambiare vita. Si aggiungono Alipio e poi Navigio che, insieme a Simpliciano e Monica, per tutta la prima parte parlano con Agostino della sua «pugna così grave», il suo conflitto interiore tra bene e male, e lo invitano a ravvedersi, a sciogliere «queste infami catene», a negarsi «almen per poco al reo veleno». Agostino vorrebbe intraprendere il cammino di conversione, ma il suo cuore, dice, «giammai cambiar non si potrà. Troppo son dolci gli oggetti del suo amore». Egli si dispera: «Il rimorso opprime il seno, / Ama il core il suo delitto; / Son dubbioso e son afflitto / E risolvermi non so. // Del mio stato gemo e peno; / Vorrei volgermi al mio Dio; / Ma da’ lacci del cor mio, / Come sciogliermi potrò». La prima parte si conclude con un coro che, alternandosi a Monica e Alipio, intercede per Agostino: «Inspira, o Dio clemente / A lui più degno affetto; / D’ogni terreno oggetto / Rendilo vincitor. // Ah’ non sia sparso in vano / Per esso il Divin Sangue, / quell’anima che langue / Rinforzi il tuo favor».

La seconda parte si apre con Monica, «sola fra tante angustie; so che il figlio combatte, ma non so, s’egli vinse». Ma Simpliciano e poi Alipio la rassicurano che «la grazia l’assiste» e che egli «forte resiste ai moti del suo cor». Al vedere arrivare Agostino, «si ritirano tutti in disparte» per ascoltare il suo soliloquio. Durante il suo combattimento spirituale una voce (soprano) lo invita: «Prendi e leggi, Agostin».  Egli si trova tra le mani «i fogli […], che delle genti il grande Apostolo vergò»; sappiamo dal dramma di Neumayr (e dalle Confessioni VIII,12,29) che si tratta del passo della Lettera ai Romani, dove san Paolo esorta ad abbandonare le opere della carne e a rivestirsi di Cristo (13,13-14).

Dopo la lettura, Agostino sente dileguarsi le tenebre del dubbio e, pieno di gioia, canta: «Or mi pento, oh Dio, che tardi / Ad amarti incominciai: / Or condanno, e tu lo sai, / I deliri del mio cor. // Ah’ pietoso a me consenti / Un de’ teneri tuoi sguardi, / che conforti, che alimenti, / che avvalori il nuovo amor». Simpliciano lo raggiunge e lo avverte: «T’inganni forse, troppo fidando in te»; ma lo trova ormai certo della sua conversione, cosa di cui anche Monica e gli altri si rallegrano. Alla fine dell’oratorio, prima Sempliciano e poi il coro finale esortano rispettivamente tutte le «alme infelici» e «ogni timido cor» a seguire l’esempio di questo grande convertito.