La Comunione sulla lingua e il legame con il mistero eucaristico
La Chiesa ha nel tempo riconosciuto e “selezionato” la Comunione sulla lingua come la modalità più adeguata per esprimere la sua cura verso questo mirabile sacramento, tutto il suo amore e la sua riverenza per Gesù nell’Eucaristia.

«Con l'andare del tempo, e con il progressivo approfondimento della verità del mistero eucaristico, della sua efficacia e della presenza in esso del Cristo, unitamente al senso accentuato di riverenza verso questo Santissimo Sacramento e ai sentimenti di umiltà con cui ci si deve accostare a riceverlo, si venne introducendo la consuetudine che fosse il ministro stesso a deporre la particola del pane consacrato sulla lingua dei comunicandi». Così l’Istruzione Memoriale Domini (1969), che pure ammise l’indulto per la Comunione sulla mano, mostrava e difendeva le ragioni per cui la Chiesa preferì nel tempo evitare il contatto della particola consacrata con le mani del fedele, disponendo che il ministro la ponesse direttamente sulla lingua: più profonda consapevolezza del mistero dell’Eucaristia e maggiore riverenza e umiltà.
Un uso, quest’ultimo, che già coesisteva con quello della Comunione sul palmo e che alla fine venne preferito perché inequivocabilmente si dimostrava capace di mettere al sicuro da ogni possibile profanazione volontaria o dalla dispersione inavvertita dei frammenti eucaristici. La dottrina cattolica, infatti, insegna che Cristo è presente con il suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità non solo in ogni particola consacrata, ma anche in ogni frammento di essa. «Fracto demum sacraménto, ne vacílles, sed meménto, tantum esse sub fragménto, quantum toto tégitur – Quando spezzi il sacramento, non temere, ma ricorda: Cristo è tanto in ogni frammento, quanto nell'intero»; così san Tommaso d’Aquino esprime la fede cattolica nell’inno Lauda Sion.
Pertanto la Chiesa ha nel tempo riconosciuto e “selezionato” la Comunione sulla lingua come la modalità più adeguata per esprimere la cura della stessa Chiesa verso questo mirabile sacramento, tutto il suo amore e la sua riverenza. È la stessa Istruzione a riconoscerlo: «Con questa forma ormai tradizionale è meglio assicurata una distribuzione rispettosa, conveniente e dignitosa insieme della Comunione; si evita il pericolo di profanare le specie eucaristiche, nelle quali “è presente in modo unico, sostanzialmente e ininterrottamente, il Cristo tutto e intero; Dio e uomo” (Sacra Congregazione dei Riti, Istr. Eucharisticum mysterium, n. 9) e si ha modo di osservare con esattezza la raccomandazione sempre fatta dalla Chiesa sul riguardo dovuto ai frammenti del pane consacrato: “Se tu ti lasci sfuggire qualche frammento è come se perdessi una delle tue stesse membra” (S. Cirillo di Gerusalemme, Catechesi mistagogiche V, 21)».
Quest’ultima citazione è di particolare rilievo. Essa proviene da san Cirillo di Gerusalemme, il punto di riferimento per eccellenza dei sostenitori della Comunione sulla mano. Eppure, Memoriale Domini non esita a citare questo testo a sostegno della Comunione sulla lingua quale modalità più rispettosa dell’Eucaristia. Il senso di questa citazione sta proprio in quanto abbiamo avuto modo di spiegare in un precedente articolo: la preoccupazione principale dei Padri non era quella di difendere la Comunione sul palmo, ma di esortare alla massima cura affinché nemmeno una briciola del pane consacrato andasse perduta. Ed è la medesima cura che ha spinto più tardi la Chiesa a preferire la Comunione direttamente sulla lingua. Possiamo dunque affermare che la Comunione sulla lingua si colloca precisamente nella traiettoria disegnata da queste raccomandazioni dei Padri, san Cirillo incluso, come compimento dei loro desiderata, «perché – insegna ancora l’Istruzione – esprime e significa il riverente rispetto dei fedeli verso la Santa Eucaristia». È chiaro dunque che un’inversione di rotta verso gli usi più antichi (o presunti tali) costituirebbe di fatto un’involuzione, un passaggio dalla modalità più «rispettosa, conveniente e dignitosa» ad una più incerta.
Anche i più accaniti sostenitori dell’attuale forma della Comunione sulla mano non possono non riconoscere che la Comunione sulla lingua praticamente azzera il pericolo di dispersione dei frammenti, almeno ex parte fidélium. E infatti gli argomenti pro Comunione sulla mano sono di tutt’altra natura: malinteso senso della Tradizione (vedi qui), altrettanto malintesa partecipazione dei fedeli alla liturgia e loro sacerdozio battesimale, un’enfasi ritenuta eccessiva sull’adorazione dell’Eucaristia piuttosto che sul suo essere nutrimento, presunte ragioni igieniche. Tutte obiezioni che avremo modo di trattare in un prossimo articolo.
Per ora, è interessante notare che il primo ritorno alla pratica delle Comunione sulla mano, dopo la sua sparizione per diversi secoli, si verificò non nel mondo cattolico ma in quello protestante, in particolare in quella porzione che negava la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia (per le diverse modalità di intendere la presenza di Cristo nell’Eucaristia, vedi qui). Martin Bucer (1491-1551), grande propagatore della Riforma protestante alla corte di Enrico VIII, e sostenitore, sulla scia di Huldrych Zwingli (1484-1531), di una presenza sacramentale (simbolica) non reale dell’Eucaristia, fu tra i primi a contestare l’uso cattolico della Comunione sulla lingua e in ginocchio, per almeno due ragioni: perché esso tributava un onore fuori luogo all’Eucaristia (affermazione assolutamente coerente con la sua incompleta concezione di questo sacramento) e perché conferiva al sacerdote una sacralità che esso in realtà non aveva (anche in questo caso, posizione coerente con l’errata concezione del sacerdozio). Non stupisce che chi confessava una dottrina errata su Eucaristia e sacerdozio rifiutasse quei gesti liturgici che la dottrina corretta esprimeva palesemente. Quello che preme sottolineare è che la “riesumazione” della Comunione sulla mano era vista come necessaria da alcuni riformatori per spezzare, a livello disciplinare liturgico, le dottrine cattoliche su Eucaristia e sacerdozio, fortemente corroborate nel popolo non tanto per mezzo di una solida catechesi, ma da precisi gesti liturgici prescritti che inequivocabilmente “predicavano” la retta dottrina eucaristica.
Quella forma che nell’antichità, con tutte le sue precisazioni e raccomandazioni, costituiva come la crisalide della forma più matura, diveniva ora vessillo di eterodossia; l’inversione archeologista fece sì che la stessa forma dell’antichità (o meglio, una forma simile) ormai non comunicava più la stessa fede. D’altra parte, se la fede dei “riformatori” fosse stata la medesima, non si sarebbe avvertita l’urgenza di modificare la forma corrente.
Nella nostra analisi abbiamo finora mostrato che:
1. La nuova modalità di distribuzione della Comunione sulla mano differisce per molti aspetti da quella antica sul palmo, con l’omissione di quegli elementi che meglio assicuravano una maggiore riverenza e attenzione, risultando pertanto peggiorativa rispetto a quella antica.
2. La distribuzione della Comunione sulla lingua, secondo anche quando insegnato da Memoriale Domini, è stato lo sviluppo più coerente con la fede cattolica sull’Eucaristia e ha condotto al perfezionamento dei principi sottesi alla Comunione sul palmo, evitando i rischi, già ampiamente oggetto di preoccupazione dei Padri.
3. Il “recupero” della Comunione sulla mano è stato possibile in quegli ambienti cristiani scismatici ed eretici del XVI secolo, che avevano (e hanno) una concezione insufficiente dell’Eucaristia, come sacrificio e come sacramento, e del sacerdozio cattolico.
Possiamo dunque affermare che la fedele, coerente e matura “erede” dell’antica modalità della Comunione sul palmo (che, ricordiamolo, coesisteva già con quella direttamente sulla lingua) è dunque la Comunione sulla lingua, non quella sulla mano.
La morte di Cristo
Non solo la passione di Gesù ma anche la sua morte ha diverse ragioni di convenienza. Quella fondamentale sta nella soddisfazione, cioè nella riparazione della giustizia violata. Morte corporale e morte spirituale. Vincere la morte con Cristo: la risurrezione.
Comunione sulla mano e sulla lingua, una ricostruzione storica
In base alle fonti antiche, più che sulle mani si dovrebbe parlare di Comunione sul palmo. Le modalità non erano come quelle attuali, perché i Padri si preoccupavano della riverenza all’Eucaristia. E questa cura ha portato, come logico sviluppo, alla Comunione direttamente sulla lingua.
La presenza reale, quante incertezze e divisioni tra i protestanti
I riformatori protestanti – da Lutero a Calvino, da Zwingli a Carlostadio – avevano in comune solo il rifiuto della dottrina cattolica. Ma su come tradurre l’idea della “sola Scriptura”, le divisioni erano enormi: basti pensare ai tentativi di sostituire la verità della transustanziazione.