Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
STRATEGIA NAVALE

La Cina inizia ad espandersi negli oceani. A partire dallo Sri Lanka

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La Cina inizia ad espandersi seriamente in mare. Sta costruendo una catena di porti e basi navali. La prossima tappa di questo programma è la creazione di una base navale a Hambantota, nello Sri Lanka. Progetti simili anche in Africa, compresa la costa atlantica. 

Esteri 04_08_2023
La Yuan Wang 5 attracca a Hambantota

La Cina inizia ad espandersi seriamente in mare. Sta costruendo una catena di porti e basi navali. La prossima tappa di questo programma è la creazione di una base navale a Hambantota, nello Sri Lanka, secondo il centro di ricerca statunitense AidData. In quel porto, sulla costa sud-orientale dell’isola, la Cina ha già investito 2,19 miliardi di dollari, più di ogni altro progetto portuale.

La storia è tipica, ormai, del modo di operare di Pechino all’estero. Lo Sri Lanka ha aderito alla Belt and Road Initiative (la “nuova Via della Seta”) si è indebitato con la Cina per la costruzione di nuove infrastrutture civili, fra cui quelle portuali. Non riuscendo a ripagare il debito, la Cina ha rilevato il porto di Hambantota attraverso sue compagnie statali.

Il sospetto che potesse diventare una base navale militare, oltre che civile, era sorto l’anno scorso, quando vi aveva attraccato, a metà agosto 2022, la nave Yuan Wang 5. Nulla di pericoloso: si trattava di un’unità disarmata, per l'esplorazione oceanografica. Un secondo sospetto era maturato in primavera, quando si era iniziato a parlare della costruzione di una base radar cinese, nella baia di Dondra, a metà strada fra la capitale Colombo e Hambantota. L’India si era mostrata particolarmente preoccupata per quest’ultimo progetto, considerando che è in una posizione tale da poter monitorare il suo traffico aereo e navale.

Il centro di ricerca AidData stima che l’investimento cinese nel porto srilankese sia troppo grande per essere solo un’operazione commerciale. Questo, assieme alla “sua posizione strategica, alla popolarità della Cina fra le élite e la popolazione locali e l’allineamento dello Sri Lanka alla Cina nelle votazioni all’Onu, fanno di Hambantota il principale candidato per una futura base”.

Secondo esperti locali intervistati dall’agenzia Asia News, Thushara Paranavithana e Poornima Dunuwila: “per molti anni gli studiosi hanno cercato di analizzare in che misura la Cina utilizzi il suo potere economico per far avanzare le sue ambizioni militari. I leader di Colombo hanno dichiarato che non avrebbero permesso al porto di Hambantota di ospitare forze armate straniere. Eppure nel 2017 un’entità cinese ha rilevato la struttura portuale quando la nazione non è stata in grado di rimborsare i prestiti che hanno contribuito alla sua costruzione”.

Finora l’unica base d’oltre mare cinese era quella di Gibuti, nel Corno d'Africa. Le prossime, oltre che nello Sri Lanka, potrebbero essere costituite in altri Paesi politicamente nell’orbita cinese: Camerun, Cambogia, Guinea Equatoriale e Pakistan, secondo gli analisti di AidData. In Pakistan, il luogo scelto sarebbe Gwadar, nella Guinea Equatoriale il porto di Bata. Ma i lavori più avanzati sono quelli nel porto di Ream, in Cambogia. Il governo di Phnom Penh (è appena stato rieletto presidente Hun Sen, al potere ininterrottamente dal 1985) nega ogni intenzione cinese di stabilirsi sulla costa del Golfo del Siam, ma le immagini satellitari della compagnia Black Sky dimostrerebbero il contrario, mostrando infrastrutture cinesi imponenti quasi complete, fra cui moli in grado di ospitare portaerei. E la Cambogia, contrariamente alla Cina, non dispone di portaerei.

Secondo gli analisti di Foreign Policy, la rete delle future basi navali cinesi sarebbe ancora più vasta. Oltre a Hambantota, Ream, Bata e Gwadar, ingenti investimenti stanno affluendo anche ai porti di Luganville (Vanuatu, alle porte dell’Australia), Nacala (Mozambico), Kribi (Camerun) e Nouackchott (Mauritania). Più della metà delle basi in costruzione serve al controllo della regione dell’Indo-Pacifico, ma ciò che inquieta maggiormente gli analisti di Foreign Policy è la possibile proiezione di potenza cinese nell’Atlantico, attraverso basi in Stati della costa occidentale africana (Mauritania, Camerun, Guinea Equatoriale e Angola). “Una base in Africa occidentale o centrale sarebbe una mossa coraggiosa per una marina che sta ancora prendendo confidenza con il mare aperto, solo 15 anni dopo aver iniziato a operare lontano dalle sue basi, nelle missioni antipirateria nel Golfo di Aden. Le basi atlantiche metterebbero la marina cinese in relativa prossimità dell'Europa, dello Stretto di Gibilterra e delle principali rotte di navigazione transatlantiche”, scrivono gli analisti di Foreign Policy.

Il programma cinese di costruzione di porti e basi navali è imponente: dal 2000 al 2021 ha contribuito a costruire e modernizzare 78 porti in 46 Paesi. La protagonista di questa impresa è la China Communications Construction Company (CCCC) che attualmente è sanzionato dal Dipartimento del Commercio statunitense per il suo ruolo nella costruzione di isole artificiali, fortemente militarizzate, in acque contese (con Filippine e Vietnam) del Mar Cinese Meridionale.

La Cina non ha alleati stabili su cui contare, se non la Corea del Nord. Per questo tende ad essere autosufficiente, con proprie infrastrutture, per lo scalo e rifornimento delle navi. Lo scopo è duplice: tenere aperte le proprie rotte marittime (anche in caso di sanzioni internazionali) e chiudere quelle avversarie (in caso di guerra). La collocazione strategica di tutte le infrastrutture in costruzione è perfetta per garantire sia l’uno che l’altro scopo. Il regime di Pechino ragiona in termini mercantilistici e la sua nuova Via della Seta, la Belt and Road Initiative, in futuro, sarà protetta da questa catena di basi. Nel lungo periodo, potrebbe aspirare al monopolio del traffico marittimo dall’Asia orientale all’Europa.

Il mancato rinnovo del “Memorandum of Understanding” per la Via della Seta, annunciato dalla premier Giorgia Meloni, è un chiaro segnale che l’Italia non intende più essere complice, nemmeno indirettamente, di questo progetto.