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mazara del vallo

La Chiesa immigrazionista venera la "reliquia" dei barconi

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La Diocesi di Mazara accoglie in pompa magna un pezzo di legno del barcone naufragato a Cutro nel 2023. E lo propone ai fedeli come reliquia da venerare in un pellegrinaggio che durerà un mese. Ma è un feticcio, che mostra i frutti dell'ideologia immigrazionista che scambia per martiri i poveri "schiavi" della migrazione. La denuncia di Iustitia in Veritate. 
- Porporati senza porpora, al concistoro trionfa la sciatteriadi Stefano Chiappalone

Ecclesia 10_12_2024 English Español

Per una Chiesa che sta riscrivendo il suo armamentario teologico in chiave immigrazionista, non poteva mancare l’aspetto della venerazione dei fedeli. Eccola trovata: un pezzo dello scafo dell’imbarcazione naufragata al largo di Cutro il 25 febbraio 2023 nel tragico viaggio che costò la vita a 94 persone, è stato elevato a rango di reliquia.

La trovata arriva dalla diocesi di Mazara del Vallo dove il vescovo don Angelo Giurdanella ha autorizzato la venerazione di quel piccolo frammento di legno proveniente dall’imbarcazione che trasportava i migranti.

É tutto scritto nella denuncia dell’associazione Iustitia in Veritate che ha reso noto la curiosa deriva.

KR46M0, questo il nome del piccolo frammento ligneo elevato a rango di reliquia ed è stato elaborato da una bottega della Val Bormida, che ha avuto l’idea di prendere il frammento ligneo, incorniciarlo per dargli quel tanto di “packaging” e affibbiargli un nome più che simbolico.

È questo il nome di un neonato, il bambino trovato morto sulla spiaggia di Crotone al quale non fu mai possibile dare un’identificazione precisa e che divenne così il simbolo di quella tragedia. Ora l’idea di ricavare una reliquia con il legno della barca e dargli nome così simbolico.

A partorirla è una suora, Alessandra Martin, che risponde a nome dell’ufficio diocesano per le migrazioni e la mobilità umana della diocesi e che nei giorni scorsi l’ha consegnata al vescovo perché ne ufficializzasse la peregrinatio in tutta la diocesi di Mazara fino al 10 gennaio 2025.

Ad uso di venerazione, proprio come accade per le reliquie.

Così si legge nell’apposito comunicato diocesano: «Questa mattina KR46M0 è stata accolta dal nostro vescovo mons. Angelo Giurdanella. É iniziato il suo pellegrinaggio già sabato e domenica scorsi nella parrocchia di Campobello incontrando la comunità nella celebrazione domenicale e i bambini e i ragazzi della catechesi».

Sempre dal comunicato si scopre che ieri è terminata la sua permanenza a Castelvetrano, poi girerà come una “Madonna pellegrina” di parrocchia in parrocchia, di movimento in movimento, di associazione in associazione. Così è deciso.

Una reliquia in piena regola, dunque. Peccato che non lo sia affatto dato che, come ricorda l’associazione Iustitia in Veritate, le reliquie sono disciplinate dai canoni 1186 – 1190 del Titolo IV del codice di diritto canonico, dedicati al culto dei santi, delle sacre immagini e delle reliquie «per favorire la santificazione del popolo di Dio». In essi si precisa ciò che può unicamente essere indicato come tale e custodito in luogo sacro e venerato nel culto della tradizione cristiana (Congregatio de causis sanctorum, Instructio. Reliquiae in Ecclesia: fides et conservatio, 8 dicembre 2017, art. 25).

Insomma, la Chiesa ha sempre trattato la materia con estrema prudenza, dopo un discernimento di ciò che accade di soprannaturale e porta poi alla sua approvazione e proposta.

Invece qui «siamo di fronte al tentativo di imporre ex novo qualcosa che non ha nulla di sacro, svincolato dalla tradizione, che ne forza la natura e svia un sano percorso spirituale e la fede del popolo di Dio – prosegue l’associazione dell’avvocato Francesco Fontana sul suo sito -. Un tentativo che solo la non cognizione delle cose da parte della gerarchia può far credere utile e proporre ciò che non può essere una realtà spirituale, costruendo così un dio a proprio piacimento con cui si crede di collaborare nel creare una realtà, e non un Dio che ha un progetto sano e buono sull’uomo, che ne segue la Sua volontà».

Va detto che quello delle suppellettili di imbarcazioni naufragate ad uso sacro era già stato proposto e anche autorevolmente. Papa Francesco nel suo viaggio a Lampedusa nel 2013 utilizzò proprio un pastorale e alcuni vasi sacri ricavati da legname derivato da quel che si riuscì a recuperare di un’imbarcazione naufragata al largo delle coste siciliane. Con questa “trovata” siamo andati decisamente oltre perché utilizzare la parola “reliquia” e “pellegrinaggio” non fa altro che invitare alla venerazione i fedeli.

«Verrebbe da chiedersi perché, alla stessa stregua, non fare allora una nuova reliquia per ogni bimbo innocente ucciso dall’aborto indicandolo altrettanto con un acronimo? Ma non si può – insiste l’associazione -, deve prevalere la nuova religione immigrazionista con i suoi idoli, e quindi con le sue reliquie, promuovendo il pensiero di chi crede di essere coautore di Dio nel proporre percorsi di salvezza, tragicamente però errando nella convinzione di formare una realtà spirituale svincolata da un ordine, a un punto di confusione tale da creare e promuovere grottescamente una nuova reliquia».

Curiosa deriva. Oggi il culto delle reliquie dei santi è relegato a qualcosa di polveroso, non al passo dei tempi, qualcosa che richiama ad un’idea di Chiesa vecchia e ancorata a tradizioni e devozionalismi che il popolo non sente più. Però iniziative come questa dimostrano che l’uomo ha bisogno di orientare il suo Credo verso qualcosa da venerare come espressione dei santi o dello stesso Dio fattosi uomo. Solo che in questo caso non siamo di fronte a dei martiri: i poveri migranti morti per la crudeltà di uomini senza scrupoli che dopo averli spennati e ingannati li espone al rischio di una pericolosa traversata, non sono martiri, ma vittime di una tratta crudele sulla loro pelle.

Ma nel nuovo verbo della Chiesa immigrazionista il passaggio che i migranti siano un nuovo tipo di martire è molto forte. Ad uso di una posizione ideologica che non si fa scrupolo di sballottare ancora questi poveri disgraziati immolandoli su un altare eretto per celebrare un’ideologia. Più che una reliquia, un feticcio. 



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