La Chiesa è il corpo di Cristo, cioè siamo tutti noi
All’udienza generale, Papa Francesco ha continuato il suo ciclo di catechesi sul tema della Chiesa, meditando sulla sua definizione fondamentale come «corpo di Cristo». E non si tratta di un modo di dire: tutti noi, come dice l'apostolo Paolo, siamo chiamati a essere membra viva di questo corpo.
All’udienza generale del 22 ottobre 2014 – dopo avere ricevuto privatamente i giocatori e i dirigenti del Bayern Monaco, Papa Francesco ha continuato il suo ciclo di catechesi sul tema della Chiesa, meditando sulla sua definizione fondamentale come «corpo di Cristo». Il fatto che la Chiesa possa anche essere definita con altre formule, ha spiegato il Papa, non deve farci dimenticare l’importanza della definizione tradizionale come «corpo di Cristo»: è infatti «il suo tratto distintivo più profondo e più bello». L’immagine del corpo è molto antica. «Quando si vuole evidenziare come gli elementi che compongono una realtà siano strettamente uniti l’uno all’altro e formino insieme una cosa sola si usa spesso l’immagine del corpo». Tra i cristiani, «a partire dall’apostolo Paolo, questa espressione è stata applicata alla Chiesa».
Nelle catechesi del mercoledì Papa Francesco parte quasi sempre dalle immagini bibliche per poi spiegarne il significato e la rilevanza per la nostra vita cristiana oggi. Per illustrare la nozione biblica del corpo, il Pontefice è partito dal capitolo 37 del Libro di Ezechiele. Qui, ha detto, «viene descritta una visione un po’ particolare, impressionante, ma capace di infondere fiducia e speranza nei nostri cuori. Dio mostra al profeta una distesa di ossa, distaccate l’una dall’altra e inaridite. Uno scenario desolante… Immaginatevi: tutta una pianura piena di ossa. Dio gli chiede, allora, di invocare su di loro lo Spirito. A quel punto, le ossa si muovono, cominciano ad avvicinarsi e a unirsi, su di loro crescono prima i nervi e poi la carne e si forma così un corpo, completo e pieno di vita». Molto semplicemente, «questa è la Chiesa». Se il Libro di Ezechiele è spesso stato definito un capolavoro letterario, la Chiesa è «il capolavoro dello Spirito, il quale infonde in ciascuno la vita nuova del Risorto e ci pone l’uno accanto all’altro, l’uno a servizio e a sostegno dell’altro, facendo così di tutti noi un corpo solo, edificato nella comunione e nell’amore».
Il profeta Ezechiele aveva una comprensione mistica e spirituale della comunità dei credenti come corpo. Ma dopo la venuta di Gesù Cristo noi sappiamo che la Chiesa «non è solamente un corpo edificato nello Spirito: la Chiesa è il corpo di Cristo!», Questo potrebbe sembrarci «un po’ strano»: come possiamo essere, tutti noi, il corpo di un’altra persona? Eppure «è così, non si tratta semplicemente di un modo di dire: ma lo siamo davvero!». Per cominciare a capire come diventiamo «corpo di Cristo», il Pontefice ci invita a partire dal Battesimo. «Nel sacramento del Battesimo, infatti, Cristo ci fa suoi, accogliendoci nel cuore del mistero della Croce, il mistero supremo del suo amore per noi, per farci poi risorgere con lui, come nuove creature.» Leggendo le lettere di San Paolo – soprattutto quella ai Romani e la Prima ai Corinzi – comprendiamo che «il Battesimo costituisce una vera rinascita, che ci rigenera in Cristo, ci rende parte di lui, e ci unisce intimamente tra di noi, come membra dello stesso corpo, di cui lui è il capo».
È utile mettere in luce le affermazioni di San Paolo sul Battesimo con quanto lo stesso apostolo dice del matrimonio, quando esorta i mariti ad «amare le mogli come il proprio corpo», aggiungendo «come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo» (Ef 5,28-30). Noi veramente nella Chiesa, vuole dirci San Paolo, «siamo il suo corpo, quel corpo che niente e nessuno può strappare da lui e che egli ricopre di tutta la sua passione e di tutto il suo amore, proprio come uno sposo con la sua sposa».
Ma come questa informazione, questo sapere che siamo «membra vive» del corpo di Cristo, cambia la nostra vita? È evidente, infatti, – qualcuno potrebbe vedere qui un accenno del Papa anche al Sinodo appena concluso – che nella Chiesa non sempre ci muoviamo tutti all’unisono come parti di uno stesso corpo. Non è una novità. «Al tempo di Paolo, la comunità di Corinto trovava molte difficoltà in tal senso, vivendo, come spesso anche noi, l’esperienza delle divisioni, delle invidie, delle incomprensioni e dell’emarginazione. Tutte queste cose non vanno bene, perché, invece che edificare e far crescere la Chiesa come corpo di Cristo, la frantumano in tante parti, la smembrano».
A braccio, Papa Francesco ha aggiunto che tanti dicono di essere contro la guerra, ma la guerra «non incomincia nel campo di battaglia: la guerra, le guerre incominciano nel cuore, con questa incomprensione, divisione, invidie, con questa lotta fra gli altri. E questa comunità di Corinto era così, ma erano campioni di questo! E L’Apostolo ha dato ai Corinti alcuni consigli concreti che valgono anche per noi: non essere gelosi, ma apprezzare nelle nostre comunità i doni e le qualità dei nostri fratelli». La gelosia «smembra, fa male, non si deve fare», rende impossibile sentirci membra dello stesso corpo di Cristo. «Perché le gelosie crescono, crescono e riempiono il cuore. E un cuore geloso è un cuore acido, un cuore che invece di sangue sembra avere aceto! È un cuore che mai è felice, è un cuore che smembra la comunità».
Come resistere alla tentazione inevitabile delle divisioni? «Apprezzare le qualità è contro la divisione; farsi vicini e partecipare alla sofferenza degli ultimi e dei più bisognosi; esprimere la propria gratitudine a tutti, ma dire grazie, il cuore che sa dire grazie è un cuore buono, è un cuore nobile, è un cuore che è contento perché sa dire grazie». «Anche noi, tante volte diciamo come quel fariseo della parabola: “Ti ringrazio Signore perché non sono come quello, sono superiore”. Ma questo è brutto, non farlo mai. E quando ti viene questo, ricordati dei tuoi peccati, di quelli che nessuno conosce, vergognati davanti a Dio e dì: “Ma tu Signore, tu sai chi è superiore, io chiudo la bocca”». Il corpo di Cristo, ha concluso il Papa, è anche una famiglia. Quando la Chiesa vive come famiglia e come corpo di Cristo, davvero riesce a testimoniare Cristo al mondo.