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MIGRAZIONE COMPIUTA

La Chiesa che accetta il Green pass è protestante

Uno degli effetti del grande reset connesso con la gestione del Covid è la rivoluzione della Chiesa cattolica e nella Chiesa cattolica. La pandemia condurrà la secolarizzazione alle sue estreme conseguenze: la protestantizzazione. Durante i secoli, le Chiese nazionali potevano sottrarsi alle imposizioni degli Stati appellandosi al potere del Papa. Ma il Papa stesso si è sottomesso alla logica della politica. 

Editoriali 11_09_2021

Ci si avvia alla partecipazione alla Messa solo con il Green Pass. Il processo è stato inizialmente ambiguo ma ormai l’esito finale è vicino. La Chiesa dice (e dirà sempre di più) che, in materia, competente è lo Stato; lo Stato dice di farlo per la salute pubblica; le norme concordatarie, civili e canoniche vengono addomesticate e si torna alla pace di Westfalia (1648) ove si fissarono le chiese di Stato, o anche più indietro, alla pace di Agusta del 1555: cuius regio eius religio. A disciplinare la religione sarà lo Stato, come del resto aveva stabilito, a suo tempo, Lutero, quando consegnò la Riforma nelle mani dei Principi tedeschi. E non per motivi pratici ma in conseguenza della sua teologia. Se la Chiesa cattolica accetta questo, si dimostra protestante e non più cattolica. Uno degli effetti del grande reset connesso con la gestione del Covid è la rivoluzione della Chiesa cattolica e nella Chiesa cattolica: alla fine essa non sarà più se stessa. La pandemia condurrà la secolarizzazione alle sue estreme conseguenze.

Il Consiglio Federale della Svizzera ha stabilito che dal 13 settembre vigerà l’obbligo di presentare il Green Pass (che in Svizzera si chiama TGV) per accedere alle celebrazioni liturgiche che superino le 50 persone. In Italia i vescovi hanno invitato, come riferito e valutato ieri dalla Bussola a vaccinarsi tutte le figure che a qualunque titolo operino in parrocchia, ossia i cosiddetti operatori pastorali, dai campanari ai catechisti. Nei seminari si era già iniziata questa prassi. La diocesi di Milano è stata a questo proposito molto drastica, imponendo misure che un comunicato di Justitia in Veritate giudica illegittime sia per il diritto civile che per il diritto canonico. Dalla primavera 2020, quando le curie diocesane si erano ridotte a consultare i funzionari del ministero degli interni per sapere come organizzare le presenze sull’altare durante la Messa, di strada la statalizzazione della religione ne ha fatta molta.

Lo Stato moderno ha voluto fin dall’inizio mettere le mani sulla Chiesa e sulla religione cristiana. Nel suo trattato De Cive, del 1642, Thomas Hobbes non aveva espresso dubbi in proposito. In una Nota del VI capitolo egli dice che “ci sono delle dottrine, sotto l’influsso delle quali i cittadini pensano di potere legittimamente, anzi, di dover rifiutare l’obbedienza allo Stato … Non nascondo che questo riguarda la potestà che molti attribuiscono al principe della chiesa romana in uno Stato straniero”, ossia al papa. 

Durante i secoli, le Chiese nazionali avevano il modo di sottrarsi alle illegittime imposizioni degli Stati nazionali, specialmente da quello napoleonico in poi, appellandosi ad un potere superiore, il potere del Papa. Universale quello, particolari, e quindi dipendenti, gli altri. Ma Hobbes vuole farla finita con questa prassi: “Attribuisco al potere civile il giudizio delle dottrine, se siano o meno in contrasto con l’obbedienza civile”. Giudicare perfino sui dogmi sarà lo Stato, figuriamoci per l’accesso alle Messe.

Oggi si sta realizzando quanto allora era stato previsto. Però con importanti variazioni.

Una di queste è che il papa stesso si è sottomesso alla logica della politica, ossia agli Stati, e quindi non può più fare da appoggio autorevole alle Chiese nazionali che non vogliano sottomettersi in questioni di fede e di morale al potere politico. Il primo a chiudere la chiesa nella primavera del 2020 è stato il papa. Il primo a dire che vaccinarsi è un “atto di amore” è stato il papa. Non c’è da stupirsi se i vescovi fanno a gara nell’imitarlo: molti di essi hanno ancora in mente il papa vecchia maniera. Mentre la Santa Sede ripetutamente punta sul piano globale e universale dei problemi di moda – dall’ambiente alle migrazioni – dimentica poi la propria universalità nei rapporti con gli Stati e volutamente lascia le chiese locali in balia dei loro governi. Dovrebbe essere il papa a tirare le orecchie ai vescovi della CEI e fare una telefonata alla Curia di Milano. Anche chi responsabilmente non si vaccina - sia perché il vaccino non è un vaccino, sia perché non è sperimentato, sia perché non c’è una emergenza che lo richieda - è una “periferia” che merita l’”inclusione” sulla base della “conversione sinodale”.

La seconda è che la Chiesa cattolica muore dalla voglia di diventare protestante. A questo scopo ormai sistematicamente dimentica il proprio dovere nei confronti della politica, compresa quella sanitaria. Questo suo dovere è di indicare alla politica, compresa quella sanitaria, che i fondamenti ultimi del bene comune cui esse devono tendere li custodisce lei, la Chiesa. Essa quindi non può dire ai governi: fate quello che volete e io mi adeguerò accettando anche il Green Pass per andare a messa. Se lo fa è già protestante. La nuova Chiesa protestante che accetta il Green Pass per andare a Messa accetterà anche il disegno di legge Zan: lo ha deciso il potere politico.