La cattedrale di Ancona
La cattedrale dell'arcidiocesi di Ancona-Osimo è dedicata a San Ciriaco, martire della fede nel 363. Costruita sui resti di un tempio di Venere, in posizione panoramica, è un capolavoro di arte romanica, decorata con animali fantastici.
Ciriaco di Gerusalemme, al secolo Giuda, figlio di Simeone ed Anna, nipote di Zaccheo, morì martire sotto l’imperatore Giuliano l’Apostata nel 363. E’ lui l’Inventor Crucis, il ritrovatore della Croce, epiteto assegnatogli per avere aiutato Elena a individuare il luogo dove il Sacro Legno era stato seppellito. Fu grazie a Galla Placidia (V sec.) che le sue spoglie furono traslate dalla Palestina ad Ancona, dapprima custodite in San Lorenzo e in seguito trasferite nella chiesa di Santo Stefano che da lui, divenuto patrono della città, prese, successivamente, il nome.
San Ciriaco è, dunque, la cattedrale dell’arcidiocesi di Ancona-Osimo e sorge in una posizione panoramica e scenografica sulla cima del monte Guasco da cui si domina il mare. In questo stesso punto, anticamente (III – II sec. a C.?), si trovava un tempio intitolato a Venere Euplea, protettrice dei naviganti. La monumentale struttura architettonica, in pietra bianca del Conero, è il frutto delle diverse fasi costruttive succedutesi dal IX al XIII secolo quando venne aggiunto un corpo trasversale ortogonale rispetto a quello già esistente. Allo stesso periodo appartengono la grande cupola, una delle più antiche in Italia, e la facciata a cuspide, preceduta da un portale protetto da un ampio protiro in marmo rosso di Verona. Le ghiere degli archi strombati sono curiosamente decorate: tra il fogliame e i tralci di vite compaiono, infatti, anche animali fantastici, rappresentati con abiti e in atteggiamenti umani, come una volpe che porta il suo fagotto sulla spalla.
Superato l’ingresso è possibile scendere nella cripta, edificata intorno all’anno Mille con materiale di recupero, oggi nascosto dal rivestimento di marmi colorati settecenteschi. E’ qui che riposano, con il primo protettore della città, i compatroni Libero e Marcellino.
Lo spazio interno è a croce greca con i bracci laterali sopraelevati, delimitati da plutei di derivazione bizantina. Quello nel transetto destro fu commissionato dal vescovo Belardo nel 1189 al maestro Leonardo che vi raffigurò animali simbolici, quali fenici aquile e pavoni, e una scena di Annunciazione tra profeti e santi locali. Nel transetto sinistro la cappella della Madonna custodisce, all’interno di una preziosa edicola marmorea di Luigi Vanvitelli (1739), la sorridente immagine della Regina di tutti i Santi, ex voto di un mercante veneziano, venerata dagli anconetani per essere stata protagonista di episodi miracolosi.