Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Espedito a cura di Ermes Dovico
IL BELLO DELLA LITURGIA

La Cappella Sistina: una vera opera teologica

Michelangelo Buonarroti dipinse tutta l'opera rimanendo fedele al racconto biblico. È stato da molti osservato che i corpi del Padre e del primo uomo sono uno lo specchio dell’altro, dato che «Dio creò l'uomo a sua immagine». Quindi libero! Pur infondendogli energia vitale, infatti, il dito di Dio non tocca Adamo: lo crea, forte e possente, ma ne rispetta fino in fondo l’entità diversa.

Cultura 29_02_2020

“Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente”. Gen 2, 7

Quando, nel maggio del 1508, Michelangelo Buonarroti firmò il contratto per accettare il titanico incarico di dipingere le volte della Cappella Sistina, il suo avveduto e lungimirante committente, papa Giulio II, che pur credeva nell’eloquenza espressiva dell’arte, non poteva immaginare quanto sarebbe stato a dir poco prodigioso l’esito di quell’accordo. Neppure quando, dopo una prima battuta d’arresto, lasciò all’artista carta bianca sulla scelta del programma iconografico che il maestro, molto presumibilmente, condivise poi con i teologi della corte papale.

In una grande architettura dipinta, tra monumentali figure di ignudi, di Profeti e di Sibille, Michelangelo raffigurò nove storie scelte dal Libro della Genesi: la creazione di Adamo, conosciuta in tutto il mondo per la geniale soluzione iconografica, rappresenta l’apice del racconto che, dalla separazione della luce dalle tenebre, passando per la cacciata dal Paradiso dei progenitori, arriva fino all’episodio dell’ebbrezza di Noè. Sotto cotanto splendore, Papa Giulio II tornò a celebrare, in forma solenne, il sacramento dell’Eucarestia il giorno di Ognissanti 1512.

È l’alba del mondo lo sfondo su cui s’incontrano, per la prima volta, l’uomo e il suo Creatore. Il paesaggio è appena accennato nel pendio erboso sul quale è disteso il giovane atletico corpo di Adamo, in procinto di svegliarsi. Il suo sguardo ubbidiente è rivolto verso il Padre che, con fermezza, lo chiama alla vita.

Il torpore dell’uomo si contrappone alla vorticosità del volo di Dio che, avvolto in un manto purpureo gonfio di vento, sorretto da angeli nudi ritratti nello sforzo di sostenere il nimbo divino, plana sulla Sua creatura. Dodici sono le figure celesti, un numero in cui alcuni studiosi hanno letto un richiamo agli Apostoli che, in un primo momento, Michelangelo avrebbe dovuto rappresentare nei pennacchi della volta.

Ed eccolo il miracolo della vita sprigionarsi dall’atto degli indici di entrambi che si vengono incontro e solo si sfiorano, in un gesto eterno, ricolmo dell’amore di Dio e della ragionevole accondiscendenza di Adamo che si scopre voluto, desiderato. È stato da molti osservato che i corpi del Padre, ricoperto da una veste di un tenue rosa, e del primo uomo, rappresentato nudo in tutto il suo vigore, sono uno lo specchio dell’altro. Michelangelo, fedele al racconto biblico, fece l’uomo “a immagine e somiglianza di Dio”.

Quindi libero! Pur infondendogli energia vitale, infatti, il dito di Dio non tocca Adamo: lo crea, forte e possente, ma ne rispetta fino in fondo l’entità diversa. Da quel momento in poi spetterà, dunque, all’uomo, nudo come la terra da cui proviene, decidere in ogni istante se riconoscere la strutturale dipendenza da Colui che lo ha generato.