Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
SIRIA

La caduta della capitale dello Stato Islamico

Le forze curde e i rivoluzionari siriani si preparano a lanciare l'assalto finale contro le ultime roccaforti dell'Isis a Raqqa, capitale del Califfato in Siria. Ma è mistero fitto su centinaia di jihadisti che si sono ritirati col consenso degli assedianti. Dove andranno a finire? Perché hanno potuto sganciarsi pacificamente?

Esteri 16_10_2017
Miliziano curdo a Raqqa

Le Forze Democratiche Siriane (FDS) composte da combattenti curdo siriani delle Unità di Protezione del Popolo curdo (Ypg) e milizie tribali arabe sostenute dagli Usa hanno lanciato "l'assalto finale" agli ultimi quartieri di Raqqa, capitale dell’Isis dove i jihadisti controllano meno del 15% dell’area urbana devastata da mesi di battaglia.

"Siamo ora nella fase finale della battaglia", ha detto la portavoce Jihan Sheikh Ahmed, a conferma che l'alleanza ha sferrato le operazioni per riprendere le ultime sacche della città ancora in mano ai jihadisti, dove si calcola che siano quasi 1.500 le persone ancora intrappolate, rinchiuse per lo più nell'ospedale e nello stadio. L'Isis difende le ultime posizioni con cecchini e occasionali bombardamenti e avrà quasi certamente minato la zona. Una difesa tenace, quella del Califfato, ma indebolita dalla fuga concordata di almeno 275 jihadisti e delle loro famiglie che hanno accettato di essere evacuati in base ad un accordo raggiunto a livello locale. Secondo alcune fonti, l'accordo avrebbe permesso anche la fuga di foreign fighters provenienti da Nordafrica ed Europa.

"Una parte degli stranieri è partita" ha confermato Omar Alloush, membro anziano del Consiglio civile di Raqqa (un organismo creato di recente da FDS per amministrare la città liberata) insieme alle loro famiglie confermando che tra essi vi sono foreign fighters fatti sfollare, anche loro con le famiglie, a bordo di decine di autobus arrivati nella notte dalle campagne del nord, come ha reso noto l'Osservatorio per i diritti umani. Un accordo teso ufficialmente a evitare ulteriori vittime fra i civili e ad agevolare e velocizzare la caduta di Raqqa, ma che suscita non poche perplessità. 

Versione opposta è stata diffusa dal portavoce delle SDF, Talal Sello, secondo il quale hanno lascito la città solo 3.000 civili “diretti verso aree controllate dalle Forze democratiche siriane" ma nessun foreign fighter. Sello ha aggiunto che adesso la città è "totalmente libera da civili" con l'eccezione delle famiglie dei combattenti Isis precisando che in città sono rimasti "solo 250 o 300 foreign fighters che hanno rifiutato l'accordo e affermato che resteranno fino alla fine, insieme ad alcuni elementi delle loro famiglie”. In precedenza il Consiglio municipale, che insieme ai capi tribali ha negoziato l'accordo, aveva fatto sapere che “tra i miliziani dell'Isis, solo i combattenti locali sono usciti da Raqqa, ma non è stata finora resa nota la loro destinazione. Coloro che si sono arresi sono siriani, mentre gli altri non sono stati graziati".

Difficile quindi chiarire cosa sta accadendo anche a causa dell’assenza di osservatori neutrali e in passato anche le forze siriane del regime di Assad avevano concesso a miliziani del Califfato e dei qaedisti del Fronte al-Nusra di evacuare città assediate raggiungendo altre aree in mano alle rispettive milizie. Accordi non disinteressati perché il rituro dei miliziani accelera la vittoria e in qualche caso ha permesso di inviarli dive potevano “fare comodo”. Non a caso intorno ad Hama l’Isis sta combattendo contro al-Nusra in una battaglia non nuova tra jihadisti. Come hanno riportato fonti diverse, incluso l’Ondus (l’Ong vicina ai ribelli moderati che ha denunciato quasi mille civili uccisi in tre mesi a Raqqa dai raid aerei americani) le forze speciali statunitensi hanno evacuato dai dintorni di Deir Ezzor combattenti dell’Isis con le loro famiglie, probabilmente informatori che Washington non voleva venissero catturati o uccisi da russi e siriani o forse combattenti che gli Usa considerano preziosi per contrastare l’avanzata verso est delle truppe di Bashar Assad con i loro alleati russi e iraniani. Non a caso durante la battaglia di Mosul la Coalizione ha lasciato una via di fuga ai miliziani dell’Isis che conduceva direttamente in Siria, dove avrebbero affrontato i governativi siriani considerati ostili da Washington, un corridoio chiuso solo dalle milizie sciite filoiraniane alleate di Mosca e Damasco. 

Secondo l’agenzia di stampa di Stato siriana SANA, ripresa dalla cinese Nuova Cina, dozzine di combattenti dell’Isis sono stati evacuati dalle SDF per trasferirli sul fronte di Deir Ezzor per contrastare le truppe siriane e russe. In quell’area le stesse SDF sembrano affiancare alle forze del Califfato senza conflittualità tra le due compagini che invece si affrontano in armi a Raqqa. L’obiettivo sarebbe quindi portare i combattenti dell’Isis a Deir Ezzor per farli combattere contro russi e truppe governative siriane. SANA aggiunge che da due giorni i jet della Coalizione hanno sospeso i raid su Raqqa per favorire l’accordo di trasferimento dei miliziani del Califfato ricordando che intese simili erano già state raggiunte nelle battaglie di Tabqa, Mansura e Karama.

Nei giorni scorsi Mosca ha denunciato un attacco di 400 miliziani dell’Isis che hanno manovrato liberamente in un’rea sotto il controllo delle truppe USA e delle SDF condotto nel settore di Deir Ezzor contro i consiglieri militari russi che affiancano le truppe di Assad. La caduta di Raqqa e la fuga dei foreign fighters dalla città non è del tutto una buona notizia per noi a causa del rischio che i combattenti lascino il Medio Oriente vengano direttamente o indirettamente in Europa. "Se dei jihadisti moriranno in questi combattimenti, dirò tanto meglio, e se cadono nelle mani delle forze siriane, dipenderanno dalla giurisdizione siriana" ha detto il ministro della Difesa francese, Florence Parly, parlando dell'accordo con le FDS con i jihadisti siriani e stranieri presenti a Raqqa. "Noi possiamo proseguire i combattimenti per neutralizzare il massimo dei jihadisti" ha detto il ministro sottolineando come Raqqa rappresenti "un luogo molto simbolico, dal momento che è da lì che sono partiti gli ordini riguardanti il massacro al Bataclan ed allo Stade de France", il 13 novembre del 2015.