La basilica di Sant’Ambrogio, uno scrigno di fede
La basilica di Sant’Ambrogio di Milano fu edificata per volontà del vescovo patrono nel IV secolo. Venne a lui dedicata e restaurata nel IX secolo e poi ancora nell'XI. Scrigno di fede, storia e di arte, dove l’oro dei mosaici sembra quasi fondersi con l’oro del Cielo, la chiesa però conserva l’austerità, il silenzio della preghiera.
“Beato colui alla cui porta bussa Cristo. La nostra porta è la fede, la quale – se è forte – rafforza tutta la casa. È questa la porta per la quale entra Cristo”, così scriveva Sant’Ambrogio in una delle sue omelie. Questa frase, magari, l’avrà ascoltata lo stesso Sant’Agostino durante il suo soggiorno milanese che cambiò - per sempre - la sua esistenza. Ambrogio parla di una “porta” ben particolare: la Fede. Una porta che rafforza l’intera casa. Nulla di più vero e giusto, potremmo dire. In fondo, in ogni edificio, proprio la porta rappresenta l’essenza stessa della costruzione: è da questa, infatti, che si ha accesso ad una qualsiasi casa. Ed è, sempre da questa, che si riesce a scoprire ciò che è custodito all’interno di un palazzo, di una dimora, o - magari - proprio di una chiesa. Se socchiusa, ci incuriosisce, non possiamo negarlo e ci invita ad entrare e pregare, a meditare nel silenzio la Parola di Dio.
Immaginiamo, allora, di trovarci davanti a una delle più belle chiese di Milano. Davanti, appunto, alla sua porta. Austera e grande, posta sotto l’arco principale della facciata che consta tre archi: uno principale, quello centrale; due più piccoli, a destra e a sinistra. Tre, come trinitario è Dio. Ci troviamo di fronte alla basilica di Sant’Ambrogio, la chiesa più importante della città meneghina, dopo il famoso Duomo con la sua Madunina “che te domine Milan”, per citare una famosa canzone degli anni ‘30. La porta che vediamo oggi, però, non è quella della prima basilica che sorgeva in quest’area. Infatti, di questa, poco è rimasto. E, allora, questi resti della porta, conservati presso il Museo diocesano di Milano, ci donano uno spaccato della chiesa originaria. Sono solo alcuni frammenti delle imposte lignee, risalenti al Quarto Secolo d.C. e intagliate a bassorilievi con Storie di Davide. Le figure rappresentate, dallo spiccato naturalismo, richiamano la tradizione imperiale romana.
Sant’Ambrogio e Milano, un binomio indissolubile. Da secoli. Il Santo Dottore della Chiesa è l’emblema della città, rappresentando il cuore della fede di molti milanesi. E proprio al santo è dedicata una delle più belle basiliche della città. Sorge al centro di Milano, tra vie e piazzette, vero capolavoro di arte romanica. Dopo il duomo, rappresenta la chiesa più importante di Milano, un vero e proprio monumento dell’epoca paleocristiana e medievale, punto fondamentale della storia del capoluogo lombardo e della Chiesa ambrosiana, tanto da essere considerata - per tradizione - la seconda chiesa per importanza della città di Milano.
Edificata a cavallo tra il 380 e il 386 per disposizione del vescovo Ambrogio stesso. Le mura sorgono sopra un luogo sacro: infatti, l’area in questione era la sede delle sepolture di molti cristiani martirizzati: per questo motivo era chiamata Basilica Martyrum. Nell’incipit della sua storia era stato il santo stesso ad avere l’intenzione di custodire in quel luogo le spoglie dei santi martiri Vitale, Vittore, Felice, Gervasio, Protasio, Nabore. E lo stesso Sant’Ambrogio - alla sua morte avvenuta nel 397 - venne sepolto nella basilica. Di questa costruzione, oggi, non resta quasi nessuna traccia. Ciò che sappiamo è che era di pianta basilicale senza transetto, con tre navate, due colonnati: su questi, vi erano degli ampi archi. La chiesa aveva una sola abside. Il tetto della navata centrale era molto probabilmente in legno, a capriate e a doppio spiovente.
A seguito della conquista di Milano da parte di Carlo Magno (774), tra il IX e XI secolo la basilica divenne il luogo lombardo prescelto per la rinascenza carolingia. Fu proprio in questi anni che, data la sepoltura del santo patrono all’interno della basilica, se ne modificò la dedicazione. Sant’Ambrogio è infatti attualmente sepolto, insieme con i santi Gervasio e Protasio, nella cripta della basilica, ipogea all’altare maggiore. Alla basilica, si aggiunge un imponente monastero benedettino sorto vicino. Si pensa, dunque, a un nuovo impianto dell’intero complesso basilicale. Promotore di tutto questo rinnovamento fu l’arcivescovo Angiliberto II (824-859). A questa fase, infatti, risalgono: l’elevazione del campanile dei sul lato sud; l’erezione di due absidiole nelle navate minori; la sostituzione dell’abside maggiore; e la decorazione musiva del catino absidale e la commissione dell’altare d’oro.
Ma veniamo alla basilica che oggi si presenta davanti il nostro sguardo. La basilica ha preso il definitivo aspetto tra il 1088 e il 1099: il vescovo Anselmo III da Rho, fu decisivo per i lavori della chiesa. Venne mantenuto l'impianto a tre navate (senza transetto) e tre absidi corrispondenti, oltre al quadriportico. Tra il 1128 e il 1144 venne innalzato il secondo campanile, quello più alto a sinistra della facciata, detto dei canonici. Il tiburio fu aggiunto verso la fine del XII secolo ma crollò ben presto. Era il 6 luglio 1196. Venne però subito ricostruito, con la particolare conformazione esterna caratterizzata da gallerie con archetti pensili su due registri sovrapposti.
Volgiamo lo sguardo, ora, però al cielo. Non si può non rimanere quasi scioccati dalla bellezza della decorazione musiva del catino absidale, risalente al IX secolo seppur quasi completamente restaurata in seguito ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Il mosaico raffigura Gesù Redentore in trono. La Gloria del Suo Regno splende nell’oro, tra i santi Gervasio e Protasio in vesti militari, affiancati da due scene della vita di Sant’Ambrogio. Ma c’è anche un’altra splendida decorazione a mosaico: è quella della cupola del sacello di San Vittore, di epoca paleocristiana risalente al V secolo. La volta è immersa in un oro splendente. Al centro vi è il santo nella sua bellezza di santità: la luce dell’oro splendente, immagine della Luce riflessa di Dio. I mosaici delle pareti laterali presentano invece sei santi, tra i quali Sant’Ambrogio. La raffigurazione del patrono di Milano presente nelle pareti rappresenta il più antico ritratto conosciuto di Ambrogio.
Capolavoro assoluto dell’oreficeria carolingia è l’altare d’oro, realizzato tra l’824 e l’859 e commissionato da Angiliberto II a Vuolvinio, denominato all’epoca “magister phaber”. L’altare, a forma di cassa, è costituito da lastre metalliche con figurazioni a sbalzo, smalti e pietre incastonate. Originariamente vi era custodito il sarcofago dei santi Ambrogio, Gervasio e Protasio. Si trattava, dunque, di un altare-tomba. E’ sublime nella sua composizione, nella sua imponente ricchezza. Splendido esempio di arte orafa lombarda, rispecchia la maestosità del Cielo coronato dai santi. Cuore di tutta la basilica, la cripta che conserva i resti di Sant’Ambrogio e dei santi martiri Gervasio e Protaso. Purtroppo la cripta, sostenuta da numerose colonnine, è stata rinnovata nel 1700, perdendo così l’originaria struttura.
La basilica di Sant’Ambrogio, scrigno di fede, storia e di arte, dove l’oro dei mosaici sembra quasi fondersi con l’oro del Cielo. Fra queste mirabili opere d’arte, la chiesa però conserva l’austerità, il silenzio della preghiera. Quella porta che abbiamo varcato all’inizio di questo viaggio, ci ha portati a scoprire la bellezza di un luogo che non è solo la sede della tomba del santo di Milano, ma che rappresenta per tutti i cittadini meneghini la visibile e palpabile storia di una Chiesa, quella ambrosiana, che dura nei secoli. Per sempre.