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trasformismo senza valori

Italia Viva e Azione: vendesi centristi al miglior offerente

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Renzi e Calenda nuotano verso il campo largo e anche i loro parlamentari si riposizionano. La stessa parabola di tanti altri "centrini" che hanno avuto la sola funzione di ago della bilancia o di porta girevole della politica.

Politica 17_09_2024
GIULIA PALMIGIANI - IMAGOECONOMICA

Rimane un miraggio, o meglio l’oggetto dei desideri degli incompiuti e degli inconcludenti. Lo chiamano centro, espressione ambigua, a volte resa ancora più ipocrita e nebulosa se associata alla parola moderato. Come se potesse esistere un centro estremista. Va da sé che il centro sia il luogo dell’equilibrio. Non a caso si ama ripetere che la verità sta nel mezzo.

In politica, però, il centro non è quasi mai il luogo della saggezza e del discernimento, bensì quello della convenienza, del tatticismo esasperato e del trasformismo senza valori.
La storia è piena di esempi del genere. Chi non ricorda gli esperimenti di Mario Segni o di Lamberto Dini o di Mario Monti, ideati solo per impedire al centrodestra di Silvio Berlusconi di vincere le elezioni, simulando un’equidistanza che in realtà non c’era? Senza quelle operazioni di piccolo cabotaggio avremmo avuto governi più stabili e forse avremmo inaugurato molto prima la stagione delle riforme, che ancora fatica a decollare. Si pensi anche alle operazioni di Clemente Mastella con l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga o di Angelino Alfano quando si staccò dal centrodestra per fare il governo con Enrico Letta e la sinistra.

Arrivando ai giorni nostri, gli ultimi killer della stabilità politica si chiamano Matteo Renzi e Carlo Calenda, che si erano illusi di poter dar vita a un terzo polo per contrastare quelli che loro ritenevano gli estremismi, ma che invece gli elettori hanno giudicato semplicemente due proposte alternative di governo, quella di centrosinistra e quella di centrodestra.
Si fa fatica, infatti, a ricordare un contenuto originale dei programmi di questi centri e centrini che hanno infestato per decenni la politica italiana senza mai riuscire a incidere sulle scelte di governo. L’unica cosa che è riuscita agli spregiudicati attori del centro politico è stata quella di strappare qualche poltrona con le armi del ricatto, cioè facendo valere il loro peso specifico in caso di esito elettorale incerto.
Nelle ultime ore stiamo avendo una rappresentazione plastica dell’inutilità di due partitini, Italia Viva (Matteo Renzi) e Azione (Carlo Calenda), che cercano di non annegare nell’oceano dell’insignificanza politica, tentando di vendersi al miglior offerente.

Renzi, dopo vari ondeggiamenti, avendo capito che nel centrodestra non c’è alcuno spazio per lui, considerata la tenuta elettorale di Forza Italia, ha giurato amore eterno (si fa per dire) al campo largo di Elly Schlein e, coerentemente, si accinge ad appoggiare i candidati governatori di centrosinistra nelle tre regioni che andranno al voto in autunno: Emilia Romagna, Umbria e Liguria. Se il centrosinistra dovesse fare l’en plein, Renzi potrà dire che la vittoria è anche merito suo e provare a guadagnare spazio nelle negoziazioni con gli alleati. In Italia Viva, però, si registrano mugugni. Ad esempio il deputato Luigi Marattin non condivide l’abbraccio tra Italia Viva e il campo largo e infatti ha dato vita a un neonato gruppo (Orizzonti Liberali), che dovrebbe rimanere al centro e forse avvicinarsi al centrodestra.

In Azione, invece, la migrazione verso il centrodestra è già a buon punto. Il deputato Enrico Costa è tornato in Forza Italia, da dove proveniva. Anche Ettore Rosato si sta guardando intorno e non è detto che non ceda alle sirene azzurre. D’altronde Carlo Calenda, dopo aver assicurato che non sarebbe andato a sinistra, si sta gradualmente avvicinando al campo largo. Anche Azione dovrebbe aderire al campo largo nelle tre regioni chiamate al voto. Questa scelta, però, lo porterà a perdere altre pedine, in primis Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, che vengono da Forza Italia ed erano andate via con la promessa di aderire a un polo che fosse davvero terzo e quindi equidistante dalla destra e dalla sinistra. Ora le due cercano di riposizionarsi. Avranno forse già oggi un incontro con Calenda per capire se anche in Liguria Azione aderirà al campo largo a sostegno della candidatura di Andrea Orlando. Ove fosse così, Gelmini e Carfagna usciranno da Azione e torneranno nel centrodestra, dove però non hanno affatto lasciato un buon ricordo. In Forza Italia nessuno le vuole e quindi l’approdo naturale potrebbe essere quello di Noi moderati, di Maurizio Lupi.

Alle due parlamentari il passaggio in Azione ha comunque giovato. Non sarebbero state elette se fossero rimaste in Forza Italia, visto che Licia Ronzulli, che due anni fa aveva un grande potere sulle liste per il Parlamento, le avrebbe silurate. Il “taxi Calenda” ha consentito alle due di riciclarsi abilmente e di sopravvivere, ma ora entrambe si rendono conto di non avere alcun futuro in Azione, partito al crepuscolo. Meglio, quindi, tentare un disperato ritorno nel centrodestra, sperando che alle prossime politiche ci sia qualche seggio sicuro anche per loro.

Tutte queste manovre che cosa hanno a che fare con gli assetti valoriali? Nulla. Sono solo espedienti tattici per rimanere a galla. E allora perché continuare a prendere in giro l’opinione pubblica alimentando questa giostra dei centri e dei centrini, ben sapendo che in entrambi gli schieramenti ci sono posizioni moderate e posizioni estreme e che con questo sistema elettorale sognare un centro autonomo è una ridicola utopia?



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