Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Espedito a cura di Ermes Dovico
IL CASO

Ita in svendita: l'ultima polpetta avvelenata di Draghi

La fretta con cui Draghi, in carica solo per gli affari correnti, intende accelerare nella privatizzazione di Ita legittima i sospetti. Che senso ha accettare offerte che di fatto mettono in minoranza il governo italiano (45%), rendendolo comunque subalterno ai nuovi acquirenti stranieri?

Politica 02_09_2022

Può un governo in carica per gli affari correnti occuparsi della vendita di un’azienda di Stato così importante come Ita? Può farlo durante una campagna elettorale e con un Parlamento sciolto? Una compagnia aerea di bandiera che ha aspirato per anni  decine di miliardi dalle tasche degli italiani può essere ceduta a un fondo americano e a dei partner francesi senza la dovuta discussione tra le forze politiche e senza i necessari approfondimenti? Eppure è quanto sta accadendo. Si potrebbe dire l’ultima “polpetta avvelenata” di Draghi, sperando che sia davvero l’ultima.

Per Ita erano state presentate due offerte non vincolanti. Il governo ne ha scelta una e ora svilupperà le trattative in via esclusiva per arrivare alla privatizzazione della compagnia aerea nata 10 mesi fa dalle ceneri di Alitalia e controllata al 100% dal Ministero dell’Economia. La compagnia di bandiera passerà in mani straniere, dopo che per oltre dieci anni si era pensato di conservarne l’italianità. Tra gli ultimi atti del governo Draghi c’è dunque la cessione in mani straniere di un asset importante del sistema dei trasporti, ma ora bisognerà capire se l’operazione andrà in porto, visto che mancano pochi giorni al voto e che Giorgia Meloni, seriamente candidata a prendere il posto dell’attuale premier, si è più volte detta contraria.

Prima i dettagli. Il valore di Ita Airways è stato quantificato in 1,3 miliardi di euro. Come si legge in un comunicato ufficiale, il Ministero dell’economia e delle finanze (Mef) ha deciso di avviare "un negoziato in esclusiva con il consorzio formato da Certares, Delta Air Lines e Air France-Klm" la cui offerta, scrive lo stesso Mef, "è stata ritenuta maggiormente rispondente agli obiettivi fissati dal Dpcm". Un vero colpo di scena dopo che per settimane era sembrata favorita la cordata concorrente composta da Msc-Lufthansa.

Ma in cosa si differenziano le due offerte? Fondamentalmente in una cosa: la percentuale di italianità. La principale differenza sta nel fatto che la cordata Certares-Delta-Air France-Klm si e' detta interessata al 55% dell'ex Alitalia per un controvalore di 600 milioni di euro mentre Msc-Lufthansa puntava a rilevare l'80% (il 60% a Msc e il 20% a Lufthansa) per 850 milioni di euro. Dunque, con la cordata franco-americana il governo italiano manterrebbe una partecipazione del 45%, mentre con i tedeschi quella percentuale si sarebbe ridotta al 20%. Inoltre, secondo quanto filtrato, l'offerta firmata Certares (fondo americano) concederebbe allo Stato italiano due membri del consiglio d’amministrazione su cinque con ampi poteri di veto sulle scelte industriali e strategiche e la possibilità di nominare il presidente, mentre Lufthansa avrebbe concesso all’Italia un solo posto in cda.

Messa così, sembrerebbe una soluzione rispettosa almeno in parte dell’italianità della compagnia e dunque più vantaggiosa dell’altra. Tuttavia, le incognite sono numerose. Anzitutto va ricordato che nella cordata prescelta dall’esecutivo Draghi, oltre a Certares e Delta Airlines (una delle maggiori compagnie aeree americane), c’è Air France-Klm, holding franco-olandese che aveva già incrociato in passato i destini della nostra compagnia di bandiera, arrivando a detenere nel 2009 il 25% di Alitalia (partecipazione poi progressivamente ridotta dal 2013). Tutto sommato quella volta non finì bene, visto che poi si resero necessari altri interventi di risanamento della compagnia, con soldi pubblici erogati a pioggia senza alcun piano industriale di rilancio, ma solo con l’assillo di sedare le proteste dei piloti continuando a foraggiare un’azienda dissestata. Non bisogna inoltre dimenticare che Air France in quegli anni ha frenato l’espansione di Alitalia verso il ricco mercato del Nord America e ha condannato milioni di passeggeri a passare da e per Parigi. E’ un caso che in quegli anni Alitalia abbia registrato perdite ingenti mentre Air France profitti cospicui? Un trade off tacitamente concordato? Non lo si può escludere.

La seconda incognita riguarda il ruolo che avrà il prossimo governo. Qualora fosse di centrodestra, è assai probabile che l’operazione con la cordata franco-americana verrebbe smontata, considerate anche le reazioni infastidite di alcuni esponenti della Lega e della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Edoardo Rixi, responsabile Infrastrutture della Lega, dichiara che "l'avvio di una negoziazione in esclusiva con il fondo Certares ci coglie di sorpresa. Siamo stupiti di avere appreso una notizia così importante soltanto nelle ultime ore. Ho contattato telefonicamente il ministro Giorgetti che era all’oscuro delle decisioni del Tesoro. Siamo anche preoccupati del fatto che l'offerta di Certares non preveda un partner industriale visto che Delta-Air France sarebbero presenti solo sul fronte delle alleanze".

Perentoria la reazione della Meloni: "Ricordo che l'attuale governo dovrebbe fare le cose minime, essendo il Parlamento formalmente sciolto, quindi non credo che una materia così strategica sia di sua competenza. Secondo me bisognava valutare la possibilità di mantenere la nostra compagnia di bandiera perché non ci facciamo certo un figurone ad essere, forse, l'unico grande paese occidentale d'Europa che non ha una propria compagnia di bandiera. È un altro pezzo di Italia che se ne va, e quando questo capita io non sono mai contenta. Tutto quello che posso fare per impedirlo sono pronta a farlo, ma se non posso studiare il dossier perché si vuole risolvere tutto prima non sono d'accordo.  Sarebbe stato opportuno valutare la possibilità di inserire la difesa di una compagnia di bandiera in un piano di trasporti e aeroporti. In Italia non c’è stata una strategia di difesa del proprio vettore di bandiera. Io avrei lavorato in maniera diametralmente opposta, come sempre invece si passa dai commissariamenti del governo che devastano i conti al 'diamo via la compagnia’. Ribadisco che secondo me il governo dovrebbe aspettare". 

La fretta con cui Draghi intende accelerare nella privatizzazione di Ita, che non è certamente tra le priorità italiane di questo periodo, genera dubbi e legittima sospetti. Pure i 5 Stelle mugugnano. La grillina Giulia Lupo parla di miopia del Mef, che con questa scelta “metterà altri soldi per perderne il doppio”. Finirà anche questa volta con un’altra iniezione di soldi dei cittadini contribuenti, pur di preservare una partecipazione pubblica (di minoranza) che non porta vantaggi agli italiani e neppure giova all’immagine del nostro Paese all’estero? Se la conservazione dell’italianità della compagnia aerea di bandiera ha dei costi esorbitanti per il bilancio dello Stato che senso ha ostinarsi a difenderla? Ma se la si vuole comunque difendere, che senso ha accettare offerte che di fatto mettono in minoranza il governo italiano (45%), rendendolo comunque subalterno ai nuovi acquirenti stranieri?