Istruttori Nato e Ue in Ucraina, non è una buona idea
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La Nato si avvia a varare una missione per addestrare sul suolo ucraino le reclute di Kiev. Lo stesso intende fare l’Ue, ma Borrell sta incontrando le resistenze di vari Paesi membri. Che hanno ragione a essere prudenti, come dimostra l’attacco russo a Poltava, con la morte di molti istruttori stranieri.
La Nato si avvia a varare in Ucraina una missione che contribuirà a far arrivare gli aiuti militari a Kiev e ad addestrare le sue reclute. Anche l’Unione europea, secondo quanto annunciato a fine agosto dall’alto commissario per la politica estera, Josep Borrell, ha esortato i partner a inviare addestratori in Ucraina in risposta alle richieste ucraine. Borrell ha reagito duramente alle resistenze espresse da diverse nazioni. Del resto, un documento redatto proprio dal Servizio Europeo per l’Azione Esterna (EEAS) evidenziava che «sarebbe necessaria un’analisi più approfondita e completa per valutare appieno i rischi e le possibili misure di mitigazione, nonché i vantaggi politici e operativi di condurre un addestramento» sul suolo ucraino.
Il documento di 34 pagine, datato 22 luglio e intitolato Strategic Review of EUMAM Ukraine, è stato reso pubblico dal giornale online statunitense Politico e riprende un tema varato nei mesi scorsi dal presidente francese Emmanuel Macron che aveva annunciato l’invio di propri istruttori per addestrare una brigata ucraina. Iniziativa sostenuta da Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia, mentre altri, come la Germania e l’Italia, si erano detti del tutto contrari non solo per non aumentare le tensioni con la Russia ma anche per non mettere in pericolo la vita degli istruttori occidentali inviati in Ucraina che diverrebbero “obiettivi legittimi” dei bombardamenti russi.
Quanto accaduto il 3 settembre nell’attacco missilistico russo a Poltava (Ucraina orientale) e nei giorni successivi contro altri obiettivi a Kharkiv e Mykolayiv dovrebbe consigliare maggiore prudenza ai partner dell’Ue. Benché qualche organo di stampa italiano continui a parlare di vittime civili, anche fonti ucraine hanno ammesso che a Poltava almeno due missili russi hanno distrutto il 179° Centro di formazione interforze delle forze armate ucraine che ospitava un centro di addestramento per la guerra elettronica. Secondo il ministero della Difesa russo, nel centro di Poltava «istruttori stranieri stavano addestrando specialisti di guerra elettronica di tutte le formazioni e unità militari delle forze armate ucraine, oltre agli operatori di veicoli aerei senza pilota coinvolti negli attacchi alle strutture civili sul territorio russo».
Il giorno dell’attacco le forze armate ucraine hanno confermato che l’obiettivo colpito era militare e che c’erano «decine di morti e centinaia di feriti» (58 morti e 325 feriti secondo un bilancio ancora provvisorio), mentre l’ex parlamentare Ihor Mosiychuk ha affermato che le forze ucraine hanno perso più di 600 persone a causa dell’attacco.
La testata russa Reporter (che cita una volontaria svedese) ha riportato che oltre ai militari ucraini sarebbero morti o feriti diversi istruttori e specialisti militari svedesi, che stavano addestrando il personale di Kiev all’impiego degli strumenti imbarcati sui due velivoli-radar Saab 340 AEW&C che la Svezia ha annunciato il 29 maggio di voler fornire a breve all’Aeronautica ucraina. Non è chiaro se gli istruttori svedesi fossero militari o tecnici di aziende svedesi del settore Difesa mentre il governatore filorusso della regione ucraina occupata di Kherson, Volodymyr Saldo, in un’intervista all’agenzia Ria Novosti ha ribadito che nell’istituto militare ucraino di Poltava erano presenti istruttori stranieri precisando che «ci sono istruttori della Nato che stanno ancora addestrando gli ucraini».
Una fonte militare russa di alto livello citata dall’agenzia russa Sputnik ha riferito che l’attacco a Poltava ha causato la morte o il ferimento di circa 500 specialisti militari, tra cui «mercenari stranieri provenienti da Polonia, Francia, Germania e Svezia». La stessa fonte ha precisato che circa 50 combattenti francesi sono rimasti uccisi in un attacco con sistema missilistico balistico tattico Iskander su una base di mercenari stranieri a Konstantinovka. Il 4 settembre, un altro attacco ha colpito le posizioni temporanee di mercenari stranieri nella città ucraina di Krivoy Rog, causando oltre 250 perdite.
Nessuna conferma o smentita circa le perdite tra gli stranieri è giunta da Kiev o da Stoccolma, né da fonti della Nato o Ue, ma l’indizio più pesante a favore dell’ipotesi che tanti svedesi siano morti a Poltava è giunto dalle dimissioni, improvvise e all’apparenza prive di motivazioni, del ministro degli Esteri svedese Tobias Billström che ha annunciato il 4 settembre, cioè il giorno successivo all’attacco russo a Poltava, la rinuncia all’incarico di ministro, al seggio in parlamento e il definitivo abbandono della politica. «Ho solo 50 anni e spero di poter contribuire e lavorare sodo in altri contesti», ha dichiarato Billström senza fornire alcuna spiegazione alla rinuncia a una carriera politica a cui si dedicava da 25 anni; era stato uno degli artefici più accesi dell’adesione alla Nato e convinto fan della causa ucraina.
L’uscita di scena di Billström sembra essere direttamente legata alla morte di molti svedesi a Poltava di cui il ministero degli Esteri aveva probabilmente autorizzato l’impiego in territorio ucraino, in quello che potrebbe essere il più alto tributo di sangue pagato dalla Svezia in un contesto bellico, tenuto conto che truppe di Stoccolma sono state impegnate in diverse missioni Onu e anche nelle operazioni in Afghanistan dove morirono cinque militari svedesi. Alcuni blogger russi hanno colto l’occasione per tracciare un parallelo tra i morti svedesi a Poltava e la sconfitta che nella stessa località subì l’esercito svedese di Carlo XII nel 1707-09 nel conflitto che permise all’Impero russo di respingere l’invasione svedese, definitivamente sconfitta nel 1718. Curiosamente, anche in quella guerra combattenti ucraini si trovavano sia tra le forze svedesi sia tra quelle russe.
Del resto, nel conflitto ucraino potrebbero essere già alcune migliaia i caduti europei, americani e di altre nazionalità inviati in Ucraina come volontari, mercenari, contractors o consiglieri militari più o meno ufficialmente dalle nazioni di Ue e Nato.
A metà marzo di quest’anno il ministero della Difesa russo ha reso noto che le forze russe avevano ucciso 5.962 “mercenari” stranieri sui 13.287 arrivati in Ucraina. Il bilancio aggiornato, ripreso dall’agenzia TASS, riferiva che tra i caduti vi erano 1.497 polacchi su 2.960, il contingente più numeroso di combattenti stranieri. Seguivano i georgiani, con 561 caduti su 1.042, 491 statunitensi su 1.113, 422 dei 1.005 combattenti canadesi, 360 degli 822 britannici, 147 dei 356 francesi e 33 dei 90 italiani presenti. Dalla Romania sono arrivati in Ucraina 784 “mercenari” di cui 349 sono stati uccisi, dalla Croazia 335 arrivati e 152 uccisi, dalla Germania 88 caduti su 235, dalla Colombia 217 morti su 430 volontari, mentre dal Brasile sono giunti 268 combattenti di cui 136 caduti. Tra i paesi africani, il maggior numero di mercenari proviene dalla Nigeria: 97 (47 dei quali uccisi) seguita dall’Algeria (28 morti su 60 arruolati) mentre 25 australiani sono stati uccisi dei 60 giunti in Ucraina insieme a 6 dei 7 neozelandesi.
Numeri che nessuno ha commentato in Occidente e che non sono verificabili da fonti. In ogni caso gli attacchi russi degli ultimi mesi potrebbero aver fatto impennare i numeri degli stranieri morti sui campi di battaglia ucraini mentre quelli degli ultimi giorni sembra abbiano fatto tramontare definitivamente i propositi di Borrell di inviare istruttori militari in Ucraina sotto la bandiera dell'Ue.
Operazione caldeggiata da Kiev non tanto perché avrebbe accelerato i tempi di addestramento delle reclute ucraine ma perché avrebbe esposto maggiormente l’Europa al rischio di venire trascinata nel conflitto con la Russia, unica opzione in mano all’Ucraina per evitare la sconfitta.
Del resto, proprio il documento dell’EEAS citato da Politico sosteneva che «è altamente probabile che una presenza militare dell’Ue sul suolo ucraino verrebbe percepita dalla Russia come una provocazione», aggiungendo che non sarebbe possibile proteggere gli istruttori militari europei inviati in Ucraina. Come è apparso chiaro anche nell’attacco russo a Poltava che ha reso molto meno teorica l’ipotesi che i governi europei debbano giustificare all’opinione pubblica i propri caduti nel conflitto in Ucraina.