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MIRANDOLA, A 4 ANNI DAL SISMA

Islamici in moschea, cattolici ancora in prefabbricato

A 4 anni dal sisma, a Mirandola il Duomo è chiuso e i fedeli dicono messa in un container. Intanto gli islamici hanno riaprerto la moschea grazie ai 600mila euro della Regione e ai 400mila di una fondazione del Qatar. E i pochi soldi che arriveranno saranno per una chiesa che non verrà riaperta al culto. 

Cronaca 10_08_2016
Il Duomo di Mirandola dopo il sisma

Si fa presto a dire: “prima gli italiani”. A Mirandola, provincia di Modena, sono arrivati prima gli islamici. Con qualche aiutino pubblico. La comunità cattolica dovrà abituarsi a restare nel prefabbricato donato dalla Caritas italiana ancora a lungo per celebrare la Messa. Tra burocrazia, fondi da sbloccare e ritardi, la parrocchia di Mirandola è ancora ferma all’anno 2012 in quanto a chiese riaperte. Dal terribile sisma di maggio 2012 in tutta la diocesi di Carpi sono appena 4 le chiese riaperte al culto. Le altre 50 sono ancora chiuse, alcune con i rinforzi di sostegno, altre completamente sbarrate.

A Mirandola infatti, di fatto la concattedrale della diocesi, l’edificio è lasciato come quella notte in cui la Bassa emiliana dovette svegliarsi di soprassalto e iniziare il lungo calvario chiamato terremoto.

Diversamente è andata alla locale comunità islamica che invece a maggio ha potuto riaprire il suo luogo di culto. Il centro culturale islamico che sorge in via Serafina dove un tempo c’erano le scuole della frazione è stato completamente risistemato e messo in sicurezza. Con un costo di circa un milione di euro, donati per 600mila euro dalla Regione Emilia Romagna e per i restanti 400mila euro da una fondazione con sede in Qatar.

Si tratta della Qatar Charity Foundation, che ha sborsato la cifra per i fedeli musulmani di Mirandola, ma non solo. Come ha riportato il Corriere nei giorni scorsi, questa primavera è arrivato lo sceicco in persona ad inaugurare diversi centri islamici tra Vicenza, Brescia e Piacenza. La Fondazione si occupa di finanziare, grazie alle ingenti disponibilità economiche degli stati arabi molte moschee in Occidente. Sempre il quotidiano di via Solferino ricordava la vicinanza dello stato del golfo alla fratellanza musulmana, portatrice come noto di una visione politica e radicale dell’Islam. Più altri sospetti avanzati da Washington e dal governo israeliano sulle “amicizie” dell’organizzazione no profit.

Nel frattempo la chiesa locale è ancora in ginocchio. Come conferma alla Nuova BQ don Carlo Truzzi, parroco di Mirandola che dice: “La Moschea è stata riaperta e il nostro Duomo no – dice con disappunto, ma senza voler fare polemica alcuna con gli enti locali -. Però non so altro, perché non sono stato invitato all’inaugurazione”.

Chi invece ha voglia di fare polemiche su una situazione, perfettamente legittima, ma dal punto di vista simbolico preoccupante è Antonio Platis, consigliere comunale di Forza Italia che ci spiega: “Proprio ieri il sindaco di Mirandola ha dichiarato che non è compito del Comune fare controlli e verifiche sui finanziamenti alla moschea”. Da qui l’interrogativo? Chi controlla i fondi che arrivano? “Nessuno, evidentemente, ecco perché con il capogruppo in Regione azzurro Enrico Aimi abbiamo presentato un’interpellanza e una richiesta di accesso agli atti per capire che tipo di controlli sono stati effettuati su quella ingente donazione dato che si tratta a tutti gli effetti di un cofinanziamento regionale. Tanto più che questa è una zona calda: l’anno scorso è stato espulso l’imam di Camposanto, un comune confinante con Mirandola”.

Platis aggiunge che “il sindaco Maino Benatti è il primo responsabile della sicurezza dei cittadini. Cittadini tra l’altro che, ad esempio i commercianti, non possono spostare un euro senza che siano minimamente tracciati”. Alle osservazioni il sindaco ha risposto rispolverando il più classico degli slogan antiamericani: “Se i soldi arrivano dagli Usa vanno sempre bene?”. Una presa di posizione che ha lasciato sconcertati non pochi.

Ma da Platis si apprende anche un’altra chicca. Finalmente il Ministero dei Beni Culturali ha sbloccato oltre 50 milioni di euro per il restauro e la messa in sicurezza delle chiese della Bassa modenese, reggiana, mantovana e bolognese, che sono state colpite dal sisma.

“A Mirandola ne arriveranno appena tre – prosegue – ma non saranno destinati al Duomo, che è di proprietà della Diocesi, bensì alla chiesa di San Francesco, di proprietà del Comune”. Si tratta di un tempio dalla storia antica, la terza chiesa francescana dopo Assisi e Roma per “anzianità” e soprattutto il cosiddetto Pantheon Mirandolese perché è al suo interno che sono conservate le spoglie mortali dei Pico, i signori che nel 500 dominavano in zona.

“Però, nonostante i cittadini avessero fatto una petizione per riaprire al culto la chiesa, il finanziamento sembra che sia destinato a restaurare sì la chiesa, ma a tenerla come museo del terremoto. Una sorta di museo a cielo aperto a futura memoria del sisma”.

Vallo a spiegare allo Stato che il miglior modo per ricordarsi di un terremoto è rimettere in sicurezza le chiese perché possano tornare ad ospitare fedeli. A Mirandola si sta pensando diversamente.

“Il fatto è che non riaprire al culto questa chiesa è un chiaro messaggio di come vogliamo far andare questo Paese”, conclude l'azzurro. Intanto gli islamici si godono la loro nuova moschea facendosi fotografare con le autorità al taglio del nastro. La messa invece è come tutti i giorni e per molto tempo ancora in un container.