Inaugurato in Bangladesh un ospedale cattolico
La struttura aperta nella capitale Dacca accoglie tutti senza preclusioni, anche i poveri che nel paese difficilmente riescono a farsi curare. Tra i primi pazienti figurano dei musulmani
A novembre, a Dacca, la capitale del Bangladesh, è stato inaugurato un piccolo ospedale cattolico, il St. John Vianney. Alla cerimonia hanno partecipato il cardinale Patrick d’Rozario, arcivescovo di Dacca e presidente della Conferenza episcopale del Bangladesh, monsignor George Kocherry e il Ministro degli interni Asaduzzaman Khan Kamal. Prendendo la parola durante la cerimonia sua Eminenza Patrick d’Rozario ha ricordato che nel 1952 la chiesa cattolica aveva già costruito un ospedale in città, però consegnato al governo e nazionalizzato nel 1974. Si sentiva da allora la mancanza di una struttura cattolica: “questo ospedale fornirà servizi sanitari a persone di ogni religione, etnia, casta, cultura – ha assicurato sua Eminenza – faremo del nostro meglio per offrire cure e servizi di qualità. Anche le persone bisognose otterranno attenzione nel nostro ospedale”. L’ospedale per ora ha 20 posti letto e vi lavorano 20 medici: altri medici – ha spiegato uno di loro, il dottor Edward Pallab Rozario, “sono interessati a prestare servizio in questo ospedale missionario come volontari. Il futuro è roseo”. Come in molti paesi asiatici e africani, anche in Bangladesh non è facile ottenere cure mediche, specialmente se si dispone di poco denaro e non si è in grado di pagarle. Inoltre il paese dispone solo di 53 medici e 80 posti letto ogni 100.000 abitanti. Chi ne ha i mezzi spesso si cura all’estero. L’agenzia Fides riporta che la Chiesa cattolica, benché i cattolici nel paese siano meno di 400.000, gestisce cinque ospedali e 70 dispensari in otto diocesi. Il St. John Vianney, ha detto sua Eminenza, “lavorerà tutelando alcuni valori universali come la vita e la salute umana, il rispetto e l’amore, l’affetto e la cura, il servizio e il sacrificio di sé, l’onestà e la lealtà. Questi saranno i valori vissuti all’interno dell’istituto”.