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UNIONI GAY

In Germania è "quasi scisma": la palla ora passa al Papa

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Benedizione delle unioni gay, l'assemblea plenaria a Francoforte cambia la dottrina sulla base dell'agenda ultra-progressista. Tra applausi e bandiere arcobaleno, solo 9 vescovi hanno espresso un voto contrario (38 i favorevoli). Adesso tocca alla Santa Sede fermare una ribellione aperta che tocca la sostanza stessa del magistero. 

Ecclesia 13_03_2023

Vogliono aprire alla benedizione delle unioni di persone delle stesso sesso, alla cancellazione del celibato sacerdotale, all'integrazione dei registri battesimali con le identità di genere e al diaconato sacramentale per le donne.

In poche parole, vogliono chiudere con la Chiesa cattolica per come è stata fino ad oggi. Loro sono i protagonisti del Cammino Sinodale tedesco che si è concluso la scorsa settimana come da previsione. L'assemblea plenaria a Francoforte ha approvato a larga maggioranza testi che sposano in pieno l'agenda ultra-progressista sui temi più caldi. Le benedizioni arcobaleno saranno permesse a partire dal marzo 2026, in attesa di studiare una forma "liturgica" ad hoc.

L'esito della votazione è stato accolto da applausi e dallo sventolio delle bandiere arcobaleno. Sono stati 176 i delegati favorevoli, tra i quali 38 vescovi mentre 12 si sono astenuti e soltanto 9 hanno scelto di opporsi. Tra questi hanno rivendicato il loro voto contrario il vescovo di Eichstätt, Gregor Maria Hanke, quello di Ratisbona, Rudolf Voderholzer e quello di Passau, Stefan Oster.

La maggioranza dell'episcopato tedesco, spalleggiato dai delegati delle potenti organizzazioni di laici cattolici, ha calpestato le disposizioni della Santa Sede che nel 2021 aveva emanato tramite la Congregazione per la dottrina della fede un Responsum nel quale si affermava perentoriamente che la Chiesa non ha il potere di impartire la benedizione a unioni di persone dello stesso sesso. L'autore di quel documento, l'allora segretario del dicastero monsignor Giacomo Morandi, non è più all'ex Sant'Uffizio e da più di un anno è stato mandato a guidare la diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, ma fu lui all'epoca ad incassare il consenso del Papa alla pubblicazione. Dunque, i vescovi tedeschi si sono fatti beffe di Roma e di Francesco stesso votando in maggioranza il via libera a benedizioni che restano proibite per la Chiesa universale. 

La delibera approvata a Francoforte è stata chiamata Cerimonie di benedizione per le coppie che si amano, un titolo che dà l'idea di come la discussione in assemblea si sia stata relegata all'ambito emozionale, con tanto di lacrime, abbracci e passaggi scritti in cui il no alle benedizioni veniva bollato come discriminatorio nei confronti delle persone che «cercano di vivere la loro partnership nell'amore, nell'impegno e nella responsabilità reciproca e verso Dio». Un dato interessante da rilevare è che una delle poche opposizioni di laici al testo c'è stata da Emeka Ani, delegato in rappresentanza delle comunità d’altra madre lingua che sono primariamente formate da fedeli africani. 

In un'intervista ad Associated Press, a proposito del Cammino Sinodale tedesco Francesco aveva detto che «il pericolo è che trapeli qualcosa di molto, molto ideologico» aggiungendo che «quando l'ideologia viene coinvolta nei processi ecclesiali, lo Spirito Santo torna a casa perché l'ideologia supera lo Spirito Santo». A suo dire, l'esperienza tedesca non era certo il miglior sponsor per i Sinodi perché rappresentava un cammino sinodale «non serio (...) non della totalità del popolo di Dio, ma fatto di élite».

Sono gli stessi sostenitori del Cammino Sinodale, involontariamente, a testimoniare la scarsa rappresentatività di tutti i cattolici tedeschi che c'è stata in queste riunioni: Christoph Strack, vaticanista dell'emittente Deutsche Welle che ha raccontato entusiasta le varie tappe dell'evento, ha evidenziato la netta prevalenza di docenti universitari all'interno del cosiddetto comitato sinodale, scrivendo su Twitter che i «non accademici potrebbero incontrarsi in una cabina telefonica». Una sottolineatura piuttosto in contraddizione con la narrativa del «popolo di Dio in cammino in Germania». 

A proposito del comitato sinodale nel quale siederanno vescovi e laici con uguale potere e che per tre anni dovrà lavorare sui progetti di riforma approvati in assemblea e poi preparare un consiglio sinodale nazionale, anche qui il Cammino se n'è infischiato di quanto aveva ordinato la Santa Sede nella lettera del 16 gennaio con cui i cardinali capi dicastero Pietro Parolin, Luis Ladaria Ferrer e Marc Ouellet – con approvazione papale – avevano affermato che «nessuno ha il diritto di costituire un Consiglio sinodale né a livello nazionale, né a livello diocesano o parrocchiale». Nonostante ciò, a Francoforte si è deciso di non mettere da parte la risoluzione precedentemente votata e di eleggere il comitato creato proprio per passare poi la palla ad un consiglio sinodale. Oltre alla palese disobbedienza a Roma, tutto questo fiorire di organismi persino difficile da ricostruire nella loro interezza dimostra come questi processi finiscano più che altro per burocratizzare tutto ciò che riguarda la Chiesa, ottenendo un risultato opposto a quello dichiarato di volerla rendere di nuovo "attraente". 

Deve essersene accorto anche il Papa se considera elitario il cammino sinodale tedesco, ma adesso è da lui che ci si aspetta una mossa per fermare la ribellione tedesca. Quattro anni fa, di ritorno dal Madagascar, Francesco aveva detto di non aver paura di uno scisma nella Chiesa: la maggioranza dell'episcopato tedesco e le organizzazioni laicali, con l'esito dell'ultima assemblea di Francoforte, sembrano aver dimostrato di averne ancora meno di lui.