In Europa anche il centrodestra non difende gli embrioni
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Tra gli eurodeputati italiani, il solo Massimliano Salini di Forza Italia compare tra i 52 che hanno votato contro la relazione sul regolamento sul sangue e tessuti umani che apre a inquietanti derive eugenetiche. Prendere nota in vista del voto europeo.
Gli italiani votati per rappresentarci in Europa, come si sono espressi nei confronti della relazione sul regolamento relativo agli “Standard di qualità e sicurezza per le sostanze di origine umana destinate all'applicazione sugli esseri umani” (o regolamento SoHO), che mira a condividere all'interno degli Stati membri in maniera armonizzata e standardizzata, cellule, sangue e tessuti umani, e che a questi equipara feti ed embrioni?
Nella votazione dello scorso 12 settembre, tra i 483 votanti a favore troviamo tutti i parlamentari dei Democratici che siedono nel gruppo Socialista, tutti i deputati del Movimento 5 Stelle, della Sinistra, Liberali e dei Verdi alcuni di Forza Italia (Adinolfi, Chinnici, De Meo, Martuscello, Melo, Patricello, Mussolini, Comi); tra gli 89 astenuti, due sono i rappresentanti di Forza Italia (Peppucci e Vuolo) che siedono nel PPE, quattro di Fratelli d’Italia (Berlato, Gemma, Milazzo, Stancanelli, gli altri assenti) che siede nel gruppo dei conservatori di ECR e con loro, tutti i deputati della Lega del gruppo di Identità e Democrazia.
Il solo e coerente, deputato italiano che si è unito ai 52 contrari all’inquietante decisione del Parlamento europeo è stato il lombardo Massimiliano Salini di Forza Italia (in foto). È bene iniziare a prender nota delle votazioni e dei comportamenti di ciascun eletto, visto che tra meno di un anno saremo chiamati ad esprimere il nostro voto nelle elezioni europee, non solo ad un partito ma anche ad uno o più candidati per ogni circoscrizione elettorale pluriregionale.
Tra l’altro, nei giorni scorsi in aula a Strasburgo si è deciso di sostenere la proposta del Consiglio di aumentare da 705 a 720 il numero di seggi al Parlamento europeo per la prossima legislatura, un aumento proporzionato sui cambiamenti demografici nell'UE rispetto alle elezioni del 2019 e che assegnerà seggi aggiuntivi a Francia, Spagna, Olanda, Polonia ed altri ma, vista la nostra gravissima crisi demografica, non all’Italia.
In Parlamento sono risuonate le parole della Presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen che ha maldestramente tracciato un bilancio dell’intero mandato, insistendo soprattutto sul suo pallino di sempre, quel Green Deal sul quale ha cementato al sua maggioranza con i Socialisti, Sinistre e Liberali e costringendo il tentennante ed indeciso PPE di Martin Weber ad accodarsi, subendo moltissime decisioni sbagliate altrui. Insieme al discorso, la Von der Leyen ha presentato anche una Lettera d’intenti al Presidente del Parlamento Roberta Metsola e al Presidente di turno del Consiglio europeo e premier spagnolo Pedro Sanchez. In essa, si traccia un programma fantasmagorico per l’anno finale del mandato della Commissione, affermando la volontà, ad esempio, di rafforzare il «partenariato con l’Africa», raggiungere (in anticipo) «l’obiettivo climatico del 2040», approvare il «Piano d’azione contro il traffico di stupefacenti» e aggiornare le norme contro il «traffico dei migranti».
Un discorso con moltissime ombre e pochissime luci, dove la presuntuosa Von der Leyen si dice artefice dei cambiamenti ed innovazioni in Europa che rispecchiano «la visione di coloro che sognavano un futuro migliore dopo la Seconda guerra mondiale», con buona pace di Schuman, Adenauer e De Gasperi. A riprova della prosopopea del Presidente della Commissione, ci si vanta di aver obbligato un «intero continente a vaccinarsi», senza dire una parola non solo sulle privazioni di libertà e sulle morti provocate, ma nemmeno sullo scandalo e la sospetta opacità delle relazioni tra la stessa Presidente della Commissione ed il Ceo di Pfitzer.
Si afferma l’orgoglio per la «diversità culturale” di paesi e regioni europee e, però, la si scambia con la «biodiversità», come se la presenza nei territori dei vari paesi di orsi, quaglie o libellule sia scaturigine di arte, fede, tradizioni, letteratura, costumi e lingua nazionali. Ci si dilunga sulla mancanza di lavoratori qualificati, dei «milioni di genitori, per lo più madri, che faticano a conciliare lavoro e famiglia, data l’assenza di strutture per l’infanzia», usando una azzeccata immagine del socialismo degli anni ’90 che riduce la libertà di scelta delle donne e statalizza la cura dei bimbi, senza però citare una sola volta la drammatica crisi demografica che sta investendo tutti i paesi, né tantomeno aver destinato un euro o uno minimo spazio alle competenze e proposte della Vice Presidente della Commissione Dubravka Šuica.
Condividiamo solo l’ultimo appello della Presidente Von der Leyen: «È giunto il tempo che l’Europa pensi di nuovo in grande e sia artefice del suo destino!». Siamo certi che è ancora possibile coltivare e sperare in questa ambizione, soprattutto se ciascuno di noi saprà osservare, giudicare e esprimere il proprio voto alle elezioni del prossimo giugno valutando coerenza, per coloro che tra i deputati uscenti si ripresenteranno, e sincerità di intenti e coerenza di vita, per i nuovi volti che busseranno alle nostre porte.
Le reazioni dei leader dei Gruppi parlamentari e famiglie politiche europee alle parole della Von der Leyen sono state deprimenti, i Socialisti a rimarcare non la crisi migratoria che soffre l’Italia ma, incredibilmente, l’accordo tra Europa e Tunisia; Liberali che chiedono alla Commissione di vigilare ed agire contro il Governo polacco in vista delle elezioni di ottobre che vedono in testa i conservatori, i Popolari che con Weber ringraziano i partners della coalizione Ursula, non chiudendo in futuro a una coalizione centralista, illiberale ed immorale, partigiana sino all’inverosimile e che, un anno dopo aver sostenuto il «diritto umano all’aborto», nei giorni scorsi ha negato la dignità umana del bimbo concepito e aperto la porta al mercato eugenetico europeo.