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VERSO LA VISITA PAPALE

Il vaccino per le Messe allontana i fedeli. Slovacchia docet

Cambio di programma per il viaggio di Papa Francesco in Slovacchia: ai fedeli non è più richiesto obbligatoriamente il vaccino, ma servirà comunque il green pass. Alla base della parziale retromarcia lo scarso numero di iscrizioni: «Per la Messa a Šaštín se ne aspettavano 350.000, ma finora i registrati sono solo 30.000 circa», spiega alla Bussola una fonte slovacca. Scaricabarile tra la Chiesa locale e il Governo per la decisione da cui è nato il flop, e malcontento per alcune frasi del Papa. Un caso che dimostra come la richiesta di vaccino o altro lasciapassare per partecipare all’Eucaristia non trovi il favore dei fedeli.

Ecclesia 08_09_2021

Non sarà più strettamente obbligatoria la completa vaccinazione anti-Covid, ma il “green pass” sì. Per partecipare agli eventi pubblici (a Prešov, Košice e Šaštín) dell’imminente viaggio apostolico di Francesco in Slovacchia (12-15 settembre 2021) si potrà contare anche sul risultato negativo di un test o sul certificato di avvenuta guarigione da Covid, oltre appunto che sul vaccino.

Ad affermarlo in via ufficiale è stata la Conferenza episcopale slovacca, che in un comunicato di sabato 4 settembre ha dato le prime istruzioni necessarie per gestire il cambiamento di programma e le eventuali nuove adesioni. Il motivo della parziale retromarcia è presto detto: si rischiava un autentico flop in termini di partecipazione dei fedeli, visto il basso numero di registrazioni, molto al di sotto delle aspettative a pochi giorni dal viaggio del Papa. Nessun green pass, invece, per l’Ungheria, dove Bergoglio si recherà nella mattinata di giorno 12, con il culmine nella Messa delle 11.30 nella Piazza degli Eroi, a Budapest.

E qui è bene fare un passo indietro per ricostruire come si era arrivati, a luglio, per la Slovacchia, alla decisione di chiedere il certificato vaccinale per gli eventi di cui sopra. «L’iniziativa, in principio, era stata presa dal Governo che in sostanza aveva detto alla Chiesa slovacca che la vaccinazione completa era l’unico modo per fare radunare una gran moltitudine di persone, altrimenti si sarebbe dovuto ragionare su numeri ristretti», spiega alla Nuova Bussola una fonte slovacca che ha chiesto di rimanere anonima. «Il Governo, purtroppo, è stato assecondato dall’arcivescovo di Bratislava [Stanislav Zvolenský, ndr], che ha fatto valere il suo ruolo di presidente della Conferenza episcopale slovacca. Non tutti i vescovi erano d’accordo», aggiunge la fonte, che ricorda come dal Vaticano non siano arrivate dichiarazioni ufficiali sulla questione, ma si è avallata tacitamente la decisione e si è proseguito a organizzare gli eventi pubblici in accordo ad essa.

La piena vaccinazione, prima del cambio di programma, era richiesta tanto ai laici quanto ai sacerdoti, e aveva generato proteste tra i fedeli. La Slovacchia conta 5,4 milioni di abitanti e, ad oggi, circa il 42% della popolazione è completamente vaccinata, un dato al di sotto della media dell’Unione Europea. Nel Governo c’è stato il tentativo di sfruttare il viaggio papale per accrescere il numero di persone vaccinate e «c’è stata evidentemente la collaborazione di una parte della Chiesa slovacca a costringere la gente a vaccinarsi. Poi hanno constatato che le dosi giornaliere non aumentavano e i fedeli non si iscrivevano in massa come ci si aspettava», aggiunge il nostro informatore. Qual è la consistenza dei numeri? «Loro pensavano che per la Messa principale, quella al Santuario Nazionale di Šaštín del 15 settembre, festa della patrona del Paese (la Madonna Addolorata, ndr), sarebbero venute circa 350.000 persone. Al momento si contano più o meno 30.000 registrati. Si consideri che per le visite di san Giovanni Paolo II in Slovacchia i numeri andavano da 100.000 a 600.000 persone per Messa. Nel 1995 visitò anche Šaštín».

Mentre emergeva la magrezza dei numeri, nel Paese si è scatenata una ridda di dichiarazioni, tra clero, classe politica e semplici cittadini, «e alcuni partiti hanno pensato che questa fosse una buona occasione da sfruttare politicamente per raccogliere consenso. Tra l’altro - aggiunge la fonte - è montato l’argomento che una visita del Papa con poche persone sarebbe stata una vergogna internazionale». C’è stato quindi uno scaricabarile tra Governo e Vescovi su chi avesse la responsabilità originaria del “diktat” sul vaccino, e a chi spettasse decidere; e alla fine si è arrivati, come visto, alla parziale marcia indietro della Conferenza episcopale, con la registrazione per i non vaccinati che è iniziata lunedì 6 settembre.

Altra particolarità: i vaccinati potranno - «in conformità con le normative vigenti», si legge nel comunicato di sabato scorso - scegliere se recarsi nei settori per vaccinati o anche in quelli per non vaccinati, mentre non è previsto l’inverso. Una “logica” da simil-apartheid che si fa fatica a capire, stante la caratteristica degli attuali vaccini anti-Covid, che non impediscono di contagiarsi e contagiare e, al netto della loro efficacia contro la malattia indotta dal virus, rischiano di dare un senso di assoluta, ma falsa, sicurezza rispetto allo stesso virus. Il buonsenso richiederebbe invece di prendere le normali precauzioni, senza inseguire un rischio zero che in Terra non esiste mai.

Ma torniamo ai numeri, che secondo la fonte slovacca ascoltata dalla Bussola si spiegano anche con un malcontento crescente: «Fino a un paio di anni fa, in Slovacchia, non sarebbe stato possibile fare una dura critica al Papa. Ma alcune sue dichiarazioni, come quella sull’omosessualità nel documentario su di lui [con l’avallo a una legge sulle unioni civili, ndr] o la spinta sull’immigrazione, hanno lasciato il segno; e soprattutto le sue recenti parole sulla vaccinazione non sono piaciute a buona parte della gente slovacca. Questo è un punto, poi c’è il tema che la gente ha paura. Ma vedo innanzitutto che tra i sacerdoti nelle parrocchie molti non hanno interesse a organizzare i pullmini con i fedeli».

Secondo l’ultima rilevazione decennale (2011), inoltre, gli slovacchi che si dichiarano cattolici sono quasi il 66%, «ma c’è il timore che all’uscita dei prossimi dati questa percentuale divenga molto più bassa anche perché in Slovacchia abbiamo avuto un lungo periodo di chiusura delle chiese e molti sono arrabbiati con quei vescovi che non hanno fatto nulla per farle riaprire».

Il caso slovacco, che riflette una situazione ahinoi drammatica per l’intera Chiesa, si potrebbe allora chiamare un segno dei tempi. La marcia indietro sul vaccino, chiaramente, non basta, essendoci comunque un obbligo scandaloso (nel senso che il termine ha per la fede) di green pass per partecipare a delle celebrazioni eucaristiche - la Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo a Prešov e appunto la Messa a Šaštín - che per loro natura richiedono piuttosto la fede cattolica e il Battesimo, e non certo opinabili prerequisiti sanitari. I quali, è evidente, allontanano i fedeli che si aspetterebbero, invece, di essere fortificati e guidati da tutti i loro Pastori (per cui bisogna pregare, come chiede la Madonna) a invocare l’aiuto del grande dimenticato, il Signore Gesù.