Il “Tutti, tutti, tutti” e la Dottrina sociale della Chiesa
L’eventuale “accoglienza” non deve assolutamente significare l’accoglienza del male oggettivo.
La Civiltà Cattolica pubblica nel suo ultimo numero l’articolo del gesuita portoghese Nuno Tovar de Lemos dal titolo «Tutti, tutti, tutti»: accoglienza o relativismo nella Chiesa cattolica?. L’autore cerca di spiegare come il nuovo principio di Francesco non apra ad un relativismo nella Chiesa per cui tutti debbano essere ammessi a tutto.
È di un certo interesse che nell’articolo si faccia anche un esempio direttamente connesso con la Dottrina sociale della Chiesa: “Facciamo l’ipotesi, per esempio, che in parrocchia arrivi un uomo con idee politiche incompatibili con il Vangelo. Addirittura è affiliato a un gruppo estremista ed è conosciuto come tale. Comincia a venire a Messa, e ormai ci viene sempre, tutte le domeniche, e dice che sta trovando una pace che non aveva mai provato prima. Anche le persone intorno a lui dicono che sembra diverso. Si è offerto di fare volontariato presso il centro sociale parrocchiale e ha iniziato ad andarci ogni giovedì. Adesso è venuto a parlare con il parroco per dirgli che gli piacerebbe proclamare le letture durante la Messa. Come si fa ad aiutare questa persona a crescere nella comprensione cristiana della politica e a rendersi conto che gli ideali che sostiene non sono compatibili con il Vangelo di Cristo? Come accogliere questa persona? Sarà bene che eserciti il ministero di lettore?”.
Nell’articolo si fanno anche altri esempi collegati con la Dottrina sociale, come quello di Zaccheo e quello di un imprenditore che tratta male i propri dipendenti. Altri esempi si potrebbero fare, da chi presta soldi a tassi usurai, a chi non dà lavoro alle donne che intendono avere figli, ai politici che si dicono favorevoli all’aborto e agiscono di conseguenza e così via.
A questo proposito credo opportuno fare tre ordini di osservazioni.
La prima è che l’eventuale “accoglienza nella Chiesa” non deve assolutamente significare l’accoglienza del male oggettivo e pubblico di cui quella persona è responsabile. Gesù ha accolto Zaccheo ma non ha con ciò riconosciuto la liceità del ladrocinio tramite le tasse. Accogliere il politico abortista non deve comportare nemmeno lontanamente che si tratti dell’accoglienza dell’aborto. Non si può far salire sull’altare persone che sono oggettivamente in simili situazioni perché questo verrebbe facilmente inteso come una assoluzione di quel modo di vivere. Non è accettabile che una persona divorziata e convivente presti servizio in parrocchia come catechista o che un omosessuale convivente diventi capo scout. Purtroppo, invece, questo accade e a farlo è spesso papa Francesco, che accoglie il transessuale invitandolo a “continuare così”, che loda padre Martin o suor Jannine Gramick per la loro lotta per riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali, che sdogana l’adulterio con l’Esortazione Amoris laetitia.
La seconda osservazione concerne la distinzione tra le azioni intrinsecamente cattive – come l’aborto, l’adulterio, la pratica omosessuale, il terrorismo – ed errori o ingiustizie di minore gravità. È logico che se la morale cattolica abbandona l’idea che esistano azioni intrinsecamente cattive, attuerà una accoglienza discutibile nei confronti delle persone che così si comportano. Nella nuova morale cattolica, però, proprio questo sta avvenendo, come anche la nozione di peccato “oggettivo e pubblico”. Dietro Il “Tutti, tutti, tutti” non sta più la morale cattolica tradizionale ma la nuova morale, cosa che l’articolo di cui ci stiamo occupando non considera.