Il solito corporativismo: governo in mano alle lobby
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Nonostante la maggioranza in Parlamento non sia contesa, il governo Meloni non riesce a scalfire il corporativismo. Su taxi, balneari e Ita, prevalgono gli interessi delle rispettive lobby.
Si è sempre detto che l’instabilità politica impedisce di dare risposte alle categorie, che dunque scioperano per farsi ascoltare di più da chi governa. L’esperienza del governo Meloni sembra tuttavia smentire questo diffuso punto di vista. L’esecutivo può contare su numeri rassicuranti, sia alla Camera che al Senato e, nonostante le fibrillazioni interne e l’inconsistenza delle opposizioni, peraltro divise tra loro, può dirsi in salute. Nonostante questo, non riesce a prendere decisioni chiare su questioni fondamentali di natura socioeconomica destinate a ripercuotersi sulla vita del Paese.
L’ultima notizia in ordine di tempo è lo sciopero indetto per martedì 21 maggio dai maggiori sindacati dei tassisti, che hanno annunciato contestualmente una grande manifestazione a Roma. Lo sciopero e la manifestazione erano stati già annunciati tempo fa, e sono stati confermati dopo l’incontro di mercoledì tra i rappresentanti della categoria e il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che secondo i sindacati non avrebbe dato risposte sufficienti su alcuni provvedimenti attesi da tempo per la regolazione delle piattaforme digitali del settore. In soldoni, i tassisti continuano a difendere i propri privilegi mentre la liberalizzazione del servizio pubblico, che consentirebbe a nuovi operatori di entrare sul mercato e ai cittadini di trovare più facilmente un taxi nelle ore di punta, continua ad essere una chimera.
L’Italia si prepara ad ospitare grandi eventi come il Giubileo di Roma del 2025 e dunque l’aumento delle licenze delle auto gialle sarebbe davvero un toccasana anche per la competitività dell’Italia. Invece la categoria dei tassisti continua a fare muro e i comuni capoluogo, su delega del governo, stanno tentando di conciliare le esigenze di tutti. Al momento, però, la situazione rimane drammatica e i taxi non si trovano facilmente, soprattutto a Roma e Milano. Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso ha invitato i tassisti a fare proposte migliorative del servizio, ma in questo modo si sta dimostrando succube della categoria, atteggiamento molto pericoloso e che potrebbe stimolare altre categorie ad alzare a loro volta il prezzo in altre partite.
Altro tema caldo su cui il governo mostra di fare il gioco delle tre carte per non affrontare con maturità il problema è quello delle concessioni balneari. Anche in questo caso contro ogni principio di libera concorrenza, il governo italiano ha spesso sostenuto la necessità di prorogare le concessioni, mentre l’Unione Europea ne ha frequentemente richiesto la rapida rimessa al bando. Lo scorso 23 febbraio, alla Camera dei Deputati, è stato approvato in via definitiva il decreto Milleproroghe, che ha sancito, tra le varie proroghe, quella relativa alle concessioni balneari. La scadenza delle concessioni balneari è stata ufficialmente spostata dal 31 dicembre 2023 al 31 dicembre 2024. Per giustificare questo provvedimento, palesemente contrario alle normative europee, il governo aveva addotto motivazioni discutibili, in primis la necessità di effettuare una mappatura del demanio marittimo al fine di verificare “la sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile”. Ma l’Ue ha bacchettato il nostro Paese e da più parti si è rilevata l’inadeguatezza di una linea che non tutela la concorrenza ma protegge solo le rendite di potere di qualcuno.
Di recente il Consiglio di Stato ha infine bocciato la proroga delle concessioni decisa nel Milleproroghe dal governo fino alla fine di quest’anno. Le spiagge pubbliche in Italia sono assegnate agli stessi gestori da anni e anni, e spesso i balneari pagano pochissimo per trarre enormi profitti dai loro stabilimenti. Una situazione intollerabile.
L’Unione Europea ha chiarito che «le concessioni di occupazione delle spiagge italiane non possono essere rinnovate automaticamente ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente. I giudici nazionali e le autorità amministrative italiane sono tenuti ad applicare le norme pertinenti del diritto europeo, disapplicando le disposizioni nazionali non conformi». Una bocciatura solenne di una linea protezionista che perpetua radicate ingiustizie, che il governo Meloni avrebbe potuto e dovuto far cessare. Per ora il premier si è limitato ad annunciare che si adeguerà a quanto detto dall’Europa. Si vedrà. Intanto l’estate è alle porte e vedremo se ci sarà tempo per fare le gare.
Infine, l’assurda vicenda Ita. Si sa che la compagnia aerea di bandiera, da Alitalia in poi, è costata agli italiani decine di miliardi di euro negli ultimi vent’anni. Questa volta la musica sembrava diversa perché attraverso una provvidenziale ristrutturazione si immaginava che finalmente potessero essere ridotte le spese di gestione di una compagnia storicamente in forte perdita. Il gruppo Lufthansa ha fatto la sua offerta e il governo italiano sembrava ben disposto ma ora l’Unione europea ha fatto sapere che l’ingresso di Ita nella scuderia europea di Lufhansa porterebbe una concentrazione di mercato eccessiva. Vuoi vedere che anche questa volta salta tutto e il cerino rimane nelle mani del governo italiano che si troverà nuovamente costretto a mettere le mani nelle tasche degli italiani? Vincerebbe ancora una volta e anche su questo fronte lo statalismo, con tutto ciò che ne consegue in termini di ulteriore impennata del debito pubblico.