Il revival del carbone, vittima dei pregiudizi climatici
Negli Usa l'amministrazione Trump ha cancellato la politica energetica di Obama e rilanciato il carbone. In Cina e in India l'industria del carbone è sempre in espansione. In Europa no. Continua la demonizzazione di una fonte energetica economica ed efficiente. Ne parliamo con Rinaldo Sorgenti (Assocarboni).
“La guerra al carbone è finita” proclama trionfante Donald Trump ponendo fine al Clean Power Plan di Obama. Il carbone, condannato come principale responsabile delle emissioni di Co2 e dunque accantonato come fonte energetica, è stato riabilitato negli Usa e sta vivendo un nuovo boom. Così anche in Cina, dove il suo utilizzo industriale è in crescita dal 2015 e in India dove la sua crescita non ha mai conosciuto soste. Ma ecco che si levano da tante parti i consueti allarmi: la lotta al cambiamento climatico è compromessa, il piano di Obama preveniva almeno 150mila attacchi d’asma nei bambini e 6.600 morti premature ogni anno e “la sicurezza delle nostre comunità è a rischio”, come dichiarava ieri Mary Anne Hitt, direttrice della “Beyond Coal Campaign” (campagna per andare oltre il carbone).
Allarmismo giustificato? No, secondo Rinaldo Sorgenti, vicepresidente di Assocarboni. Che fa presente quanta speculazione (non solo culturale e giornalistica) sia stata fatta sulla demonizzazione del carbone. Se lo stesso riscaldamento globale antropogenico è tutt’altro che una certezza, le politiche industriali per contrastarlo sono ancor più discutibili. Si tende a privilegiare il gas per ridurre l’emissione di CO2, ma “attenzione a come si misura l’emissione – ci mette in guardia Sorgenti – Il metano ha un’incidenza, ai fini del potenziale di riscaldamento globale, molto maggiore della molecola di CO2. Però anche gli scienziati che fanno parte dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change dell’Onu), nei loro primi rapporti, affermavano che 1 molecola di metano equivalesse a 21-23 molecole di CO2 in termini di potenziale influenza sul clima. Ma in rapporto a che arco temporale? Guardando bene a quei rapporti, si vede che l’Ipcc si riferisce a un periodo di tempo di 100 anni. Ma nessuno pianifica a 100 anni, specie vista l’urgenza che caratterizza tutte le politiche di contrasto al riscaldamento globale. Se guardiamo all’incidenza che ha il metano sul riscaldamento globale in 20 anni, questa è di almeno tre volte maggiore. Se moltiplico le quantità di metano che vengono sprigionate nell’atmosfera per 63-70 volte, il suo impatto potenziale sul cambiamento climatico è molto maggiore di quel che si calcola ora”.
L’Europa, tuttavia, non intende seguire gli Usa nel rilancio del carbone? “Tuttora la produzione elettrica da carbone è la prima fonte in Europa, leggermente superiore a quella nucleare: 27-28% dell’energia nell’Ue è prodotta dal carbone, il 26-27% dal nucleare. L’Europa ha deciso di cavalcare la battaglia del riscaldamento globale e ne è risultata una politica delle quote di emissione e della loro compravendita. Tutto si basa sul conteggio regolato per legge del volume massimo di emissioni consentite post-combustione, dunque quella prodotta dalla combustione del carbone, del gas e delle altre fonti energetiche. Ma è un problema”. Cioè: “Non si tiene conto della CO2 prodotta nella fase pre-combustione. Cioè la CO2 che è presente naturalmente nei giacimenti degli idrocarburi e in particolare del metano e che viene liberata in atmosfera in fase di estrazione (venting). Oltre al ‘venting’, c’è il ‘flaring’, quelle fiamme che chiunque può veder uscire dai comignoli delle raffinerie. E non è finita, perché non si tiene conto delle perdite nelle tubazioni. I nuovi metodi di produzione del gas negli Usa, lo shale gas, consistono in un bombardamento delle rocce nel sotto suolo con acqua ad alta pressione, sabbia e additivi, per liberare molecole di metano. Il metano fuggitivo è significativamente rilevante, ma non viene conteggiato. Usando il metano per illuminare le nostre case, dunque, si produce meno CO2? E’ un’affermazione vera, ma tenendo conto solo della fase di combustione. Ma se tengo conto di tutto il suo ciclo di vita, i conti cambierebbero drasticamente”. Eppure è su questa convinzione che, anche in Italia, si vuol sostituire completamente il carbone con il gas, entro il 2025.
Da cosa sono motivati i pregiudizi sul carbone? “E’ chiaro che il concorrente principale del gas è il carbone – ci spiega Sorgenti - che è più distribuito sulla crosta terrestre, più diversificato in termini di aree geografiche e il suo trasporto costa molto meno: si può caricare su qualsiasi tipo di nave mercantile, non occorrono gasdotti, rigassificatori e navi gasiere”. Negli ultimi anni, negli Usa, “anche Obama aveva chiesto di monitorare maggiormente le produzioni di metano. Se si fa una valutazione tenendo conto di tutto il ciclo di vita, il carbone non è affatto peggiore del metano. E, su questo, Trump ha perfettamente ragione a renderlo nuovamente competitivo”.
Oltre che sul gas, le attuali politiche industriali puntano soprattutto sulle energie rinnovabili. Ma, spiega Sorgenti alla Nuova Bussola Quotidiana: “Sono interessanti, ma hanno un difetto principale: che sono intermittenti. Se adesso tramonta il sole, io non avrò energia solare. Se cala il vento, non avrò energia eolica. Sono ancora dipendenti dai cicli naturali, non garantiscono la certezza dell’erogazione continua di energia. Non sono sicuro, insomma, di avere la luce in casa, o peggio ancora, di continuare a far funzionare il mio impianto industriale. Per un paese manifatturiero come l’Italia, non potrei affidarmi a una fonte così incerta, ad esempio. Le rinnovabili hanno senso in termini potenziali, quando la tecnologia sarà in grado di conservare e convertire più energia. Per ora i pannelli solari hanno una capacità di conversione di energia termica in energia elettrica pari, al massimo al 15%. Un impianto termoelettrico che brucia carbone ha una capacità di conversione del 45-47%”. Eppure in Italia, oltre che negli Usa, le rinnovabili sono fortemente sussidiate dallo Stato. “Nel nostro paese siamo arrivati al 37% di energie rinnovabili. Stiamo caricando sulle spalle dei consumatori qualcosa come 14 miliardi di euro all’anno, pari ad oltre il 20% della bolletta”.
L’Epa (agenzia per l’ambiente), negli Usa, calcola però che il piano energetico di Obama avrebbe salvato la popolazione da una maggior incidenza di attacchi d’asma nei bambini e morti premature negli adulti. Secondo Sorgenti, però, “Tendiamo a confondere l’inquinamento con le emissioni”. Di conseguenza si tende a fare l’equazione, errata: carbone=più CO2=più inquinamento. “Spesso, ad esempio, vediamo le immagini della nebbia di smog su Pechino a commento dei servizi sul riscaldamento globale. Ma quel particolato fine che inquina la capitale cinese non è certamente CO2, ma polveri sottili, ossidi di azoto, ossidi di zolfo che, se gli impianti sono obsoleti e non dotati di de-polveratori, de-nitrificatori, de-solforatori, bruciando un qualunque combustibile diffonde fuliggine. Ma il problema non è tanto nel combustibile, quanto nel tipo di impianto di combustione che viene usato”.