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COVID E POTERE

Il Regno Unito riapre, noi continuiamo a chiudere

Mentre il Regno Unito decide di riaprire tutto e di rimuovere le ultime restrizioni anti-Covid per il 19 luglio, in Italia si va verso un'estate delle chiusure, ai danni soprattutto delle attività ricreative (ormai agonizzanti). Johnson ritiene che la situazione sia gestibile, anche con la variante Delta. Da noi prevale la politica del lockdown spinta da virologi mediatici.

Politica 07_07_2021
Boris Johnson annuncia le riaperture

Mentre la Gran Bretagna si prepara a riaprire tutto, l’Italia sembra incamminarsi mestamente verso nuovi lockdown. La variante Delta sta facendo rivivere agli italiani un film già visto. Non ci fosse stata l’euforia per la Nazionale di calcio, saremmo già rimpiombati nel pessimismo più cupo, che l’anno scorso ci avvolse verso fine agosto e che quest’anno sembra arrivato con quasi due mesi di anticipo.

Nonostante le vaccinazioni di massa, la situazione contagi, ricoveri e decessi è uguale a quella dell’anno scorso e la rimozione dei divieti anti-covid continua ad allontanarsi. E’ di ieri l’ennesima disperata protesta dei proprietari e gestori di discoteche e locali notturni, che invocano riaperture immediate, dopo aver perso tra l’80 e il 90% del fatturato a causa della pandemia. La beffa è che la gente non ne può più di non ballare e così finisce per assembrarsi in case private o in piazze, con rave party clandestini come quello di Pisa, scoperto nelle scorse ore e al quale hanno partecipato seimila persone provenienti da tutta Europa, assembrate e senza mascherina. Non sarebbe più gestibile e rassicurante la situazione se le persone potessero ballare in discoteche e luoghi maggiormente monitorati e controllati sul piano del rispetto delle norme anti-covid? E invece la sensazione è che anche quest’anno, come l’anno scorso, la caccia all’untore si scatenerà proprio nei luoghi nei quali si balla, oltre che, ça va sans dire, tra i non vaccinati.

Ma nel resto d’Europa non è così. I contagi, è vero, in alcuni Stati stanno risalendo, ma si tratta per lo più di contagi “innocui” e gestibili in casa, che dunque non si traducono in ospedalizzazioni e ancora meno in decessi. L'epidemia di Covid ha ripreso a correre nel Regno Unito a causa della variante Delta ma il premier britannico, Boris Johnson, ha annunciato per il 19 luglio la riapertura dell'Inghilterra. Via l'obbligo di mascherina e i limiti alle interazioni sociali; non sarà più richiesto lo smart working. Inoltre, riapriranno tutti i pub, locali notturni e discoteche, senza limiti al numero di persone ammesse. Esercizi commerciali e imprese potranno decidere autonomamente di richiedere prova di immunizzazione agli avventori, ma non ci sarà alcun tipo di pass vaccinale in vigore. In caso di contatto con un positivo, resta valido l'auto-isolamento ma coloro che hanno già ricevuto due dosi potranno evitarlo. La decisione finale verrà presa il 12 luglio, ma tutto lascia supporre che questa road map nel Regno Unito verrà rispettata. Anche perché, secondo Johnson, la situazione è comunque sotto controllo e non è possibile né fermare il virus né fermarsi a causa del virus, lasciando fallire altre attività economiche e commerciali, peraltro in piena stagione turistica. La strada maestra, quindi, è convivere con il virus, sapendo che tale convivenza potrebbe durare anche altri anni. Il capo di Downing Street ha riconosciuto che l'epidemia "non sarà certamente finita per il 19 luglio”; tuttavia, ha aggiunto, "dobbiamo essere onesti con noi stessi: se non possiamo riaprire la società nelle prossime settimane, quando saremo in grado di tornare alla normalita'?".

Anche perché in Inghilterra, nonostante l'incremento dei casi, i ricoveri in ospedale e i decessi non conoscono la stessa crescita esponenziale cui si è assistito nella seconda ondata (1.953 nuovi pazienti nel lasso di tempo 23-29 giugno, +24,2%; i decessi nell'ultima settimana sono stati 128, un incremento del 4,9%).     

In Italia, invece, nonostante la vistosa accelerazione del piano vaccinale, si va verso nuove chiusure. La variante Delta viene vista come uno spauracchio e la macchina del terrorismo mediatico si è rimessa in moto. Non si spiega agli italiani l’incidenza di tale variante in termini di ricoveri e decessi, ma ci si limita a diffondere il numero assoluto di positivi al Covid e la percentuale (in aumento) della variante Delta sul totale dei positivi. Ma questo cosa significa? Che utilità pubblica ha questa informazione? Se i casi sono pochi e se all’interno dei casi in riduzione ce ne sono sempre di più con la variante Delta questo cosa comporta in termini di pericolosità della situazione? Gli ospedali continuano a svuotarsi, e questa è l’unica cosa che conta, e le vittime sono sempre meno. Anche perché, ma questa è storia vecchia, non è mai stata fornita una descrizione analitica delle molteplici patologie che la maggior parte dei morti di Covid avevano prima di contrarre il virus e anche oggi non viene mai precisato il numero di vaccinati che contraggono comunque la malattia.

La contabilità dei casi è dunque viziata da una serie di contraddizioni e letture fuorvianti. E intanto i media continuano ad allarmare e a preconizzare nuovi lockdown, anche con l’ausilio dei virologi tradizionalmente più allarmisti, già pronti a puntare il dito contro le riaperture. Non è un caso che molti giornali abbiano ripreso a sparare in prima pagina titoli catastrofisti su un altro anno scolastico in dad, alimentando il panico e lo sconcerto in milioni di famiglie che sperano in un ritorno alla normalità, sia per la regolarità didattica che per la stabilità emotiva dei loro figli e per gli equilibri famigliari. Annunciare fin da ora che a scuola si potrà forse tornare in presenza e comunque sempre indossando le mascherine e rispettando il distanziamento, significa alimentare sfiducia e frustrazione negli italiani e porre le premesse per una catastrofe psico-sociale che peraltro appare già dietro l’angolo e che andrà a sommarsi a quella economica, se si continuerà a rifiutare l’unica idea sensata, che è quella di abituarsi a convivere con il virus, senza rinunciare a vivere.