Il Ramadan al tempo della pandemia
In Niger c’è malumore per la chiusura delle moschee e il coprifuoco dal tramonto all’alba imposti dal governo e si temono reazioni violente contro i cristiani durante il Ramadan che sta per iniziare
La sera del 23 aprile inizia in tutto il mondo il mese di Ramadan. Tra i musulmani che disapprovano le misure di confinamento adottate per evitare la diffusione del Covid-19 cresce l’insofferenza soprattutto dove è stata disposta la chiusura dei luoghi di culto, moschee incluse, per evitare assembramenti. In Niger, oltre a chiudere chiese e moschee, il governo ha disposto il coprifuoco dalle 19.00 alle 06.00: in pratica, proprio il periodo del giorno che i fedeli, interrotto il digiuno prescritto dall’alba al tramonto, trascorrono convivialmente e in preghiera insieme a parenti, vicini di casa e amici. Già si sono verificati episodi di insofferenza e azioni di protesta nella capitale Niamey. Nella notte del 19 aprile in molti quartieri dei cittadini hanno bloccato il traffico dando fuoco a dei pneumatici ed è stato necessario l’intervento della polizia che ha fatto uso di lacrimogeni. Inoltre le autorità hanno dovuto chiudere con la forza delle moschee e hanno arrestato gli imam che rifiutavano di rispettare le misure di contenimento. Padre Mauro Armanino, della Società delle Missioni Africane, intervistato dall’agenzia di stampa Fides, si fa portavoce della preoccupazione dei cristiani, lo 0,3 per cento della popolazione nel paese quasi interamente di fede islamica, per le ripercussioni che il disappunto della popolazione può avere su di loro. “Il senso di disagio espresso da una frangia della giovane popolazione – spiega padre Armanino – esprime vari sentimenti che vanno dallo scetticismo nei confronti dell’esistenza della malattia fino all’identificazione della malattia stessa con l’Occidente cristiano. Ogni qualvolta c’è un malessere nei confronti del potere politico, il capro espiatorio più facile e immediato sono i cristiani. Tra qualche giorno si celebrerà l’inizio del Ramadan. Il rischio di una rivolta che implichi anche l’attacco alle chiese è nell’ordine del possibile”. Nel 2015 durante le proteste contro le pubblicazioni blasfeme del settimanale francese Charlie Hebdo furono distrutte diverse chiese, incendiate e saccheggiate, e ci furono delle vittime.