Il Qatar ha abolito il sistema “kafala”
Sotto contratto di lavoro kafala i lavoratori immigrati devono consegnare il passaporto al datore di lavoro e non possono licenziarsi e lasciare il paese senza la sua autorizzazione
Il contratto di lavoro “kafala”, molto diffuso in Medio Oriente, è stato ufficialmente abolito in Qatar. Definito a ragione una forma moderna di schiavitù, il kafala applicato ai lavoratori immigrati li assoggetta al datore di lavoro perché devono consegnare a lui il passaporto, non possono lasciare il paese o cambiare impiego senza la sua autorizzazione e nemmeno sporgere denuncia in caso subiscano abusi. Ogni violazione è punita con l’arresto o con la deportazione. Nel 2016 il paese aveva già adottato una legge che avrebbe dovuto garantire agli immigrati più diritti e tutele, ma, come molti avevano previsto, nella sostanza era cambiato ben poco perché nel caso dei contratti di cinque anni il lavoratore, per cambiare lavoro, doveva ancora chiedere il permesso al proprio padrone, autorizzato a trattenerne i passaporto, e non si applicava ai lavoratori domestici. La nuova legge prevede che i lavoratori stranieri possano cambiare occupazione senza autorizzazione del datore di lavoro e licenziarsi dando un preavviso scritto di un mese, se lavorano da meno di due anni per lo stesso padrone, e altrimenti di due mesi. La normativa introduce un salario minimo garantito di 275 dollari e obbliga il datore di lavoro ad aggiungere un importo per le spese di vitto e alloggio se non è lui a fornirli al dipendente. In Qatar gli immigrati, molti dei quali filippini, nepalesi e indonesiani, sono circa due milioni e costituiscono il 95 per cento della manodopera. Il direttore generale dell’Organizzazione internazionale del lavoro, Guy Ryder, ha accolto positivamente la notizia: con questi cambiamenti – ha detto – “il Qatar ha mantenuto il suo impegno che rappresenta anche un passo in avanti in un quadro di libertà, garanzie e diritti”.