Il potere agli "idioti"
Nel Movimento 5 Stelle c'è un'insuperabile contraddizione: restare privati cittadini anche quando si rappresenta altri privati cittadini. E' un tentativo di privatizzazione della vita pubblica che condanna alla inefficacia.
Molti commentatori nello scorrere il programma del Movimento Cinque Stelle hanno ravvisato giustamente un’impostazione statalista che interessa più campi e va dall’energia all’educazione, dall’informazione all’economia, dalla salute al trasporto. Ma forse la chiave di lettura del fenomeno Grillo può essere rovesciata: si tratta di una privatizzazione del pubblico.
Partiamo dal nome: il termine “movimento” – è cosa nota – è stato scelto dalla coppia Grillo-Casaleggio come carattere distintivo per smarcarsi dalla vecchia classe dirigente. Non un partito, ma un movimento per indicare una novità nella politica. Ma oltre a questo motivo, come sottotraccia, forse ne emerge un altro. “Movimento” è proprio dell’associazionismo dei privati cittadini. L’idea, espressa molto chiaramente da Grillo in più occasioni, è quella di vedere i privati cittadini al governo della res publica. Una sorta di revival contemporaneo del “potere al proletariato” di leninista memoria. “Non chiamateci onorevoli ma concittadini”, hanno esordito i grillini entrando in Parlamento. In effetti Grillo è riuscito nell’intento e così tra i 170 deputati del Movimento troviamo un pneumologo, un assistente per disabili, un’esperta di informatica e molti altri che non facevano politica se non al bar sottocasa. La divisa di “privati cittadini” però, e sta qui l’aspetto curioso, non viene smessa entrando nelle aule parlamentari, ma rimane e deve rimanere ben cucita addosso a posto di quella di “onorevole”: per paradosso non c’è posto per il politico nelle aule dove si fa politica.
Ecco perché i grillini non indicono conferenze stampa (oltre al fatto che così nulla potrà essere detto senza previo controllo del demiurgo Grillo) ma lasciano messaggi su Twitter come fanno gli adolescenti tra loro per raccontarsi affari assolutamente privati; ecco perché hanno delocalizzato lo spazio dedicato alla discussione delle leggi dal Parlamento alle Commissioni quasi fossero riunioni di condominio di Palazzo Montecitorio; ecco perché si spostano in pullman come l’uomo qualunque che fa una gita con i propri colleghi di lavoro; ecco perché l’uso della rete addirittura per trovare il candidato alla prima carica dello Stato, come fa Tizio quando non riesce a smacchiare di vernice il proprio cappotto e chiede aiuto a qualche forum di discussione on line o come ha fatto qualche settimana fa Roberta Lombardi, capogruppo alla Camera per il M5S, per chiedere come rendicontare alcune sue spese dato che aveva smarrito i relativi scontrini andati persi per un furto; ecco perché Grillo incontra la gente in piazza, cosi come questa stessa gente è solita trovarsi in piazza per parlare di politica; ecco perché infine si riprendono con una videocamera come fanno centinaia di migliaia di italiani per raccontare la loro opinione su tutto e tutti e come ha fatto il leader a 5 stelle rivolgendosi a Bersani affinchè accettasse il suo candidato al Qurinale mentre sullo sfondo qualche milionata di spettatori poteva vedere il box doccia del suo camper. E’ un processo di riduzionismo della dimensione pubblica a quella privata, anzi privatistica. E’ una svalutazione della politica pubblica a favore di un intimismo politico. L’agorà di Atene in formato ridotto ora si trova nel camper di Grillo.
In buona sostanza i grillini tentano l’impossibile: vogliono rimanere privati cittadini anche quando rappresentano altri privati cittadini, ma laddove rappresenti la collettività sei un rappresentante pubblico, non più cittadino privato. Un ossimoro istituzionale impraticabile.
I greci per indicare il privato cittadino che non si occupava di politica usavano il termine “idiotes”. L’ “idiota” era colui che era troppo preso dai propri problemi personali per occuparsi dei problemi degli altri. Tale compito veniva delegato ad alcuni politici di professione. Il fenomeno Grillo invece pretende che accada l’opposto: il commerciante che è oberato di debiti e che litiga un giorno sì e l’altro pure con i fornitori e l’Agenzia delle entrate si ritiene che sia la persona adatta per prendere decisioni per tutti quelli che come lui vivono situazioni analoghe. Ma qui sta l’inghippo, proprio nella competenza. La competenza è l’efficacia, la bravura in una data materia. Ora i problemi del sig. Rossi sono solo suoi, particolari. Vero è che sono simili ai problemi di molti ma per individuare questo tipo di analogia – e dunque per affrontare in generale i problemi di un’intera collettività- e soprattutto per individuare i mezzi per risolvere problemi comuni occorre una competenza specifica, una competenza di chi ha esperienza di regia dell’universale anche se non sa nulla o quasi del particolare. Il comandare le truppe è cose da generali, non da soldati semplici: ad ognuno il suo.
Questo assunto è confermato dallo stesso Grillo che, videoripreso, alla notizia che la giornalista Milena Gabanelli era risultata vincitrice alle “quirinarie” indette dal movimento ci scherza sopra, immaginandosi la Gabanelli che si reca da Obama e gli sottopone un’inchiesta da lei promossa in cui emergerebbe che il Presidente non ha dichiarato “quattro ruderi di sua proprietà”. Ciò a dire che le competenze non si improvvisano e chi oggi fa il giornalista domani non può fare il Presidente della Repubblica, perchè il privato è ben distinto dal pubblico per formazione, mansioni, responsabilità, ruoli, oneri e onori.