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MEDIO ORIENTE

Il patriarca di Gerusalemme rincuora i cristiani rimasti

Si sta chiundendo uno degli anni più violenti per Israele e Palestina, il patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa rincuora i bambini palestinesi facendo gli auguri di Natale. I cristiani, in Palestina, sono rimasti molto pochi. La tentazione dell'emigrazione è sempre molto viva. Facile perdere la speranza, ma il Natale è la notizia più bella.

Libertà religiosa 24_12_2022
Pizzaballa

«La storia della nascita di Gesù è la storia più bella; ci riempie ancora di gioia, speranza e forza. E anche voi, cari bambini, portate molta gioia nelle nostre case, nei nostri villaggi in questa Terra santa benedetta da Dio». Con queste parole il patriarca dei Latini di Gerusalemme, mons. Pierbattista Pizzaballa, ha accolto in Patriarcato numerosi bambini palestinesi, con le loro famiglie, per augurare il buon Natale, tramite loro, a tutti i cristiani della Terra Santa. Ma il suo pensiero, guardando il volto di questi piccoli, era rivolto al futuro, a cosa li attende in una terra e in una società sempre più violente.

È evidente che la questione palestinese non è più al centro dell'agenda della politica estera degli Stati, la loro attenzione è rivolta, innanzitutto, alla guerra in Ucraina. «A questo proposito esprimiamo la nostra particolare preoccupazione per quei fedeli che rimangono come cristiani nella terra della nascita di Nostro Signore e che sono oggetto della nostra cura pastorale», scrivono in un messaggio rivolto ai cristiani della Terra Santa, i patriarchi e i capi delle Chiese di Gerusalemme. E proseguono: «Negli ultimi anni, questi cristiani hanno dovuto affrontare sempre più spesso attacchi al loro libero esercizio della religione, tra cui aggressioni contro la loro persona, profanazione delle loro chiese e cimiteri, restrizioni ingiustificate alla pratica dei loro riti e minacce legali alle loro proprietà e alla gestione dei beni della Chiesa».

Sua Beatitudine Pizzaballa pensa anche ai bambini della Striscia di Gaza. A come vivranno il giorno che fa memoria della nascita di Gesù. Li ha incontrati, nei giorni scorsi, nel corso della sua visita pastorale. «Sono un segno di speranza e, soprattutto, di pace. È quello che si legge guardandoli negli occhi». Ma non poteva non rammaricarsi incontrando le famiglie angosciate per il loro futuro. L'emigrazione è uno tra i problemi più seri per quei cristiani, che essendo una piccola minoranza, ha un maggior impatto rispetto ai musulmani. Emigrare è una tentazione alla quale in molti pensano da quelle parti. E per quelli di Gaza la questione è ancora più pressante. Il Mediterraneo è uno sbocco al quale, purtroppo, è difficile rinunciare. «Questa atmosfera scoraggiante ha portato a una mancanza di speranza, soprattutto tra i nostri giovani cristiani, che si sentono sempre più spesso non accolti nella terra in cui i loro padri hanno vissuto ancor prima della nascita della Chiesa a Pentecoste (At 2,11). Di conseguenza - sottolineano i patriarchi e i capi delle Chiese di Gerusalemme - molti lasciano la regione per luoghi che offrono maggiori opportunità, diminuendo così la presenza cristiana al di sotto della già ridotta minoranza del 2% della popolazione complessiva».

Ma Natale è alle porte. Le vie di Gerusalemme sono invase da pellegrini provenienti da tutto il mondo, l’Europa registra un numero inferiore di presenze, mentre Stati Uniti, Americhe, Asia e la stessa Africa crescono molto. «Sapevamo - dichiara mons. Pizzaballa - che ci sarebbe stata una ripresa, ma leggendo i grafici delle previsioni si pensava a un moto graduale. Invece assistiamo a una vera e propria esplosione». «Con questo spirito, siamo grati del fatto che sempre più cristiani di tutto il mondo tornino in pellegrinaggio in Terra Santa. Li incoraggiamo non solo a visitare con riverenza le pietre benedette dei luoghi sacri, ma anche ad impegnarsi a sostenere le "pietre vive", la presenza cristiana locale, le cui famiglie hanno contribuito alla costruzione e alla manutenzione di questi venerabili luoghi nel corso dei secoli, fino ai nostri giorni», sottolineano i capi religiosi.

L'anno sta per chiudersi. In Israele e Palestina, in questi ultimi mesi, si sono verificati momenti di grande tensione. Numerosi i morti tra i palestinesi, ma anche tra gli israeliani. «Quest’anno - mette in evidenza il patriarca Pizzaballa - abbiamo avuto il più alto numero di palestinesi morti a causa del contesto politico nei Territori. Non se ne parla più, anche se quasi ogni giorno vi è qualcuno che muore. La questione palestinese sembra aver stancato le cancellerie dei vari Stati». «Invitiamo i cristiani di tutto il mondo a sostenere l'adesione allo status quo religioso e a continuare a lavorare e a pregare per una pace giusta e duratura nella terra in cui è nato nostro Signore - così come nelle molte regioni del mondo dilaniate dalla guerra - affinché il benedetto messaggio di speranza proclamato per la prima volta dall'angelo ai pastori di Betlemme si realizzi sempre più in tutta la terra: "Non temete, perché vi porto una buona notizia che sarà fonte di grande gioia per tutto il popolo: oggi nella città di Davide è nato per voi un Salvatore, che è il Messia, il Signore». (Lc 2,10-11) - puntualizzano i patriarchi e i capi delle Chiese di Gerusalemme.

Ma all'orizzonte s’intravedono molte nubi. Il primo ministro incaricato Benjamin Netanyahu dovrebbe presentare entro il prossimo 2 gennaio la squadra di governo. La coalizione che lo sosterrà è composta dal suo partito, il Likud, dai suoi alleati ultraortodossi di lunga data, Shas e United Torah Judaism, e dalle fazioni di estrema destra Sionismo religioso, Otzma Yehudit e Noam. I cristiani sono molto preoccupati. Il linguaggio utilizzato da molti rappresentanti politici dell’estrema destra, durante la campagna elettorale, è stato tutt’altro che pacifico, con la prospettiva di mettere a rischio il già delicato e precario equilibrio dei rapporti fra le varie comunità che compongono la società ebraica: ebrei, musulmani, cristiani, arabi, palestinesi. «Come Chiesa continueremo a non abbassare la guardia e a essere molto chiari», conclude il patriarca Pizzaballa.