Il "Partito di Sant'Egidio" e la trappola dell'umanesimo
Ufficializzata la nascita del partito Demos, che nasce su ispirazione della Comunità di Sant'Egidio. Rappresenta il progressismo cattolico a sostegno del Pd, ultimo tassello di una lunga storia che inizia con Dossetti ed arriva fino a Mattarella. È il dramma di una concezione per cui la fede cattolica non genera civiltà.
Nasce il partito Demos che si ispira a “democrazia e solidarietà”, fa riferimento al “cattolicesimo democratico e al progressismo cattolico” e si colloca nel centro-sinistra, accanto al Partito Democratico. Poiché i suoi dirigenti, il bacino di provenienza dei primi militanti e le idee di fondo sono quelli della comunità di sant’Egidio in un nuovo “collateralismo”, i giornali l’hanno già battezzato come “Il partito di sant’Egidio”.
La scesa in campo di Demos, i suoi motivi ispiratori e la chiara collocazione politica, già sperimentata qua e là nelle amministrazioni locali e destinata a venire collaudata alle prossime elezioni politiche, ci obbligano a porci l’ormai consueta domanda: i cattolici in politica sanno fare altro che appoggiare il Partito Democratico e la sua cultura politica? Al primo congresso di Demos era ovviamente presente Enrico Letta, che ha riproposto la sua idea dello ius soli e dello ius culturae, vale a dire un forte incremento alla concessione della cittadinanza agli immigrati. Su questo terreno, da Demos-sant’Egidio non verrà nessuna opposizione, anzi arriverà un forte appoggio, dato che per la comunità di Trastevere la multi-religiosità è il fine principale, in sostituzione perfino di quello del bene comune.
Siamo ad un ultimo piccolo tassello di una storia lunga. Prima Dossetti dice che bisogna integrare il Partito Comunista Italiano nella democrazia per renderla veramente “compiuta”. Poi Fanfani e Moro fanno la svolta a sinistra. Poi Raniero La Valle, Mario Gozzini e altri si candidano alle amministrative del 1975 nelle liste del PCI. Poi la Lega Democratica di Achille Ardigò, Pietro Scoppola ed Ermanno Gorrieri mobilita le elite cattoliche nella cultura del progressismo di sinistra. Poi Gorrieri e Carniti si spingono ancora più avanti con i “Cristiano sociali”. Poi il dossettismo appoggia la trasformazione del PCI in PdS e poi in PD, considerandola idonea a favorire l’ingresso dei cattolici in quel partito, diventato ormai il loro riferimento politico. Gianni Baget Bozzo scrisse che il dossettismo aveva ottenuto l’egemonia nel Partito Democratico, ma io penso il contrario, il Partito Democratico aveva ottenuto l’egemonia sui cattolici. L’Ulivo di Romano Prodi fu il coronamento di questo lungo processo di sdoganamento agli occhi dei cattolici della vecchia sinistra comunista in seguito riverniciata. Dopo l’Ulivo vennero Napolitano e Mattarella.
Demos è l’ultimo piccolo (molto piccolo…) tassello di questa storia. Tassello che si aggiunge alla storia quando questa è orma conclusa, quando in Parlamento non esistono cattolici se non quelli che sono nel PD. Perché dovrebbero servirne altri? In questi ultimi sei anni il Parlamento ha varato una impressionante serie di leggi distruttive della famiglia e della dignità dei più indifesi, tutte votate dai cattolici interni al PD o gravitanti nella sua area politica. Anche gli eventuali parlamentari di Demos faranno lo stesso, recitando una parte in una commedia su cui è già sceso il sipario.
Il Partito Democratico oggi è perdente politicamente e vincente culturalmente. [L’opposizione invece è perdente politicamente perché è perdente culturalmente]. Negli ultimi dieci anni ha sempre perso voti ed elezioni. Però la cultura tentacolare del suo “gramscismo” congenito è ancora molto viva e detta legge: nella magistratura, nei ministeri, nella scuola, negli ordini professionali, nella stampa … al punto che un direttore generale della Pubblica istruzione organizza la giornata pro-gender in tutte le scuole del Paese senza uno straccio di disposizione legislativa che lo consenta. Anche con un PD elettoralmente debole, l’apparato culturale funziona. Demos, allora, può essere utile, dato che non è alternativo sul piano della cultura politica, anzi rientra nel sistema del “gramscismo” egemonico che, come noto. considerava intellettuali da conquistare perfino i parroci, e qualche voto in più lo può pure portare.
Torniamo allora alla domanda: i cattolici in politica sanno fare altro dall’appoggiare il Partito Democratico e la sua cultura politica? Allo stato delle cose sembra di no, e Demos lo conferma. Per dimostrare il contrario il nuovo partito dovrebbe fare una cosa molto semplice: dichiarare che vuole l’abrogazione della legge 194 sull’aborto di Stato. La solidarietà posta al centro del programma politico di Demos dovrebbe essere estesa prima di tutto ai più indifesi, ossia ai bambini concepiti e non ancora nati, che sono i più poveri tra i poveri, più poveri perfino degli immigrati o dei rifugiati. Ma se facesse questo, Demos potrebbe ancora collocarsi accanto al PD e ricollegarsi ad una storia ormai incapace di qualcosa di nuovo? Ad un progressismo privo di futuro, come Chesterton diceva del resto di ogni progressismo.
Con queste considerazioni ci si imbatte nel vero problema. Se non si crede che la fede cattolica sia capace di generare civiltà, se la si intende come ausiliaria alla cultura politica secolare e mai decisiva per impostare una visione propria e alternativa, si finirà sempre per esprimere una posizione di appoggio, che di solito va a vantaggio di chi, in quel momento storico, è riuscito più di altri a farsi credere non dico cattolico, ma almeno convergente con la fede cattolica su alcuni presunti valori umani. É la trappola dell’umanesimo.