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parlano i medici

Il Papa non è fuori pericolo. E tra i papabili spunta Grech

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Briefing con la stampa dello staff medico, che non nasconde la gravità della situazione. E mentre si scatena la caccia a corvi inesistenti, c'è chi detta le parole d'ordine "indietro non si torna", con un possibile nome da spendere nella Cappella Sistina per garantire una successione ultra-liberal.

Ecclesia 22_02_2025
Foto Vatican Media/LaPresse

È trascorso l'ottavo giorno di degenza del Pontefice al Gemelli e le comunicazioni sulla sua salute continuano ad essere meno allarmistiche di prima. Francesco, informa la Sala Stampa della Santa Sede in ogni nota, svolge le sue attività lavorative. Una narrazione che rafforza l'immagine di un Papa stacanovista, come in effetti si è dimostrato in questi anni nel governo della Chiesa.
In questi giorni, in base a quanto era filtrato da alcune fonti, le porte dell'appartamento del decimo piano, sorvegliate ad oltranza dalla Gendarmeria vaticana, non si sarebbero aperte solo per la premier italiana Giorgia Meloni. La Sala Stampa della Santa Sede ha così prodotto ieri una nota nella quale «in merito alle notizie diffuse da Rai News 24 (...), smentisce che ci sia stato un incontro ieri [giovedì] tra il Santo Padre e i Cardinali Gianfranco Ghirlanda e Pietro Parolin».
C'è da precisare, però, che in base al retroscena arrivato anche alla Nuova Bussola la visita del canonista di fiducia del Papa ci sarebbe stata non giovedì, ma mercoledì e che non avrebbe visto la presenza del segretario di Stato. Come che sia, in questa fase di incertezza per la Santa Sede un ruolo centrale lo sta svolgendo il Sostituto monsignor Edgar Peña Parra. 
Nonostante il lieve miglioramento comunicato, il quadro clinico dell'illustre paziente resta serio e complesso. 

Quella di ieri però è stata una giornata importante perché per la prima volta hanno parlato direttamente i medici. Nello specifico Sergio Alfieri in rappresentanza del Gemelli, e Luigi Carbone per lo staff pontificio. Nel briefing con la stampa (nella foto) ha parlato soprattutto Alfieri rivendicando il lavoro condotto finora sul paziente ma al tempo stesso non ridimensionando la gravità della situazione. Si è detto infatti che il Papa «non è fuori pericolo, è aperto a tutte e due le possibilità» e lo si è definito «un signore di 88 anni con delle patologie polmonari croniche». Non è attaccato ai macchinari, ogni tanto ha bisogno di ossigeno, ma Alfieri ha negato che Bergoglio abbia la sepsi, la complicazione che secondo il dottore potrebbe diventare fatale: «se questi germi, che oggi sono localizzati nei polmoni, nonostante tutte le terapie passano nel sangue, a quel punto una sepsi sarebbe difficile da curare», ha spiegato il dottore. Anche se le cose migliorassero, non tutto tornerà come prima perché, ha chiarito Alfieri, «la parte acuta sarà risolta, la parte cronica resterà». Il medico del Gemelli ha anche attribuito allo staff sanitario la paternità dei comunicati di questi giorni e ha detto che da parte loro non si fanno «fake news, noi nei bollettini diciamo solo la verità».

Proprio in questi giorni dai giornalisti amici e dai vescovi amanti dei riflettori è partita la crociata contro i presunti corvi e contro le fake news sulla salute del Papa. I responsabili, ça va sans dire, andrebbero rintracciati tra i soliti conservatori Usa e in fantomatici appartamenti romani. Da sempre, si sa, la malattia di un Pontefice fa scattare la mania del Totoconclave e in questa brutta abitudine non c'entra alcunché la cosiddetta «corrente anti-Bergoglio» evocata ieri dal cardinale Gianfranco Ravasi in un'intervista al Corriere della Sera. Mentre queste ricostruzioni accusatorie restano vaghe ed infondate, chi in questi giorni si è esposto ad immaginare un post-Francesco fa parte di ben altra «corrente».

Proprio il presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura ha rotto il tabù sull'argomento dimissioni, dichiarando a RTL 102.5 che Bergoglio se «si trovasse in una situazione in cui fosse compromessa la sua possibilità di avere contatti diretti di poter comunicare in modo immediato, incisivo e decisivo, allora credo che potrebbe decidere di dimettersi». Parole possibiliste sono state in seguito pronunciate anche dai cardinali Jean-Marc Aveline, Juan José Omella  e Jean-Claude Hollerich. L'arcivescovo di Barcellona e quello di Lussemburgo hanno parlato all'unisono (sebbene il primo sia a Roma e il secondo in patria) dettando apparentemente le loro condizioni ad un futuro eventuale conclave: per loro «la Chiesa va avanti, non si torna indietro» e la strada da seguire è quella «delle riforme da compiere e uno stile sinodale che deve diventare prassi».

Concetti che sembrano dipingere lo scenario post-Bergoglio, a cui evidentemente pensano e che non temono più di evocare, all'insegna della continuità. In effetti, alla Nuova Bussola Quotidiana risulta che ci sia chi starebbe costruendo una candidatura incentrata sulla parola d'ordine dell'attuale pontificato: sinodalità. Per questo gruppo il nome da spendere in Cappella Sistina sarebbe quello del cardinale maltese Mario Grech. Il segretario generale del Sinodo viene considerato più "digeribile" agli elettori incerti rispetto a quello del vero ideologo; Hollerich. Il luogo d'origine al centro del Mediterraneo e i contatti coltivati in questi anni con i vescovi di tutto il mondo per via del lungo cammino sinodale rappresenterebbero, agli occhi dei suoi sostenitori, due valori aggiunti ad un curriculum in cui già compare sia l'esperienza diocesana che quella curiale. In ogni caso, il core business  di un simile pontificato sarebbe l'agenda ultra-liberal di Hollerich. E mentre in determinati appartamenti vista Cupolone comincia a circolare il suo nome, Grech – che da alcune fonti vaticane ci viene descritto maliziosamente come «uno che ci crede» – ha festeggiato due giorni fa il 68esimo compleanno. Chissà se tra i presuli in attesa della torta sarà spuntato fuori l'argomento conclave. Intanto l'età è la stessa che aveva Gioacchino Pecci quando fu eletto col nome di Leone XIII. 

 



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