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GIORNATA DELLA SCUOLA

Il Papa: «Mai la scuola contrapposta alla famiglia»

Alla Giornata della Scuola 2014 erano attese 150mila persone in Piazza San Pietro. Ne sono accorse 300mila. Papa Francesco ha ricordato che, per educare, ci vogliono una famiglia e una comunità, che la scuola può aiutare, ma non sostituire.

Ecclesia 11_05_2014
Festa della scuola

Si aspettavano 150.000 persone, ne sono arrivate almeno 300.000 - ma chi è abituato a contare in Piazza San Pietro e dintorni pensa che fossero perfino di più - per la festa della scuola italiana con Papa Francesco. Un numero di presenze che ha creato qualche problema agli organizzatori - i ritmi della giornata si sono allungati, anche per qualche intervento dei testimoni non proprio brevissimo - e qualche disagio ai partecipanti, che hanno trascorso la giornata sotto un sole cocente: ma che, ancora una volta, testimonia come nella crisi di ogni altra istituzione solo la Chiesa oggi rimanga capace di riempire le piazze.

La scuola è piena di problemi - e anche i vescovi sanno che non si possono dimenticare in Italia le tante, troppe scuole cattoliche costrette a chiudere per mancanza di fondi, in un Paese dove le leggi non le sostengono e non garantiscono una vera libertà di educazione - ma quello di Piazza San Pietro, ha detto il Papa, «non è un lamento, è una festa, una festa per la scuola. Sappiamo bene che ci sono problemi e cose che non vanno, lo sappiamo, ma voi siete qui, noi siamo qui perché amiamo la scuola».

L'amore per la scuola è stato uno dei temi che Papa Francesco ha voluto sottolineare. La scuola va anzitutto amata. «Ho una immagine della mia prima insegnante - ha raccontato il Pontefice - che mi ha aiutato a crescere, quella maestra che mi ha preso a sei anni al primo livello della scuola, mai ho potuto dimenticarla, lei mi ha fatto amare la scuola e poi sono andato a trovarla per tutta la vita, e sono andato a trovarla fino a che è mancata a 98 anni, è lei che mi ha insegnato ad amare la scuola». «Per favore - ha aggiunto il Papa - non lasciamoci rubare l'amore per la scuola».

Ma la scuola riuscirà a farsi amare, ha spiegato Papa Francesco, se saprà proporre una vera educazione e un'«apertura alla realtà», superando ogni schematismo ideologico. Il Pontefice ha proposto ai tantissimi ragazzi che affollavano la piazza e Via della Conciliazione un percorso educativo esigente  fondato sulla lealtà. Fra i testimoni che lo hanno salutato raccontando i loro ricordi di scuola ha citato il ginnasta Jury Chechi, il quale aveva affermato che «ė più bella una sconfitta pulita che una vittoria sporca». «Ricordatelo - ha detto il Papa -, questo ci farà bene per la vita». «L'educazione non è mai neutra. O fa crescere la persona o la deprime. Può perfino corromperla».

La scuola trasmette certamente nozioni, ma deve trasmettere anzitutto un metodo. Citando don Lorenzo Milani (1923-1967), da cui i vescovi avevano tratto il motto della giornata, «We care» (Ci interessa), una figura certo controversa per diverse posizioni culturali e politiche ma che il Papa ha voluto ricordare come «grande educatore italiano», Francesco ha affermato che «se uno ha imparato a imparare, è questo il segreto, gli rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà».

Occorre, ha aggiunto il Pontefice, che l'educazione non separi mai il vero dal bene e dal bello. «Se studio Piazza San Pietro - ha spiegato - apprendo cose di architettura, di storia, di religione, di astronomia, l'obelisco richiama il sole, ma pochi sanno che questa piazza è anche una grande meridiana». La scuola educa se fa capire che «le tre dimensioni» del vero, del bene e del bello «non sono mai separate, ma sempre intrecciate. Se una cosa è vera, è buona ed è bella. Se è bella, è buona ed è vera e se è buona, è vera ed è bella». E insieme «questi elementi ci fanno crescere e ci aiutano ad amare la vita, anche quando stiamo male, anche in mezzo ai problemi. La vera educazione ci fa amare la vita e ci apre alla pienezza della vita»: la «missione della scuola è di sviluppare il senso del vero, del bene e del bello».

In pratica questa unità di verità, bontà e bellezza nell'educazione diventa possibile in un «cammino ricco» dove diverse forme d'insegnamento «agiscono insieme e stimolano l'intelligenza, la coscienza, l'affettività, il corpo». «Una persona matura deve saper parlare tre lingue: la lingua della mente, del cuore e delle mani. Cioè pensare quello che tu senti e quello che tu fai; sentire bene quello che tu pensi e quello che tu fai; e fare bene quello che tu pensi e quello che tu senti. Le tre lingue, armoniose e insieme!».

Ma perché tutto questo non rimanga un bel sogno, e la scuola sia veramente un invito al vero, al buono e al bello - mai separati, sempre uniti -, è necessario, ha sottolineato il Papa, che la scuola non si opponga mai alla famiglia ma la coadiuvi e la rispetti. «La famiglia - ha detto Francesco - è il primo nucleo di relazioni: la relazione con il padre e la madre e i fratelli è la base, e ci accompagna sempre nella vita». La scuola «è la prima società che integra la famiglia. La famiglia e la scuola non vanno mai contrapposte! Sono complementari, e dunque è importante che collaborino, nel rispetto reciproco».

Papa Francesco ha lasciato alla grande folla di Roma «un proverbio africano tanto bello: "Per educare un figlio ci vuole un villaggio"». Ci vogliono la famiglia e una comunità, che la scuola deve aiutare ma non può mai sostituire.