Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Cecilia a cura di Ermes Dovico
VISITA

Il Papa insegna a Milano la centralità delle periferie

La giornata a Milano di Papa Francesco è stato l'incontro con un popolo, vissuto con le caratteristiche proprie del papa venuto quasi dalla fine del mondo: la semplicità e alcuni temi che sono quasi il ritornello del pontificato. Come quello delle periferie: vedi la visita alle "Case bianche" e al carcere di San Vittore. Grande afflusso di gente al Parco di Monza per la messa e entusiasmo tra i cresimandi a San Siro.
- CON PIETRO, CONTRO I "PAPISTI", di Riccardo Cascioli

Ecclesia 26_03_2017
Il Papa nel Parco di Monza

La giornata a Milano di Papa Francesco è stato l'incontro con un popolo, vissuto con le caratteristiche proprie del papa venuto quasi dalla fine del mondo: la semplicità e alcuni temi che sono quasi il ritornello del pontificato. 

Parte dalle periferie della Case bianche in via Salomone, quartiere Forlanini, in una giornata graziata dal sole splendente. Sul piazzale di questi palazzi costruiti negli anni '70 e oggi abitati da un migliaio di persone, Francesco rivolge le sue prime parole a una delle diocesi più grandi del mondo. Dalla periferia al centro, come ha ripetuto in tante occasioni in questi quattro anni; è la prospettiva preferita dal Papa per guardare alla realtà e alla Chiesa.

I gesti, le parole, le scelte precise delle tappe della giornata milanese, dicono una volta in più quale vuole essere il messaggio di fondo di questo papato, ossia che «la fede per essere cristiana e non illusoria deve configurarsi all'interno dei processi umani senza ridursi ad essi». 

Il bagno nell'umanità così com'è, soprattutto nei poveri e negli emarginati, piace molto al Papa e lo compie con gesti eloquenti. Il pontefice che entra in casa di tre famiglie non è cosa usuale; il papa che si fa passare al telefono la padrona di casa in ospedale e le dice «Come va? Bisogna offrire gli acciacchi e i dolori al Signore. Un abbraccio»; il Papa che va a casa della famiglia di immigrati musulmani; Francesco che pranza coi carcerati. 

È «la sollecitudine della Chiesa», dice al mattino nel piazzale delle Case bianche, «che non rimane nel centro ad aspettare, ma va incontro a tutti, nelle periferie, va incontro anche ai non cristiani, anche ai non credenti…; e porta a tutti Gesù, che è l’amore di Dio fatto carne, che dà senso alla nostra vita e la salva dal male». 

In piazza Duomo saluta il clero milanese e poi entra in cattedrale, sosta davanti al Santissimo e alle spoglie di san Carlo Borromeo, poi risponde ad alcune domande di sacerdoti e consacrati. È il momento più “istituzionale” della giornata. Il Papa dice ai suoi che «non dobbiamo temere le sfide ed è bene che ci siano. (...) Dobbiamo piuttosto temere una fede senza sfide, una fede che si ritiene completa, come se tutto fosse stato detto e realizzato. Le sfide ci aiutano a far sì che la nostra fede non diventi ideologica». Un altro tema a lui caro è quello dell'unità nella pluriformità e invita a praticarla, insieme a «una scelta che come pastori non possiamo eludere: formare al discernimento».

Dopo l'Angelus in piazza il Papa è andato a San Vittore, il carcere di piazza Filangeri che ospita circa 900 detenuti. È rimasto tre ore insieme ai detenuti, ha mangiato con loro e si è riposato per circa una mezz'ora nella stanzetta del cappellano del carcere. «Gesù ha detto: “Ero carcerato e tu sei venuto a visitarmi”. Voi per me siete Gesù, siete fratelli. Io non ho il coraggio di dire a nessuna persona che è in carcere: “Se lo merita”. Perché voi e non io? Il Signore ama me quanto voi, lo stesso Gesù è in voi e in me, noi siamo fratelli peccatori». 

Nel pomeriggio il bagno di folla, secondo la diocesi circa 1 milione i presenti per la santa Messa nel parco di Monza. L'omelia prende spunto dal vangelo di Luca sull'annunciazione a Maria per tornare ancora sul tema prediletto delle periferie. «L’annunciazione di Gesù (...) avviene in un luogo sperduto della Galilea, in una città periferica e con una fama non particolarmente buona, nell’anonimato della casa di una giovane chiamata Maria», questo ci segnala «che il nuovo Tempio di Dio, il nuovo incontro di Dio con il suo popolo avrà luogo in posti che normalmente non ci aspettiamo, ai margini, in periferia». Come Maria possiamo restare sorpresi da questo irrompere di Dio e però fermarci alle nostre speculazioni, «sulla vita, sul lavoro, sulla famiglia. Si specula sui poveri e sui migranti; si specula sui giovani e sul loro futuro. Tutto sembra ridursi a cifre, lasciando, per altro verso, che la vita quotidiana di tante famiglie si tinga di precarietà e di insicurezza. Mentre il dolore bussa a molte porte, mentre in tanti giovani cresce l’insoddisfazione per mancanza di reali opportunità, la speculazione abbonda ovunque».

Per vincere lo scoraggiamento occorre fare «memoria», «ricordare che siamo membri del Popolo di Dio» (formato da mille volti, storie e provenienze, un popolo multiculturale e multietnico), e, infine, che «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37). Perché, ha concluso, «Dio continua a percorrere i nostri quartieri e le nostre strade, si spinge in ogni luogo in cerca di cuori capaci di ascoltare il suo invito e di farlo diventare carne qui ed ora. Parafrasando sant’Ambrogio nel suo commento a questo brano possiamo dire: Dio continua a cercare cuori come quello di Maria, disposti a credere persino in condizioni del tutto straordinarie».

La lunga e densa giornata si è conclusa con un lungo momento allo stadio San Siro in compagnia dei cresimati 2016 e cresimandi 2017, insieme alle loro famiglie ed educatori. Il Papa si è lasciato andare a lunghi interventi anche a braccio, coinvolgendo spesso i ragazzi in un botta e risposta.

Al termine un appello contro il bullismo, «per favore, non praticate il bullismo e impedite che avvenga!», mentre prima si era rivolto ai genitori affinché riconoscano «la responsabilità di far crescere nella fede» i bambini, e li ha avvertiti che «quando i genitori litigano i bambini soffrono e non crescono nella fede». Immancabile il riferimento ai nonni come maestri di fede, «anche se sono vecchi, non hanno il telefonino e non sanno usare il pc». Agli educatori che vogliono essere tali, il Papa ha detto di «mostrare [ai ragazzi] come la fede ci aiuta ad andare avanti, ad affrontare tanti drammi che abbiamo, non con un atteggiamento pessimista ma fiducioso».

Parla parole semplici Francesco, compie gesti che a volte spiazzano. È un papa sudamericano che viene dalla fine del mondo, e da lì guarda al centro con una prospettiva diversa.