Il Papa in Mongolia si porta dietro l'"affaire Ucraina"
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Francesco parte oggi per Ulaanbataar, una meta geopolitica piuttosto distante dalla sensibilità antirussa, con l'eco ancora viva delle polemiche dei giorni scorsi.
Sulla scia delle polemiche per gli elogi alla «grande Russia di Pietro I e Caterina II», il Papa si appresta oggi a partire per il viaggio apostolico in Mongolia. Le conseguenze delle parole pronunciate venerdì scorso in videocollegamento con i giovani cattolici russi non sono state limitate dall'intervento della Sala Stampa della Santa Sede e della nunziatura apostolica a Kiev: ieri, infatti, è arrivata la durissima reazione di Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente Volodymyr Zelensky, che a Lorenzo Cremonesi del Corriere della Sera ha parlato di «discorso distruttivo per l’umanesimo contemporaneo» denunciando come il Pontefice «ancora una volta, sia stato strumento della propaganda russa».
Ancora una volta: tre parole che rivelano l'insofferenza ucraina, trattenuta a stento in questi quasi due anni di conflitto, per le dichiarazioni di Francesco sull'invasione russa e che è emersa con forza in quest'occasione. Ma le proporzioni dell'incidente diplomatico provocato dalle parole papali si sono ulteriormente allargate in queste ore come dimostra la decisione del governo lituano di convocare il nunzio apostolico a Vilnius.
La meta stessa del 43° viaggio apostolico denota da parte del Pontefice una sensibilità geopolitica molto distante dalla fermezza antirussa dei Paesi Baltici. La Mongolia, infatti, è una nazione cerniera tra Russia e Cina ed è fuori dagli schemi da nuova Guerra Fredda se non altro per la privilegiata partnership economico-commerciale con i suoi due ingombranti vicini. Il Papa che vorrebbe andare a Mosca e a Pechino ma che (ancora) non può farlo, ha deciso di visitare la capitale che è a metà strada tra entrambe.
Francesco, peraltro, arriva a Ulaanbataar un anno dopo essere stato in Kazakistan, altra terra confinante con Russia e Cina e con una politica estera ad esse tutt'altro che ostile. Ad Astana, pur saltando il secondo incontro con il patriarca di Mosca ci fu un faccia a faccia tra il Papa ed il metropolita Antonij di Volokolamsk che del patriarcato moscovita è il responsabile delle relazioni estere; ad Ulaanbataar il dialogo con la Chiesa ortodossa russa proseguirà nell'incontro ecumenico ed interreligioso previsto per domenica all'Hun Theatre in cui Francesco vedrà padre Anatoly Gussev, parroco dell'unica cattedrale russo-ortodossa.
Quella mongola è una delle più piccole comunità cattoliche del mondo con poco più di un migliaio di fedeli. Francesco la incontrerà sabato nella cattedrale dei santi Pietro e Paolo, accolto dal cardinale Giorgio Marengo che è a capo della prefettura apostolica di Ulaanbaatar. Il più giovane membro del collegio cardinalizio faceva parte del primo gruppo di missionari e missionarie della Consolata arrivato in Mongolia nel 2003. Undici anni prima, il 10 luglio 1992, la prima missione cattolica in terra mongola formata da tre membri della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria.
Una possibilità che si venne a creare nel 1990 con il ripristino della libertà religiosa, in un Paese a maggioranza buddista, dopo la fine del regime comunista sotto l'influenza sovietica (sebbene il partito comunista nazionale vinse le elezioni e governò fino al 1996). Il lavoro di evangelizzazione iniziato allora ha fatto sì che oggi siano circa 1500 i cattolici in Mongolia e che nel 2016 ci sia stata nella cattedrale di Ulaanbaatar la consacrazione del primo prete nativo, Joseph Enkh-Baatar. Nella mattinata di lunedì, prima di tornare a Roma, il Papa inaugurerà nel quartiere popolare Bayangol la Casa della Misericordia, una struttura d'accoglienza per donne e minori vittime di violenze e che avrà anche un pronto soccorso medico per i senza fissa dimora.
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