Il Papa in Marocco: “Continui il dialogo con i musulmani”
Si è concluso il viaggio in Marocco di Francesco, che ha esortato a proseguire il dialogo tra cristiani e musulmani, sostenendo che “le vie della missione non passano attraverso il proselitismo”. Significativo l’incontro con padre Schumacher, ultimo sopravvissuto alla strage dei monaci di Tibhirine.
- DUE GIORNI ALL'INSEGNA DELLA CHIESA "APERTA" di Souad Sbai
La Messa celebrata ieri pomeriggio nello stadio di Rabat intitolato al Principe Moulay Abdellah ha rappresentato l’ultimo atto della due giorni di papa Francesco in terra maghrebina. Commentando il Vangelo nella sua omelia, Bergoglio ha messo in guardia i fedeli presenti dalla “tentazione di credere” che l’odio e la vendetta siano “forme legittime per ottenere giustizia in modo rapido ed efficace”. Il pontefice argentino ha osservato che “l’esperienza ci dice che l’odio, la divisione e la vendetta non fanno che uccidere l’anima della nostra gente, avvelenare la speranza dei nostri figli, distruggere e portare via tutto quello che amiamo”.
Per evitare di cadere in un simile errore è sufficiente “guardare e contemplare il cuore del Padre”; solo con l’ingresso in quest’orizzonte più ampio sarà possibile “entrare in una dinamica che ci permetta di guardare e di osare vivere non come nemici, ma come fratelli”, ha avvertito Francesco. Nella parte finale della sua omelia, il papa ha ringraziato i fedeli cattolici del Marocco per il modo in cui danno “testimonianza del Vangelo della misericordia in queste terre” e ha incoraggiato tutti a continuare sulla “via del dialogo tra cristiani e musulmani e a collaborare anche perché questa fraternità si renda visibile, si renda universale, perché ha la sua fonte in Dio”.
Prima della Messa allo stadio di Rabat, la giornata del papa era stata segnata dalla visita privata al periferico Centro rurale di servizi sociali di Témara, amministrato dalle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli e specializzato nella cura degli ustionati, e dall’incontro con i vescovi e con il clero locali nella Cattedrale di San Pietro. Qui Francesco ha potuto salutare anche padre Jean-Pierre Schumacher, l’ultimo sopravvissuto (dopo la morte di padre Amedée Noto) all’eccidio dei monaci di Tibhirine in Algeria: nella notte tra il 26 ed il 27 marzo del 1996, infatti, un commando di terroristi del Gruppo Islamico Armato fece irruzione nel monastero dei Trappisti di Notre Dame dell’Atlante e sequestrò sette dei nove monaci presenti, uccisi il 21 maggio seguente. Le sette vittime sono state proclamate beate lo scorso 8 dicembre insieme ad altri 12 martiri che persero ugualmente la vita negli anni della sanguinosa guerra civile algerina.
Nel corso della cerimonia di ieri, Bergoglio si è avvicinato all’anziano padre Schumacher, baciandogli la mano, tra gli applausi dei presenti. Rivolgendosi ai religiosi e alle religiose del Marocco, il pontefice ha sostenuto che “le vie della missione non passano attraverso il proselitismo”. Quest’ultimo porterebbe sempre “a un vicolo cieco”, secondo il papa, il quale ha aggiunto che “il problema non è essere poco numerosi, ma essere insignificanti [...] perché essere cristiano non è aderire a una dottrina, né a un tempio, né a un gruppo etnico; essere cristiano è un incontro, un incontro con Gesù Cristo. Siamo cristiani perché siamo stati amati e incontrati e non frutti di proselitismo”. Al clero locale, infine, il papa ha chiesto di proseguire sulla strada dell’“ecumenismo della carità”, una “via di dialogo” con quelli che ha definito “nostri fratelli e sorelle musulmani” e “con tutte le persone di buona volontà”.