Il Papa e l'imam Al Tayyeb, "l'incontro è il messaggio"
L'imam dell'università di Al Azhar del Cairo, Ahmed al-Tayyeb, ha incontrato Papa Francesco dopo cinque anni di gelo con la Santa Sede. Aveva posto precise condizioni: "parlar male dell'islam in modo negativo rappresenta la linea rossa". Al Tayyeb, dal canto suo, non condanna il terrorismo in tutti i casi...
"Il nostro incontro è il messaggio". Questa la frase rimbalzata ieri dopo l’incontro, definito storico tra Papa Francesco e Ahmed al-Tayyeb, l’imam dell’Università islamica del Cairo. Inoltre, come riferisce una nota del Vaticano, il Papa e l’imam “hanno rilevato il grande significato di questo nuovo incontro nel quadro del dialogo fra la Chiesa cattolica e l'Islam” e si sono intrattenuti “principalmente sul tema del comune impegno delle autorità e dei fedeli delle grandi religioni per la pace nel mondo, il rifiuto della violenza e del terrorismo, la situazione dei cristiani nel contesto dei conflitti e delle tensioni nel Medio Oriente e la loro protezione.”
In primo luogo va precisato che ieri in Vaticano si sono incontrati il Papa della Chiesa Cattolica e l’imam di una delle più prestigiose università islamiche, ma non certamente il Rappresentante dell’islam. Inoltre il legame di al-Azhar con il governo egiziano rende l’istituzione ancor meno rappresentativa in un periodo in cui il mondo sunnita è lacerato da divisioni politiche che vedono, ad esempio, la Fratellanza musulmana, messa al bando in Egitto, considerare l’imam dell’ateneo e il Gran Mufti d’Egitto come alleati del “tiranno” El Sisi.
L’incontro può definirsi storico, poiché dopo il “gelo” seguito alla lectio magistralis di Benedetto XVI a Ratisbona nel 2006, l’Università di Al-Azhar aveva deciso l’interruzione della propria collaborazione con la Santa Sede a gennaio del 2011, quando lo stesso Benedetto XVI aveva citato l’attentato contro la cattedrale copta di Alessandria tra i motivi per i quali è «urgente necessità per i governi della Regione di adottare, malgrado le difficoltà e le minacce, misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose». La dichiarazione del Pontefice emerito fu considerata un’ingerenza esterna poco gradita e poco opportuna.
Nel giugno 2013 Mahmud Abdel Gawad, inviato diplomatico dell’università islamica di Al-Azhar presso la Santa Sede dichiarava: “I problemi che abbiamo avuto non erano con il Vaticano, ma con il precedente Papa. Ora le porte di al-Azhar sono aperte. Francesco è un nuovo Papa. Ora attendiamo da lui un passo in avanti. Se in uno dei suoi discorsi dichiarasse che l’islam è una religione di pace, che i musulmani non cercano violenza né guerra, sarebbe un progresso.” Nella stessa occasione Gawad escludeva un eventuale incontro tra le tre religioni monoteistiche perché al-Azhar avrebbe partecipato a “nessun incontro con gli israeliani”. Evidenti la rigidità, la circospezione, ma soprattutto la richiesta di dimostrare buoni intenti nei confronti dell’islam.
Martedì 17 settembre 2013 il nuovo nunzio apostolico in Egitto, monsignor Jean-Paul Gobel, incontrò il Grande Imam di al-Azhar, Ahmad al-Tayyeb, compiendo un ennesimo passo verso il tanto auspicato disgelo tra il Vaticano e l’università islamica del Cairo. Disgelo iniziato con l’elezione di Papa Francesco vista di buon grado dal mondo islamico.
Dopo l’elezione di Papa Francesco, il Grande imam aveva immediatamente auspicato che il neo-pontefice fornisse segnali di distensione. Segnali prontamente dati in più occasioni, compresa la lettera di Papa Francesco ad al-Tayyeb consegnata dal nunzio. In quella occasione, Padre Hani Bakhoum, segretario del Patriarcato di Alessandria dei copti cattolici, aveva dichiarato che la missiva era «un modo di esprimere il profondo sentimento di stima e affetto che la Chiesa cattolica, la Santa Sede e il Papa hanno nei confronti di tutti i musulmani e in particolare di al-Azhar, che è l’istituzione più rappresentativa dell’islam sunnita moderato» e che «sicuramente questa lettera aiuterà con il tempo a mettere da parte ogni incomprensione e anche a riprendere il dialogo bilaterale con la Santa Sede».
Purtroppo l’ottimismo di padre Hani Bakhoum venne smorzato dalla controparte musulmana che pochi giorni dopo emise un comunicato, ripreso da molti organi di stampa arabi, in cui da un lato si esprimeva compiacimento, ma al contempo si ponevano ancora una volta condizioni e si facevano precisazioni tra cui spiccava che «parlare dell’islam in modo negativo rappresenta la linea rossa».
L’incontro in Vaticano corrisponde quindi a un esame superato da Papa Francesco che più volte ha disteso la mano, ha più volte incontrato musulmani nelle carceri e tra i migranti e comunità islamiche coinvolgendole nel dialogo interreligioso, ha invitato il controverso Gran Mufti di Gerusalemme in Vaticano, talvolta ha dimenticato le differenze tra Corano e Bibbia pur di trovare punti in comune con l’islam.
Un passo in avanti quindi, ma l’impegno a combattere il terrorismo insieme forse sarà più arduo poiché sottintenderebbe una concezione univoca della sacralità della vita. Ebbene l’imam egiziano è noto per avere affermato che “la soluzione al terrore israeliano risiede nella proliferazione degli attacchi suicidi che diffondono terrore nel cuore dei nemici di Allah” e che “i paesi, governanti e sovrani islamici devono sostenere questi attacchi di martirio”. Tayyeb è stato duramente attaccato in un rapporto del Congresso americano proprio per la sua giustificazione degli attentati suicidi poiché “le operazioni di martirio in cui i palestinesi si fanno esplodere sono permesse al cento per cento secondo la legge islamica.”
Sarebbe auspicabile una riflessione aperta e onesta su questo argomento, un vero messaggio poiché per la religione cattolica – a meno che non venga offuscata da ideologie e questioni politiche – la sacralità della vita non ha né se né ma, mentre per l’imam, il relativismo della sacralità della vita è un argomento troppo ricorrente.