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LA POLEMICA

Il Papa come sovrano assoluto? I deliri di un canonista

Il mondo non è un'unica diocesi con a capo il Papa e la sussidiarietà è un principio di diritto naturale. E non esiste il concetto di "quasi infallibile". Il cardinale Zen risponde a concetti erronei che stanno prendendo piede nella Chiesa

Ecclesia 07_02_2025
Il cardinale Zen

Ripubblichiamo un articolo del cardinale Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong, tratto dal suo blog, perché confuta le tesi di un canonista che sono indicative di una tendenza di alcuni teologi progressisti: pensano di sostenere l'attuale pontificato teorizzando i poteri assoluti del Papa.

Ripulendo le pile di articoli, che ho letto, sulla mia scrivania, ho trovato un articolo sull’autorità del Papa scritto da un sedicente “avvocato canonista alle prime armi” nel novembre dello scorso anno, e da tempo desideravo scambiare due parole con questo “principiante del diritto canonico”. Oggi, all’inizio di questo Anno Giubilare, vorrei scrivere qualche parola, senza temere che mi metta nel gruppo degli sciocchi che “non sanno troppo di diritto canonico”.

Ha affermato: “Tutta La Chiesa è come una (unica) diocesi del Papa. Il principio di sussidiarietà non è in vigore in questa materia.” Ha anche detto: “Questo è chiaramente spiegato dalla Lumen Gentium (la Costituzione sulla Chiesa del Vaticano II, di seguito indicato come L.G.).”
Temo che nemmeno il cardinale Ghirlanda, S.J. oserebbe riconoscere questo giovane canonista come suo allievo.

1. La “Lumen Gentium” porta a termine il compito interrotto nel Vaticano I. Dopo che il Vaticano I ha approvato il dogma dell’infallibilità del Papa, il Vaticano II ha completato in dettaglio gli insegnamenti sul Collegium Apostolorum e sul Collegium Episcoporum.
Alla fine della L.G. 20 si legge chiaramente: “come l’ufficio concesso individualmente a Pietro, primo tra gli apostoli, è permanente e deve essere trasmesso ai suoi successori, così anche l’ufficio degli apostoli di guidare la Chiesa è permanente e deve essere esercitato senza interruzione dal sacro “Collegium” dei vescovi. Perciò il Sacro Concilio insegna che i vescovi, per istituzione divina, sono succeduti al posto degli apostoli, come pastori della Chiesa, e chi li ascolta, ascolta Cristo, e chi li rifiuta, rifiuta Cristo e Colui che ha mandato Cristo” (la Chiesa usa i termini “Concilio” e “Sinodo” in modo intercambiabile, Il Concilio Vaticano II si è chiamato “Haec Sacrosancta Synodus”).

La L.G. dice più chiaramente nella sezione 27: “I Vescovi, come vicari e ambasciatori di Cristo, governano le Chiese particolari loro affidate con il consiglio, l’esortazione, l’esempio e anche con la loro autorità e sacra potestà, di cui si servono solo per l’edificazione del loro gregge nella verità e nella santità, ricordando che chi è più grande deve diventare come il più piccolo e chi è il capo come il servo. Questo potere, che essi esercitano personalmente in nome di Cristo, è proprio, ordinario e immediato, anche se il suo esercizio è regolato in ultima istanza dalla suprema autorità della Chiesa e può essere circoscritto da alcuni limiti, a vantaggio della Chiesa o dei fedeli.

L’ufficio pastorale o la cura abituale e quotidiana delle loro pecorelle è affidato completamente a loro; né devono essere considerati come vicari dei Romani Pontefici, perché esercitano un’autorità che è loro propria, e sono giustamente chiamati “prelati”, capi del popolo che governano“. (I Vescovi sono nominati dal Papa, ma la loro autorità divina viene da Dio, così come il Papa è eletto dai Cardinali, ma la sua autorità divina viene da Dio).

2. Per quanto riguarda il principio di sussidiarietà, si tratta fondamentalmente di un principio di diritto naturale, che in una grande organizzazione come la Chiesa è tanto più necessario rispettare. Se il vescovo di una diocesi la gestisce “con competenza”, il Papa e i “funzionari” centrali della Chiesa non dovrebbero interferire troppo. Se un vescovo si rivela incompetente, il Papa e i funzionari centrali dovrebbero trattare con lui in modo rigoroso secondo il processo disciplinare.
D’altra parte, è opportuno che il Papa, anche nell’esercizio della sua autorità “infallibile”, consulti i suoi fratelli vescovi, che sono gli eredi del Collegium degli Apostoli. In due occasioni nella storia, il Papa ha usato la sua “Ex Cathedra” autorità (la Proclamazione dell’Immacolata Concezione e l’Assunzione in Cielo del Corpo e dell’Anima della Vergine Maria), dopo aver consultato ampiamente i vescovi del mondo ed i teologi delle università cattoliche. Questo è un buon esempio.

3. E questo avvocato canonico “alle prime armi” continua: “per quanto riguarda il Sinodo e chi può parteciparvi, si va al 460 del Codice di Diritto Canonico”.
Naturalmente, siccome egli considera il Papa come “Vescovo dell’unica diocesi del mondo” ed il Sinodo che si svolge nella diocesi è il “Sinodo diocesano”, di cui si parla nella Pars II, sectio II, titulus III, cap. I del Diritto Canonico (460-468).

Ma il Papa non è il vescovo dell’unica diocesi del mondo! E il Sinodo più recente non è affatto un Sinodo diocesano! Del Sinodo dei vescovi si pala nel Codice di Diritto Canonico Pars II, sezione I, cap. II (342-348)!
Codice di Diritto Canonico 346 §1: “Il sinodo dei vescovi riunito in Assemblea generale ordinaria è composto da membri di cui la maggior parte sono vescovi eletti dalle conferenze dei vescovi secondo il metodo determinato dalla legge del sinodo; altri Vescavi sono designati della stessa legge; ancora altri sono nominati direttamente dal Romano Pontefice; a questi si aggiungono alcuni membri (Superiori Generali) di istituti religiosi clericali, eletti a norma della stessa legge”. (Questi ultimi membri non-episcopali, sono come gli Abati dei monasteri della Chiesa primitiva, che avevano molti chierici sotto la loro giurisdizione, sono simili ai vescovi, protano la mitra e tengono il pastorale nella liturgia).
È “creativo” permettere ai non-vescovi (laici e laiche) di partecipare al Sinodo dei vescovi con diritto di voto. Ma il diritto canonico non incoraggia mai la “creatività”, esige una stretta osservanza!

4. Nella conclusione di quel “capolavoro”, il nostro “esperto in legge” arriva a dire che “qualsiasi cosa egli (il Papa) dica sulla fede e sulla morale, diventa immediatamente ‘quasi infallibile'”.
Il Codice di Diritto Canonico non usa mai il “quasi”; non stanno insieme il “quasi” e “l’infallibilità”; “quasi infallibile” è ancora fallibile!