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ORDINAZIONI

Il Papa ai sacerdoti: "Non siete padroni della dottrina"

Papa Francesco: spetta ai sacerdoti leggere e studiare la Scrittura e i testi dove la Chiesa espone la sua dottrina «per credere ciò che avete letto, insegnare ciò che avete appreso nella fede, vivere ciò che avete insegnato».

Ecclesia 12_05_2014
Ordinazioni sacerdotali

Domenica 11 maggio 2014, Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, Papa Francesco ha ordinato tredici nuovi sacerdoti provenienti dall’Italia, dall’America Latina e dall’Asia, e ha proposto nell’omelia e nel Regina Coeli due meditazioni sul sacerdote, che deve offrire ai fedeli «la guida della dottrina e della grazia»: non la sua dottrina, ma quella della Chiesa.

Al Regina Coeli il Papa ha citato san Cesario di Arles (470-543), un monaco e vescovo del sesto secolo, che paragonava il sacerdote alla mucca che dà al vitellino, il fedele, il triplice latte della dottrina, della grazia e della guida. Il sacerdote, spiegava quel santo vescovo, può dare questo latte, ma è bene che i fedeli glielo chiedano esplicitamente. «Quando il vitellino ha fame – così ha riassunto il Pontefice il pensiero di san Cesario – va dalla mucca, dalla madre, a prendere il latte. La mucca, però, non lo dà subito: sembra che se lo trattenga per sé. E cosa fa il vitellino? Bussa col suo naso alla mammella della mucca, perché venga il latte». «Così voi – scriveva il santo rivolgendosi ai laici – dovete essere con i pastori: bussare sempre alla loro porta, al loro cuore, perché vi diano il latte della dottrina, il latte della grazia e il latte della guida». E il Papa chiede ai fedeli «per favore, di importunare i pastori, di disturbare i pastori, tutti noi pastori, perché possiamo dare a voi il latte della grazia, della dottrina e della guida. Importunare! Pensate a quella bella immagine del vitellino, come importuna la mamma perché gli dia da mangiare».

Nell’omelia il Papa ha ribadito la distinzione tra sacerdozio comune dei fedeli e sacerdozio ministeriale. È vero, «tutto il popolo santo di Dio è stato costituito popolo sacerdotale. Nondimeno, tra tutti i suoi discepoli, il Signore Gesù vuole sceglierne alcuni in particolare, perché esercitando pubblicamente nella Chiesa in suo nome l’ufficio sacerdotale a favore di tutti gli uomini, continuassero la sua personale missione di maestro, sacerdote e pastore». Ai sacerdoti in senso stretto spetta in modo speciale «edificare il corpo di Cristo, che è la Chiesa, in popolo di Dio e tempio santo dello Spirito», in quanto «configurati a Cristo sommo ed eterno sacerdote, ossia consacrati come veri sacerdoti del Nuovo Testamento».

I sacerdoti, ha detto il Papa, sono «maestri in quanto partecipi della missione di Cristo, unico maestro». Spetta dunque ai sacerdoti leggere e studiare la Scrittura e i testi dove la Chiesa espone la sua dottrina «per credere ciò che avete letto, insegnare ciò che avete appreso nella fede, vivere ciò che avete insegnato». Attenzione, però, ha ammonito Papa Francesco rivolto ai nuovi sacerdoti: dovrete essere sempre consapevoli di predicare una dottrina «che non è vostra: voi non siete padroni della dottrina! È la dottrina del Signore, e voi dovete essere fedeli alla dottrina del Signore!». È la dottrina che viene dalla «casa di Dio, che è la Chiesa», non una dottrina che ogni sacerdote potrebbe inventarsi a piacimento o desumere dalle mode del mondo.

Il Pontefice ha anche voluto ricordare ai sacerdoti che la Messa è «il sacrificio di Cristo, che per le vostre mani in nome di tutta la Chiesa viene offerto in modo incruento sull’altare nella celebrazione dei santi misteri. Riconoscete dunque ciò che fate, imitate ciò che celebrate, perché partecipando al mistero della morte e risurrezione del Signore, portiate la morte di Cristo nelle vostre membra e camminiate con lui in novità di vita».

Infine, come fa sempre, il Papa ha esortato i sacerdoti a dedicare tempo e spazio nella loro vita al sacramento della Confessione. E a prepararsi a questo ministero delicato, dove da una parte dovranno tenere ferma la dottrina della Chiesa, senza sostituirla con una inventata da loro, dall’altra dovranno avere «quella capacità di perdono che ha avuto il Signore, che non è venuto a condannare, ma a perdonare! Abbiate misericordia, tanta!». Papa Francesco ha citato un santo confessore «che andava davanti al tabernacolo e diceva: “Signore, perdonami se ho perdonato troppo. Ma sei tu che mi hai dato il cattivo esempio!”». «A me fa tanto dolore – ha aggiunto il Pontefice – quanto trovo gente che non va più a confessarsi perché è stata bastonata, sgridata. Hanno sentito che le porte delle chiese gli si chiudevano in faccia! Per favore, non fate questo: misericordia, misericordia! Il buon pastore entra per la porta e la porta della misericordia sono le piaghe del Signore: se voi non entrate nel vostro ministero per le piaghe del Signore, non sarete buoni pastori».

Nello stesso tempo, il sacerdote e confessore dovrà sempre essere consapevole della chiamata a trasmettere la genuina «dottrina del Signore» e del comando di Gesù per cui dobbiamo «piacere a Dio e non a voi stessi». Se guardiamo a noi stessi e alle nostre idee personali e non alla Chiesa siamo – il Papa ricorda le parole di sant’Agostino (354-430) – falsi pastori che Dio non riconoscerà come suoi. Coniugare verità e integrità della dottrina e una misericordia che accoglie, comprende e non «bastona» può sembrare qualche volta difficile. Ma è il modo con cui generazioni di santi sacerdoti e confessori hanno edificato la Chiesa.