Il nuovo Dpcm, colpo di grazia sul Natale degli italiani
Più divieti che deroghe nel nuovo Dpcm che entra in vigore oggi. Un coacervo di norme discutibili e incoerenti, contestate dalla Conferenza Stato-Regioni e perfino da settori della maggioranza e da alcuni virologi. Non potrà non risentirne il turismo. Il clima generale di restrizioni affosserà definitivamente i consumi e provocherà una ulteriore depressione del sistema socio-economico. Con buona pace di chi racconta che vaccino e Recovery Fund ci salveranno dal baratro.
Più divieti che deroghe. Un coacervo di norme alquanto discutibili e incoerenti, contestate dalla Conferenza Stato-Regioni e perfino da settori della maggioranza e da alcuni virologi. Il nuovo dpcm emanato dal Governo, che entra in vigore oggi e che si collega al decreto legge emanato ieri, per mettere al riparo l’esecutivo da ricorsi di qualsiasi tipo, detta le regole per il Natale degli italiani e segna una ulteriore drastica riduzione delle libertà personali in nome della difesa (ma meglio si direbbe dell’idolatria) del diritto alla salute.
Per oltre un mese resterà il coprifuoco alle 22, anche la sera di Natale e dell’ultimo dell’anno, e dal 21 dicembre al 6 gennaio il territorio nazionale diventerà praticamente blindato e senza la possibilità di essere percorso dai cittadini italiani, che dovranno rimanere nella loro regione e non potranno ricongiungersi neppure ai propri famigliari che magari non vedono da mesi o che, nel maledetto anno della pandemia, non hanno visto neppure d’estate.
Ha vinto la linea rigorista dei ministri Roberto Speranza (Salute), Francesco Boccia (Affari regionali) e Dario Franceschini (Ministero beni culturali); ha perso quella più aperturista del premier Giuseppe Conte, che fa buon viso a cattivo gioco e vede sgretolarsi ogni giorno che passa il suo gradimento personale nei sondaggi; hanno perso quelle aree di centrosinistra come Italia Viva che ora paventano il rischio di disperdere ogni residuo patrimonio di credibilità agli occhi di commercianti, imprenditori, artigiani, categorie produttive, lavoratori autonomi, messi definitivamente in ginocchio da un dpcm che di fatto realizza un lockdown mascherato e prolungato.
I governatori regionali hanno puntato i piedi sul divieto di spostamento tra comuni della stessa regione, fissato dal dpcm per i giorni 25 e 26 dicembre e 1 gennaio, al fine di scoraggiare festeggiamenti natalizi e per il Capodanno. Perfino un gruppo di 25 parlamentari dem e gli stessi virologi del Comitato tecnico scientifico hanno chiesto la revisione di tale norma che, paradossalmente, impedirebbe a un cittadino milanese di andare a trovare il giorno di Natale i genitori o i nonni che vivono a Lodi o a Sesto San Giovanni. Una follia senza precedenti nella storia comunque tragicomica dei dpcm emanati dall’inizio dell’epidemia a oggi.
Peraltro i Presidenti di Regione lamentano di essere stati tenuti ai margini, nel senso che le loro proposte sono state tutte respinte e il Governo non ha in alcun modo tenuto conto delle aspettative dei territori. Una sorta di sgarbo istituzionale destinato a lasciare il segno. Tanto più che ristoratori, baristi, gestori di teatri e di cinema, per fare solo qualche esempio, sono sul piede di guerra e si preparano a proteste e dimostrazioni per ribadire che i ristori sono insufficienti e che queste chiusure decise in vista delle festività natalizie potrebbero dare il colpo di grazia alle loro attività. La stagione sciistica, ad esempio, potrà cominciare il 7 gennaio, rispettando i protocolli anti-Covid, ma si sa che milioni di italiani utilizzano il periodo di natalizio per sciare e frequentare assiduamente le piste.
Non potrà non risentirne il turismo, come fanno notare gli operatori del settore. Per loro il Natale non ci sarà e si profila un inverno tragico. Per il direttore generale di Federalberghi, Alessandro Massimo Nucara, fosche prospettive incombono sulle festività natalizie e sulle vacanze invernali, con il 90% del fatturato che andrà in fumo. «Se è vero – dice - che in un anno "normale" sono circa 19 milioni gli italiani che si mettono in viaggio tra Natale e l'Epifania, con una spesa media di circa 730 euro a persona (comprensiva di trasporto, alloggio, cibo e divertimenti) per un giro d'affari complessivo di 14 miliardi di euro, prevediamo che il 90% di tutto questo andra' perduto».
Non meno rilevante il valore delle vacanze invernali. Secondo le stime di Federalberghi, gli italiani che solitamente fanno una vacanza sulla neve tra gennaio e marzo (weekend e settimane bianche) sono 11 milioni, con un giro d'affari di oltre 8 miliardi di euro. Quest’anno oltre 7 di quegli 8 miliardi andranno in fumo. Per non parlare del divieto di fare il cenone di Capodanno in hotel per quei turisti che prenotano il pernottamento e che potranno consumare la cena solo in camera: un forte incentivo a rimanere a casa. Con ulteriore crollo del fatturato alberghiero, che durante il primo lockdown primaverile ha già perso il 91% del suo giro d’affari.
La Valle d’Aosta, regione a statuto speciale, ha peraltro deciso di “varcare il Rubicone” e di varare una norma anti-dpcm per sottrarsi a divieti che reputa particolarmente penalizzanti.
Sebbene gran parte dell’Italia, nei prossimi 15 giorni, diventerà gialla, il clima generale di restrizioni affosserà definitivamente i consumi e provocherà una ulteriore depressione del sistema socio-economico. Peraltro si sa che i mesi di gennaio e febbraio sono sempre molto spenti sul piano del commercio e quindi quest’anno più che mai il mese di dicembre avrebbe dovuto essere utilizzato per ridare fiducia a interi comparti in agonia.
La seconda ondata del Covid è arrivata in Italia più tardi che in altri Stati europei e il nostro Paese avrebbe dovuto prevenirla e correre ai ripari ben prima del mese di dicembre. A quest’ora avremmo potuto avere un Paese libero da restrizioni e pronto a ripartire. E invece stiamo ponendo le basi per una recessione senza precedenti, che segnerà profondamente le nostre vite nei prossimi anni. Con buona pace di chi racconta che vaccino e Recovery Fund ci salveranno dal baratro.