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Il numero 73 dell’Evangelium vitae: maneggiare con cura

Il famoso paragrafo 73 dell’enciclica di Giovanni Paolo II Evangelium vitae (1995) è stato spesso strumentalizzato senza ritegno. La politica del “male minore”, illogica e moralmente insostenibile, è stata spesso fondata nientemeno che sull’insegnamento del magistero espresso in questo paragrafo, il quale invece dice tutto il contrario. Un fatto che i politici cattolici devono tenere a mente.

Dottrina sociale 17_07_2020

Prendo ancora spunto dal libro di Tommaso Scandroglio “Legge ingiusta e male minore” (Phronesis Editore) perché in esso viene spiegato molto bene il senso corretto del famoso paragrafo 73 dell’enciclica di Giovanni Paolo II Evangelium vitae (1995). Come è arcinoto, questo paragrafo è stato saccheggiato e strumentalizzato senza ritegno. È stato adoperato e citato per giustificare il sostegno e il voto a leggi assolutamente ingiuste. La politica del “male minore”, illogica e moralmente insostenibile, è stata spesso fondata nientemeno che sull’insegnamento del magistero espresso in questo paragrafo, il quale invece dice tutto il contrario.

È rimasta nella storia l’incredibile dichiarazione dell’onorevole Angelino Alfano a giustificazione del suo voto a favore della legge sulle unioni civili (legge Cirinnà): «Vedo cattolici che giudicano il cattolicesimo degli altri, secondo il loro personale metro di Verità e ortodossia. Io, che non amo giudicare, mi ispiro a quanto ci ha insegnato San Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium vitae del 1995, al numero 73». «Nel caso ipotizzato, quando non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista, un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all’aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge… Così facendo, infatti, non si attua una collaborazione illecita a una legge ingiusta; piuttosto si compie un legittimo e doveroso tentativo di limitarne gli aspetti iniqui» (Ev, 73).

Se un parlamentare propone un emendamento al testo di legge, questo emendamento viene approvato e lui partecipa al voto sull’intera legge così modificata approvandola: in pratica fa il male (approva una legge ingiusta) con il fine di fare il bene (ridurre il danno), il che contrasta con i principi fondamentali della morale non solo evangelica ma anche semplicemente umana. Anche Socrate, infatti, ammoniva di non commettere mai ingiustizia, perfino anche per rispondere ad un’ingiustizia subita. La morale cattolica insegna che non è mai lecito fare oggetto di un atto di volontà ciò che è intrinsecamente ingiusto, quali che siano le circostanze in cui ci si trova ad operare. Sia la Evangelium vitae sia la Veritatirs splendor sono molto chiare in proposito.

Questa errata interpretazione del paragrafo 73 dell’Evangelium vitae ha quindi prodotti disastri. Scandroglio spiega che Giovanni Paolo II afferma che quando non è possibile abrogare completamente una legge ingiusta è lecito limitarne gli effetti negativi, appoggiando proposte migliorative. È evidente però che questo limitare i danni non può essere a sua volta un’azione ingiusta, ossia non deve comportare di fare il male. Altrimenti, nota Scandroglio, “in uno stato di necessità sarebbe lecito uccidere un innocente per salvarne cento dato che tale azione limiterebbe i danni”. Quindi, non ogni atto che riduce il male morale è eticamente lecito. L’azione di contenimento del male deve essere lecita moralmente.

Il paragrafo 73 non dice quindi che si può votare una legge di per sé ingiusta ma meno ingiusta di un’altra. Questa era l’interpretazione di Alfano. Esso dice piuttosto che il parlamentare può votare solo gli emendamenti limitativi o norme di legge che ponessero limiti o vincoli, ma non può assolutamente dare il proprio voto all’approvazione della legge in questione, essendo essa ingiusta. Addirittura Giovanni Paolo II dice che, affinché non si creda che quel parlamentare fosse d’accordo sulla legge, egli stesso deve pubblicamente far sapere la sua contrarietà, eliminando ogni dubbio che la sua azione sia una collaborazione illecita ad una legge ingiusta. È da notare che il voto ad una legge ingiusta ma meno ingiusta di un’altra non può essere dato nemmeno nel caso fosse determinante per approvarla.

Alla dottrina del male minore, l’Evangelium vitae contrappone quella del maggior bene possibile, sempre a patto, però, che tale azione sia moralmente fondata. Le circostanze, anche se fossero di necessità, non possono mai essere considerate eccezioni.

Stabilita la verità del contenuto del paragrafo 73 dell’Evangelium vitae, si apre poi una questione ampia e grave. Tutta la morale cattolica qui condensata si fonda sull’esistenza di azioni che non si possono mai compiere, in nessuna circostanza. Che ne è di questa dottrina dopo l’esortazione Amoris laetitia e dopo l’apertura del grande cantiere per la revisione della teologia morale cattolica?

Stefano Fontana