Il Newman “inedito”, musicista e compositore
Oltre al grande convertito, autore fecondo di scritti teologici, filosofici e storici, nonché poeta, il beato John Henry Newman (che domani verrà proclamato santo) è stato un buon musicista e compositore. Virtuoso con il violino, prediligeva Beethoven e amava ascoltare musica sacra. Scrisse il testo e la melodia di numerosi canti, tra cui diversi sulla Vergine Maria.
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La notizia della canonizzazione, che avverrà domani, 13 ottobre, del beato John Henry Newman (1801-1890) risveglia un rinnovato interesse per questo cardinale, teologo e apologista inglese.
Beatificato da Benedetto XVI il 19 settembre 2010 in Gran Bretagna, nacque a Londra da famiglia anglicana. Per 20 anni fu ministro della Comunione anglicana a Oxford. Nel 1845, dopo lungo discernimento, chiese di essere ricevuto nella piena comunione cattolica; dopo l’ordinazione sacerdotale a Roma nel 1847, diresse la prima università cattolica di Dublino; nel 1870, in risposta ai critici, pubblicò un importante libro in difesa della certezza della fede. Omaggiato da Leone XIII nel 1879 con la berretta cardinalizia, con il titolo di Cardinale diacono di San Giorgio in Velabro, visse serenamente fin quasi a 90 anni.
Ben noto è il cardinale Newman autore fecondo di scritti teologici, filosofici, storici, poeta delicato e raffinato prosatore come pure predicatore avvincente. Meno conosciuto il buon musicista e compositore. La musica è stata davvero importante nella vita del futuro santo, tutt’altro che «una mera ingegnosità artificiale, senza realtà, senza significato, come in certi giochi o come nella moda» (J. H. Newman, Sermoni all'Università di Oxford, ESD, Bologna 2004, p. 708). Fin dalla sua prima lezione di violino, quando aveva dieci anni, egli fu un talentoso musicista e un assiduo frequentatore di concerti.
A Oxford suonava molta musica da camera favorendo compositori come Haydn, Mozart, Cherubini e, su tutti, Beethoven. «Aveva raggiunto una tale competenza al violino», racconta suo cognato, «che se non fosse diventato un Dottore della Chiesa, sarebbe stato un Paganini» (M. Ward. Young Mr. Newman, Sheed & Ward, New York 1948, p. 11). Sappiamo da un suo amico di Oxford come Newman abbia iniziato i suoi ragazzi alla musica del suo compositore prediletto, Beethoven, «l’olandese», come lo aveva soprannominato fin da giovane:
Potevano iniziare con Corelli e proseguire con Romberg, Haydn e Mozart: il loro obiettivo finale era Beethoven, e sarebbe arrivato il «padre superiore» con antiche copie della versione per quintetto del celebre Settimino e con arrangiamenti delle sinfonie; e non furono dimenticati i primi dieci quartetti, i trii strumentali, le sonate per violino e le ouverture (E. Bellasis, Cardinal Newman as a Musician, Kegan Paul, Trench, Trübner & Co, London 1892, p. 13).
Da una lettera di un Newman ventenne a sua madre, in cui si chiama col nome italianizzato, risulta anche il suo talento di compositore: «Sono lieto di poterti informare che il Signor Giovanni Enrico Neandrini ha completato la sua prima composizione. La sua melodia è lieve e ariosa ed è ben sostenuta dall’armonia» (A. Mozley, Letters and correspondence of J. H. Newman during his life in the English church, London 1891, Vol. 1, p. 61). A dire il vero, si era già cimentato nella composizione all’eta di 14 anni, quando aveva scritto libretto e musica di un’opera buffa.
Le sue mirabili doti di poeta rifulgono ne Il sogno di Geronzio, lungo poema drammatico del 1865 − sogno colto e ispirato di un’anima carica d’anni che sente vicina la morte − musicato nel 1900 da Edward Elgar; ma anche in The Pillar of the Cloud (La colonna della nuvola), altrimenti noto dal suo primo verso come Lead, Kindly Light (Guidami, luce cortese), del 1833.
Questo illustre figlio dell’Inghilterra ha scritto non solo il testo ma anche la melodia di numerosi canti, tra i quali: The Pilgrim Queen (1849), in onore della Beata Vergine Maria; The Month of Mary and The Queen of Seasons con la stessa melodia, in onore della Madre di Dio (1850); The Red Sun is Gone per i Vespri. Tra i canti dell’Oratorio di Birmingham troviamo pure melodie di Mozart, Beethoven, Mendelssohn e altri, adattate ai testi.
Il festival musicale all’Oratorio di Birmingham gli permise di ascoltare molta musica sacra, soprattutto romano-cattolica, tra cui: nel 1876 la Messa in do maggiore di Beethoven, il Giudizio Universale di Spohr, il Paulus di Mendelssohn; nel 1879, Mosè in Egitto di Rossini, Israele in Egitto di Handel, il Requiem in do minore di Cherubini − che lo impressionò molto − e un Salve Regina di Schubert; nel 1885, il Requiem in re minore di Cherubini (cfr. P. M. Young, Elgar, Newman and The Dream of Gerontius in the Tradition of English Catholicism, Scholar Press, Aldershot 1995, pp. 98-99).
La misteriosa efficacia della musica è sempre stato un tema molto caro al futuro santo. A tal riguardo, in uno dei nove discorsi pensati per la fondazione dell’Università Cattolica di Dublino e pubblicati nel 1852, dedica il paragrafo 6 alla musica. La Musical Science, che nel Settecento ha conosciuto progressi meravigliosi, ha un oggetto tutto suo e, come anche la scienza matematica, viene definita l’espressione più grande e più profonda di idee rispetto a qualunque altra espressione nel mondo visibile, idee il cui centro è il Dio manifestato dal cattolicesimo, la divinità sede di ogni bellezza, ordine e perfezione (cfr. J. H. Newman, The idea of a University, Discourse IV, Pickering, London 1873, pp. 80-81).
Il 25 giugno 1865, all’intenzione da parte di due suoi amici di regalargli un violino, Newman reagisce così: «Temo solo di poterci dedicare più tempo del dovuto. Potrei trovare conforto nella musica per tutta la settimana» (Letters and Diaries of John Henry Newman, Vol. XXI, Oxford University Press 1972, p. 502). E l’11 luglio, dopo l’arrivo dello strumento, così ringrazia: «Penso davvero che esso aumenterà la mia forza di lavorare, e la durata della mia vita. Non ho mai scritto più di quando suonavo il violino. Dormo sempre meglio dopo la musica. Ci deve essere una certa corrente elettrica che passa dalle corde attraverso le dita nel cervello e nel midollo spinale. Forse il pensiero è musica» (Ibidem, Vol. XXII, OUP 1972, p. 9).
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