Il mondo torna a giocare insieme. La festa delle Olimpiadi dice chi siamo
Le Olimpiadi in Brasile ci hanno raggiunto nella notte con i colori, lo stupore, l’allegria e la spettacolare cerimonia dell’inaugurazione. Ora si fa sul serio. Anche queste Olimpiadi potranno essere un'occasione - fragile ma reale - di esaltarci godendo e piangendo insieme.
di Angelo Busetto
QUANDO LO SPORT VA IN PARADISO: I GIOCHI VISTI DA JOSEPH RATZINGER
Quando cominciano? Sono cominciate. Nel pieno dell'estate, nella calura delle spiagge e nel mezzo della bellezza e confusione delle feste di paese, ecco spuntare l'attrattiva delle Olimpiadi in Brasile. La scontata avvisaglia degli scandali doping e conseguenti delusioni, e l'altalenante situazione politica del Brasile, con il massiccio contorno delle contestazioni, lasciano finalmente spazio alla meraviglia dei giochi.
Per quanto si possa dire di tutto e di tutti a riguardo del mondo dello sport, con i suoi tentacoli nell’economia, nella corruzione, nell’arrivismo, quando spuntano gli atleti nel circuito dello stadio, o quando splendono le immagini delle corse, delle gare, dei tiri e dei lanci nell'arcobaleno dell'immensa fantasia realmente “olimpica” dei giochi, allora tutto diventa una festa e la prima vittoria è quella dello sguardo e del cuore.
C'è un punto di bellezza e di unità che germoglia nella profondità di ciascun uomo e - a cominciare dai più vicini, come gli amici di squadra e quelli del bar – si allarga a riconciliare il mondo. Alle Olimpiadi vogliamo vedere tante bandiere, tante sfilate di atleti, tante gare e competizioni. Ci sono nuove discipline, nuove rappresentanze, persino atleti olimpici “indipendenti”, atleti olimpici rifugiati e persino una nazione – finora sconosciuta - con un solo atleta. Immaginiamo che le varie formazioni non risultino compromesse da trattative ambigue, non vengano mortificate da imbrogli e non siano travolte da scandali.
La tensione e lo slancio, il calcolo e lo sforzo, il riso e il pianto, l'applauso e il grido di delusione vengono a intrecciarsi per giorni e giorni negli schermi delle nostre tv e dei nostri tablet. È proprio vero che noi umani ci assomigliamo tutti, nel bene e nel male; è vero che il mondo non si divide in buoni e cattivi e che il buon grano cresce accanto alla zizzania, a partire dal campo del cuore. Anche queste Olimpiadi potranno essere un'occasione - fragile ma reale - di esaltarci godendo e piangendo, ricchi e poveri insieme, autoctoni e migranti, proprio come nelle nostre belle feste di paese.
I colori delle bandiere e delle divise, e forse le strette di mano e altre cortesie tra avversari e competitori, non faranno spuntare le amicizie che sono scoppiate nei giorni scorsi alla Giornata mondiale della Gioventù in Polonia, ma potranno far riconoscere qualche volto e far brillare gli sguardi. Utopia di carta velina, esaltata da tutte le moderne potenzialità virtuali? I Giochi Olimpici non sono solo giochi; sono invece giocatori, sono uomini e donne, padri e madri e figli e amici insieme. Insieme con tutti gli spettatori nella piazza del mondo.
di Angelo Busetto
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