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ABORTO

Il mondo si coalizza contro l'Irlanda

Sabato scorso si è svolta una marcia abortista a Dublino per chiedere un referendum che abroghi l'ottavo emendamento della Costituzione che vieta assolutamente l'aborto. Ma la novità è che contro la legislazione irlandese si è marciato in altre 19 città di tutto il mondo. Ecco chi c'è dietro.

Vita e bioetica 27_09_2016
Irlanda, manifestanti pro-aborto

24 aprile 1916: Proclamazione d’indipendenza dell’Irlanda. 24 settembre 2016: marcia globale a favore dell’aborto. Il nesso tra i due eventi è evidente solo agli organizzatori della suddetta marcia. Come allora l’Irlanda proclamò l’uguaglianza di tutti i cittadini, così oggi dobbiamo riaffermare quello stesso concetto di uguaglianza in materia di aborto, permettendo alla donna di sopprimere il proprio figlio quando e come vuole.

L’Ottavo emendamento alla Costituzione irlandese, approvato tramite referendum nel 1983, dichiarò incostituzionale l’aborto. L’unico caso in cui si può abortire, previsto di recente nel 2013, è quando la gravidanza o il parto possono mettere in pericolo di vita la donna. Caso che è stato stravolto nella sua ratio in fase di applicazione e così oggi una donna, minacciando di togliersi la vita, può legittimamente accedere all’aborto.

Il movimento Abortion Rights Campaign si batte da tempo per l’abrogazione dell’Ottavo emendamento. Ogni anno organizza una Marcia per la Scelta che cade a marzo. La prossima marcia del 2017 è stata anticipata a sabato scorso. Migliaia sono stati gli aderenti che hanno manifestato sotto l’hashtag Repealthe8th (Abroga l’ottavo) chiedendo un nuovo referendum che cambi la normativa oggi vigente.

Alla conferenza stampa di mercoledì scorso esponenti politici di area progressista si sono alternati al microfono per dare il proprio appoggio alla marcia. Clare Daly del partito socialista Teachta Dála ha dichiarato: “La richiesta di abrogazione dell’ottavo emendamento si sta trasformando in un rombo. La generazione di oggi dimostra che non è più disposta a vedere le donne trattate come cittadini di seconda classe”. Catherine Martin dei Verdi ha aggiunto: "Questo emendamento costituzionale era viziato, era sbagliato. E ha gettato un'ombra su una generazione di donne che erano troppo giovani per votare nel 1983. Sabato abbiamo bisogno di alzarci e marciare per quella generazione, per la nostra generazione e per le generazioni di donne che verranno".

Il senatore indipendente Alice Mary Higgins ha poi dichiarato: "Le persone stanno facendo sentire la loro voce in strada, ma hanno anche meritato la possibilità di essere ascoltate nelle urne. Il referendum è urgente e necessario". A chiusura Janet O'Sullivan portavoce di Abortion Rights Campaign: "La volontà di cambiamento che esisteva nel 1916 permane oggi, evidenziata dal fatto che nuovi gruppi pro-choice stanno nascendo in tutto il Paese. I nostri rappresentanti eletti ne sono consapevoli e molti si stanno unendo con noi per chiedere il cambiamento di cui l'Irlanda ha tanto bisogno. L'Irlanda deve ancora mantenere la promessa di uguaglianza che è al centro della Proclamazione del 1916. Come allora si chiese la sovranità sul nostro paese, ora ci alziamo per rivendicare la sovranità su nostri corpi. Dopo 100 anni, dobbiamo andare avanti. Fin troppo sangue è stato versato, fin troppe donne sono morte e troppe stanno ancora soffrendo. Non più morte, non più silenzio, non più vergogna”. Insomma tutto il catalogo degli stereotipi e delle menzogne abortiste vecchie almeno di mezzo secolo.

La Marcia per la Scelta di Dublino è stata la marcia madre che ha partorito altre 19 marce analoghe in 12 paesi nel mondo, tutte incentrate – si noti bene – per chiedere l’abrogazione dell’Ottavo emendamento della Costituzione irlandese. Queste le 19 città interessate nello stesso giorno dall’evento denominato Abroga l’Ottavoil Raduno mondiale: San Francisco, Seattle, New York per gli Usa; London, Bristol per la Gran Bretagna; Bruxelles per il Belgio;  Melbourne, Sydney per l’Australia; Parigi per la Francia; Berlino per la Germania;  Porto per il Portogallo;  Utrecht per i Paesi Bassi; Wellington per la Nuova Zelanda; Montreal e Toronto per il Canada e Phnom Penh per la Cambogia. 

Due domande ineludibili. La prima: chi c’è dietro ad un raduno mondiale di così vaste proporzioni? Il movimento Abortion Rights Campaign sarà pure efficiente e avrà maturato esperienza, ma questi suoi attributi possono spendersi solo sul piano nazionale, non internazionale. Un’operazione di così ampia portata può essere attribuita solo ad organizzazioni internazionali quali la International Planned Parenthood Federation o la Marie Stopes International, soggetti la cui disponibilità finanziaria è enorme, capacissimi di mettere in piedi per lo stesso giorno 19 marce pro-aborto da New York alla Cambogia passando da Sydney. Naturalmente queste organizzazioni si muovono al sicuro, ben protette da enti sovranazionali che vedono come fumo negli occhi la disciplina normativa irlandese a tutela del nascituro.

Ad esempio il Comitato sui diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni Unite nel giugno del 2015 aveva espresso critiche sulla legge vigente in Irlanda in materia di aborto. La Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso A,B,C vs Irlanda del 2010 aveva condannato il governo irlandese perché non aveva ancora adottato una regolamentazione specifica che desse attuazione ai pochi casi in cui l’aborto a livello legislativo è legittimo.

Secondo quesito. L’obiettivo di tutte le 19 marce svoltesi a livello planetario è il medesimo: maggiore accesso alle pratiche abortive in Irlanda. Ma al cittadino cambogiano o quello neozelandese, posto che sappiano dove si trova sulla cartina l’Irlanda, cosa può importare degli aborti fatti in quel lontanissimo Paese? Nulla. Ma non a chi governa la pianificazione familiare a livello mondiale. E qui arriviamo al punto. Una iniziativa di così ampie proporzioni e su scala mondiale sta a significare che dietro la volontà di abrogare l’ottavo emendamento c’è dell’altro.

L’attacco da Terza guerra mondiale è diretto non solo all’attuale normativa irlandese, ma ancor più a ciò che rappresenta. E’ l’attacco ad una delle poche roccaforti che non cedono completamente alle derive abortiste (insieme alla Polonia) costituendo una strappo in quel mantello rosso sangue che a livello internazionale ha soffocato negli anni decine e decine di milioni di bambini. E’ un’offensiva diretta alla Chiesa cattolica che, ormai sola al mondo, difende senza tentennamenti la vita nascente, al portato culturale cristiano che riconosce pari dignità al nato come al nascituro e a quelle radici europee ancora una volta cristiane che devono essere recise. Contro un moscerino come l’Irlanda di regola non si usa il cannone. Ma se la regia occulta di questo raduno globale ha deciso di muovere sullo scenario di battaglia tutte le sue truppe in ogni angolo del mondo vuol dire che il principio tutelato dall’Ottavo emendamento non è un moscerino, ma – agli occhi degli abortisti di professione – una grande balena da uccidere. Una balena che può ancora figliare in giro per il mondo e questo non deve avvenire.