Il mio nome è Bond. Jane Bond, la 007
Il prossimo 007 sarà donna? Se ne parla da anni, ma sarebbe una pessima idea. Non perché non ci siano ruoli di spia adatti a una donna. Ma perché 007 è un personaggio che ha senso solo al maschile. Avremmo tutti la sensazione che al vero 007 Jane abbia rubato l’identità, scippato in modo maldestro la personalità.
“Bond. Jane Bond”. Forse in un prossimo futuro la spia più famosa del mondo risponderà così a chi le domanderà come si chiami. È noto che il politicamente corretto si colora spesso di rosa (ancor più spesso di arcobaleno) e la sua longa manus è arrivata sin a toccare il personaggio ideato da Ian Fleming. E così, poco prima della prossima uscita di No Time to Die, ultimo capitolo cinematografico della saga di 007 con Daniel Craig, si è iniziato a vociferare su chi potesse sostituire l’attore inglese in futuro. E prima del nome si è pensato al sesso perché oggi questo pesa più di quello. Favorevole ad una spia di Sua Maestà in gonnella è stato un ex 007, Pierce Brosnan: “Abbiamo trascorso gli ultimi 40 anni, guardando uomini che lo hanno interpretato. Ragazzi, alzate i tacchi e metteteci una donna. Penso che sarebbe esilarante, eccitante". Da appuntare che la marcia di avvicinamento per avere una Jane Bond è avvenuta per gradi: il diretto superiore di James Bond, Mr. M, da tempo è diventato Mrs. M.
Di avviso diverso da quello di Pierce Brosnan è invece lo stesso Daniel Craig che, al netto delle solite derive imposte dalla vulgata corrente, propone una soluzione intelligente: “La risposta è molto semplice. Ci dovrebbero semplicemente essere parti migliori per le donne e per gli attori di colore. Perché una donna dovrebbe interpretare James Bond quando dovrebbe esserci una parte altrettanto buona come James Bond, ma per una donna?". In parole povere: se una donna vuole interpretare una spia che lo faccia pure, ma non James Bond.
Il consiglio dato da Craig in realtà è già stato seguito molte volte: in questi ultimi anni il numero di spie donne si è moltiplicato all’infinito sulla spinta delle ansie femministe. Spesso ricoprono ruoli poco credibili: una singola donna che mette al tappeto orde di maschiacci armati fino ai denti e che esibisce una forza da Terminator (ciò a dire il vero capita anche ai personaggi maschili). Il sesso debole si è fatto così forte da sfiorare doti da supereroina.
Ma perché l’idea di un James Bond in tacchi a spillo è tanto fastidiosa ai più? Perché alcuni ruoli sono solo maschili come altri solo femminili. Alcuni personaggi possono esistere solo nella declinazione virile perché la mascolinità è connaturata alla loro identità. Sarebbe come immaginarsi il viso di Sean Connery truccato con rimmel e rossetto (l’unica gonna che ha mai indossato è stato il kilt scozzese, che poi non è una gonna). Ciò vale a rovescio: pensate ad una Mary Poppins o una Rossella O’Hara o addirittura una Wonder Woman uomo. L’esito sarebbe caricaturale.
L’esperimento di avere uno 007 pettoruto appare subito risibile se tentiamo di riscrivere alcuni topos di 007 in rosa. Scordatevi, ad esempio, il vodka Martini “agitato e non mescolato” di Bond e sostituitelo con un Cosmopolitan, molto più svenevole e modaiolo. Via lo smoking per far posto ad un tailleur scuro da avvocato in carriera. Niente nodo della cravatta da stringere dopo aver freddato il cattivone di turno, ma una ritoccatina alle labbra con un Rouge Dior. Poi sigaretta con bocchino per lei e di certo non la Aston Martin perché legata indissolubilmente nell’immaginario collettivo ad uno 007 uomo. Scelga pure una Lamborghini giallo canarino per far uscire mitragliatrici dai fari e chiazze di olio da sotto la scocca. Poi entrerebbero in scena una pletora di Bond Boys i quali sarebbero, come da copione, vittime della concupiscenza della cacciatrice Jane. Ciò, tra l’altro, sarebbe in contrasto con la narrazione corrente e stereotipata in cui il maschio è predatore e la femmina vittima, ma poco importerebbe dato che simile operazione verrebbe interpretata come giusta rivalsa e dovuto risarcimento per secoli di vessazioni al maschile.
L’operazione di femminilizzazione di Bond porterebbe probabilmente ad un doppio esito. In primo luogo parrebbe a tutti che Jane Bond sarebbe solo una scimmiottatura del vero James Bond. Una caricatura voluta più per scopi ideologici che per intenti artistici. Qui stanno il peccato originale e l’autentica debolezza delle rivendicazioni femministe: per essere vere donne occorre copiare gli uomini. Una vera contraddizione in termini. Questa storia di voler ricoprire i ruoli maschili come potrebbe rendere le donne davvero donne o più donne? Forse non li mascolinizza?
Un secondo effetto negativo nell’avere una Jane Bond sarebbe il seguente: lo spettatore vedrebbe sullo schermo sì una spia – capace, astuta e atletica quanto volete – ma che è 007 solo nel nome. Avremmo tutti la sensazione che al vero 007 Jane abbia rubato l’identità, scippato in modo maldestro la sua personalità. Perché è questo che fa di 007 solo un personaggio maschile: il suo savoir faire, la sua freddezza, la sua suadente affabilità, il suo coraggio, il suo “cavalleresco disinteresse per la vita” propria e altrui, il suo fascino umbratile, la sua rude malinconia e soprattutto il suo humor, molto british, ma così cinico che volentieri non vorremmo mai vederlo sfoggiare dalla nostra metà del cielo, perché è la metà più dolce che ci sia.