Il medico di Oxford smonta le bugie sugli aborti clandestini
Il medico e bioeticista dell'Università di Oxford Calum Miller, in uno studio pubblicato su Mdpi e in un articolo sul Journal of Medical Ethics, mostra la falsità delle statistiche sugli aborti clandestini diffuse - anche da Amnesty - in vari Paesi per legalizzare l'aborto. E, dati alla mano, spiega che l'aborto legale non riduce la mortalità materna, anzi può aumentarla.
Le cifre sulle morti dell’aborto illegale sono falsificate e gonfiate? In campo pro vita era già chiaro, ma ora a dimostrarlo nei fatti è anche un articolo su un blog del Journal of Medical Ethics (gruppo British Medical Journal) scritto dal professor Calum Miller, che riprende un suo studio (pubblicato su Mdpi) sulla mortalità materna e il dibattito sull’aborto in Malawi. Più volte le lobby dell’aborto hanno mentito, e continuano a mentire, con cifre assurde sugli aborti clandestini e la loro incidenza sulle cause di mortalità materna. L’hanno fatto in Spagna e Italia negli anni ‘70 e ‘80 e in moltissimi altri Paesi del mondo, ultimamente in Argentina.
Il ricercatore Calum Miller, medico e bioeticista all’Università di Oxford, smonta empiricamente le falsificazioni statistiche e massmediatiche che le lobby abortiste, ma anche alcune istituzioni mediche internazionali, hanno diffuso a favore della legalizzazione dell’aborto nel mondo. Il punto di partenza della sua ricerca e analisi dei dati sul caso Malawi è molto semplice: l’aborto illegale o clandestino è comune? Inoltre, esso provoca veramente così tanti ricoveri o è in molti casi mortale per un numero significativo di donne?
La risposta che emerge dallo studio è chiarissima e fondata: l’aborto clandestino è cento volte meno frequente di quanto è stato sbandierato dai gruppi abortisti. “Ho scoperto, in modo dimostrabile, quanto spesso queste statistiche sono travisate o fabbricate, anche a livelli professionali d’élite”, ha dichiarato il professor Miller. Nello studio, intitolato “Morti per aborto illegale: non così comuni o prevenibili come si pensa” (Backstreet abortion deaths: not as common or preventable as thought), si dimostra come i principali argomenti a favore della depenalizzazione e legalizzazione dell’aborto siano solo facili slogan fuorvianti, falsi e fondati su manipolazioni della realtà e dell’evidenza scientifica, statistica e medica. Non è vero che vietare metta le donne a rischio di pericolosi aborti clandestini, che ucciderebbero un gran numero di donne e che, perciò, legalizzare l’aborto sia l’unica strada per salvare le vite delle donne.
Esistono prove empiriche schiaccianti, che dimostrano come vietare l’aborto riduca il numero delle morti materne, oltre che ovviamente ‘azzeri’ o quasi il numero degli omicidi di bambini concepiti. L’ultimo esempio significativo è quello delle leggi restrittive del Texas che hanno ridotto, da settembre a novembre, del 50% gli aborti nello Stato. Tra l’altro il fatto che l’aborto sia legale, come ricorda il caso del dottor Kermit Gosnell, il più grande serial killer di bambini concepiti della storia degli Stati Uniti, non impedisce per nulla la proliferazione di cliniche abortive illegali. Si potrebbe però obiettare che solo pochi mesi fa, lo scorso settembre, era stata la Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia (Figo) ad affermare come gli aborti non sicuri rappresentino il 13% della mortalità materna globale. Tuttavia, questo organismo ha preso i propri dati, come dimostra Miller, “dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che in realtà pone la cifra tra il 4,7 e il 13,2 per cento. La Figo omette la stima più bassa e anche la stima media” e omette di dire che la stima dell’Oms si basa su uno studio che “include le morti per gravidanza ectopica, aborto spontaneo e altre condizioni”.
In molti casi, le statistiche sono semplici travisamenti come questo esempio dimostra, di solito confondono le morti per l’aborto spontaneo con quelle provocate dall’aborto indotto. Tuttavia, scrive Miller, “in alcuni casi le statistiche sembrano essere completamente inventate”. Per esempio, a ridosso delle votazioni per la legalizzazione dell’aborto in Argentina, Amnesty International ha diffuso la notizia che nel Paese fossero praticati almeno 400.000 aborti clandestini all’anno. Il Royal College of Obstetricians and Gynaecologists britannico, pro aborto, ha recentemente twittato un’affermazione del Telegraph secondo cui 12.000 donne in Malawi morirebbero ogni anno a causa di aborti non sicuri. Una fake news, una bugia totale, visto che l’ultima stima delle morti materne annuali complessive - dunque, non solo legate ad aborti clandestini (che tra l’altro rappresentano solo una piccola parte del totale) - in Malawi è di 1.150, meno del 10% di quanto affermato dal quotidiano inglese e, ancor più grave, dal prestigioso organismo medico di ostetrici e ginecologi.
Il professor Miller non lascia spazio alle polemiche, fa parlare i fatti: l’aborto legale non riduce la mortalità, anzi la può aumentare. È questo il caso di Paesi come “il Ruanda, i Paesi Bassi e l’Etiopia, dove la mortalità o la morbilità da aborto è aumentata dopo la liberalizzazione”; caso opposto, e virtuoso, quello di Paesi come il Cile e la Polonia, “la cui mortalità per aborto e mortalità materna ha continuato a diminuire dopo che l’aborto è stato criminalizzato”. Tutto ciò avviene per diverse ragioni, ma c’è una costante dei molti Paesi considerati nella ricerca di Miller: “La legalizzazione dell’aborto aumenta gli aborti”. Gli slogan ancor oggi usati per spingere opinione pubblica mondiale e governi nazionali a depenalizzare l’aborto, in ragione della salute e della vita della donna e sacrificando la vita del bambino, sono gravemente falsi, frequentemente parziali e talvolta frutto di fantasie interessate.