Il manuale del Diavolo, in un romanzo gli inganni usati dal Maligno
Nel suo ultimo romanzo, Rino Cammilleri dispiega «tutto l’armamentario che il diavolo usa per ammansire e conquistare un uomo o una donna qualsiasi del XXI secolo». Facendogli credere di renderli liberi...
«Ti stupisci che io citi a memoria la Scrittura? Sei un Apprendista, sì, ma dovresti saperlo che la Bibbia è uno dei nostri testi fondamentali. Come puoi combattere ciò che non conosci?». Riprende il modello de Le lettere di Berlicche di Lewis – nel quale un diavolo con esperienza si premura di istruire il nipote più giovane nell’arte del tentare gli uomini – l’ultimo romanzo di Rino Cammilleri, Il manuale del Diavolo (Cantagalli 2023, pp. 349). Si ritrova in esso «tutto l’armamentario che il diavolo usa per ammansire e conquistare un uomo o una donna qualsiasi del XXI secolo».
All’Inferno, Dio è «Colui-che-non possiamo-nominare»; Gesù il «Figlio-di-Chi-sai»; Maria «Colei che, pur essendo un’umana, ha potere perfino sull’Altro Lato». Magnificando le conquiste del Dipartimento Ideologico, che annovera anche Hegel e Marx, il diavolo più esperto afferma: «Noi lavoriamo sui professoroni», meglio se teologi pieni di sé. Sul piano storico e culturale, invece, il Sessantotto è stata «una delle meglio rivoluzioni al solo scopo di demolire il Sesto Comandamento non sapendo che è come il vaso di Pandora: lo scoperchi e dai via al finimondo».
Vivere nella smania di voler «cambiare posto» o rimpiangere «ciò che avrebbe potuto essere e che non è stato» è una delle tentazioni diffuse per impedire di essere fedeli alla propria vocazione. Poi ci sono quelle legate alla concupiscenza degli occhi, per la quale il diavolo sfrutta anche la potenza di algoritmi capaci di proporre con insistenza contenuti sessualmente espliciti soprattutto ai più giovani. D’altra parte, «lo scopo è farli ricadere nell’infanzia; l’edonismo non è che questo: il paradiso in terra»; la logica del “tutto e subito” senza fatica per ciò che concerne gioventù, bellezza e vitalità.
Riguardo alla coerenza tra pensiero e azione, «quando qualcosa contraddice la tua teoria non devi far altro che cassarla», alla stregua di Lutero con la lettera di san Giacomo al fine di considerare esclusivamente il primato della fede a detrimento delle opere. Poi il diavolo suggerisce al suo adepto di essere come una mosca, imparando a «ronzare intorno alla testa del pregante e a tempestarlo di immagini» o di pensieri ricorrenti, quali «Dio non ti ascolta» o «pregare è inutile», tenendo presente che «il Rosario è per noi puro veleno». Perché il fedele non progredisca nella vita spirituale, infatti, il diavolo non deve permettere «che si ricordi di chiedere aiuto alla Concorrenza». Al contrario, deve indurlo a scoraggiarsi e che «non acquisti l’umiltà, che è l’olio che fa girare tutti gli ingranaggi». In tale lavoro, il demonio è «anche agevolato dall’orizzonte culturale, il quale gli ripete: ma che male c’è? Lo fanno tutti».
Relativamente alle croci della vita, il diavolo esperto ricorda al “diavoletto custode” che è proficuo far leva sull’insofferenza umana al dolore, in quanto siamo fatti «“a immagine e somiglianza-di”, siamo stati creati per il gaudio. Noi promettiamo donne-cavalli-champagne, mentre l’Altro Lato solo la croce. Vuole esser amato per quel che è, non per quello che dà. Certo noi siam bravi a promettere ma, quanto a mantenere, dipende da quel che l’Altro Lato permette». Allo stesso modo, se un tempo i diavoli avevano adottato la tecnica di far credere agli uomini che Dio sia «solo giusto, oggi fa gioco sottolineare la ‘bontà’ e solo quella. Fa molto breccia nei preti». Di qui s’impegnano a far sì che gli uomini coltivino un’idea di Dio dissimile da un Padre buono e provvidente e simile piuttosto a «un Grande fratello orwelliano privo di misericordia». D’altra parte, però, i diavoli devono riconoscere: «Ammetto che vincerà Lui. Noi non possiamo farci niente, la nostra è coazione a ripetere pur se sappiamo che vince sempre. Anche se Gli strappiamo anime, una cosa sono le battaglie un’altra la guerra».
Nel desiderio di emulare gli uomini nobili e virtuosi, «un tempo la cortesia era la forma esterna della carità che si deve al prossimo. Ora il modello è lo scaricatore, magari tatuato come un forzuto della Cajenna. Lode al nostro Dipartimento Ideologico, sezione Uguaglianza». Un altro obiettivo dei demoni è quello di distogliere dal qui-e-ora, l’unico tempo di cui l’uomo dispone per fare il bene. Di qui il diavolo ricorda al suo adepto che occorre lavorare sui rimorsi, nella consapevolezza che «il passato è territorio nostro. E anche la pre-visione di un futuro difficile».
Il diavolo professionista ricorda ancora al più giovane che «il miglior schiavo è quello che crede di essere libero. Ci basta lavorarci gli uomini più ricchi del mondo, che se ne vantano pure e fanno a gara a chi è più ricco nelle riviste “prestigiose” da loro stessi finanziate». Relativamente all’amore per il prossimo, l’espediente inventato dai diavoli consiste nel far passare “il prossimo” per i “lontani”, «in quanto più lontani sono e più è facile amarli. E pazienza se l’etimo di “prossimo” indica proprio il vicino di casa e solo poi, molto poi, il subsahariano islamico».
Dunque, nelle pieghe del romanzo, la cui lettura scorre piacevolmente, l’apologeta Cammilleri, oltre a evidenziare tutte le strategie perverse del Maligno, non perde occasione di raccontare qua e là aneddoti significativi che fanno riemergere la realtà storica di tanti fatti sepolti dalla propaganda del “politicamente corretto”.