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La questione

Il male minore, cosa non va nelle parole di Francesco

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Sul volo di ritorno dal suo ultimo viaggio apostolico, il Papa ha detto che sia Trump che la Harris «sono contro la vita», uno rispetto ai migranti e l’altra rispetto ai nascituri, e che «si deve scegliere il male minore». Analizziamo le parole di Francesco dal punto di vista morale.

Vita e bioetica 18_09_2024
13/09/2024, papa Francesco in volo (Vatican Media/LaPresse)

Le altezze del pensiero di papa Francesco corrispondono puntualmente alle altezze raggiunte dagli aerei che lo riportano a casa dopo i suoi viaggi apostolici. Conferenza stampa di ritorno da Singapore. Un giornalista, in vista delle elezioni americane, gli chiede a quale candidato dovrebbe dare il proprio voto un elettore cattolico: a Trump, «che vorrebbe deportare undici milioni di migranti», o alla Harris, «favorevole all’interruzione di gravidanza»?

Papa Francesco sentenzia che «ambedue sono contro la vita, sia quello che butta via i migranti sia quello che uccide i bambini». Subito dopo un’altra domanda analoga: «Ci possono essere circostanze in cui è moralmente ammissibile votare per un candidato favorevole all’interruzione della vita?». Risposta di Francesco: «Nella morale politica, in genere, si dice che non votare è brutto, non è buono: si deve votare. E si deve scegliere il male minore. Chi è il male minore, quella signora o quel signore? Non so, ognuno in coscienza pensi e faccia questo».

Il Santo Padre, in queste risposte, ha toccato molti argomenti. Proviamo ad indagarli anche noi. In prima battuta, rimanendo fedeli alle dichiarazioni di Trump, questi vuole espellere i migranti clandestini. Questa decisione dal punto di vista morale è buona. Non è un male morale. La clandestinità è contraria alla legge. Esiste sì un diritto alla migrazione, ma nel rispetto delle leggi giuste del Paese ospitante. La Chiesa non è mai stata per un’accoglienza dell’emigrato incondizionata e indiscriminata: «La regolamentazione dei flussi migratori secondo criteri di equità e di equilibrio è una delle condizioni indispensabili per ottenere che gli inserimenti avvengano con le garanzie richieste dalla dignità della persona umana» (Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 298); in merito ai flussi migratori la «politica di cooperazione internazionale […] va accompagnata da adeguate normative internazionali in grado di armonizzare i diversi assetti legislativi, nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati» (Benedetto XVI, Caritas in veritate, 2009).

Passiamo poi all’affermazione di Francesco secondo cui «si deve votare», sottintendendo “sempre”. Nella morale naturale esiste la categoria dei doveri negativi assoluti (azioni che mai si devono compiere), dei doveri negativi contingenti (azioni che in alcune circostanze non si devono compiere) e dei doveri affermativi contingenti (azioni che in alcune circostanze si devono compiere). Ma non esiste la categoria dei doveri affermativi assoluti, cioè azioni che si devono sempre compiere. Questo a motivo del principio di efficacia o di proporzionalità: a volte è bene omettere un’azione astrattamente buona per un bene maggiore. Votare di per sé è un bene, se si vota una legge giusta o un programma elettorale giusto, ma a volte è bene non votare in vista di un bene maggiore. Ad esempio ci si può astenere per protesta, per far sentire il proprio dissenso, per denunciare lo scollamento tra base elettorale e vertici della politica, per mostrare la propria sfiducia verso la classe politica, eccetera. Naturalmente, proprio nel rispetto del principio di efficacia, occorrerà soppesare i pro e i contro, ossia valutare se la propria astensione dal voto provocherà più benefici che danni. Comunque sia, è errato considerare il voto un dovere assoluto.

Torniamo alle parole del Papa. Questi ritiene che, erroneamente, Trump voglia un male morale quando afferma che lavorerà per rimandare a casa gli immigrati clandestini e che, in questo caso giustamente, la Harris voglia anche lei un male essendo a favore dell’aborto. Nel suo immaginario Trump è un pro-life con la pecca di essere contro i migranti e la Harris una candidata a favore dell’immigrazione però con la pecca di essere contro la vita nascente. Dalle parole del Papa si comprende bene che egli sa che Trump sposa un male minore rispetto alla Harris, ma non può dirlo perché Francesco non può essere filo-Trump e dunque si rifugia nella retorica: «Chi è il male minore, quella signora o quel signore? Non so, ognuno in coscienza pensi e faccia questo».

Ma al di là del voto a Trump o alla Harris, quello che denota più sconcerto è il principio, per niente cattolico, espresso da Francesco: «Si deve scegliere il male minore». Gli risponde un suo collega, Paolo VI: «Non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali» (Humanae vitae, 18). Il male minore non può essere scelto semplicemente perché è male. Tra due mali di diversa gravità quindi non deve essere scelto nessuno dei due: questa sì che è un’azione buona perché tende al maggior bene possibile.



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