Il "liberal" New York Times si accorge dei danneggiati da vaccino
Ascolta la versione audio dell'articolo
L'inchiesta del New York Times sui danneggiati da vaccino: una lunga discesa nel dramma di migliaia di persone che, come in Italia, chiedono solo di essere ascoltate.
In data 3 maggio il New York Times ha pubblicato una inchiesta sulle persone danneggiate da vaccini anti Covid dal significativo titolo: “Thousands believe Covid Vaccines harmed them. Is anyone listening?” (Migliaia credono che i vaccini abbiano provocato loro danni. C’è qualcuno che ascolta?)
L’autrice dell’articolo è Apoorva Mandavilli, una giornalista specializzata in temi scientifici e medici. Faceva parte della squadra che vinse il Premio Pulitzer 2021 per la copertura giornalistica della pandemia.
Per quanto riguarda il New York Times, come noto è uno dei più importanti e influenti organi di stampa al mondo, e una delle voci più significative della cultura liberal. È dunque estremamente significativa la pubblicazione di questa inchiesta, che non ha precedenti.
Apoorva Mandavilli ha trascorso più di un anno a parlare con dozzine di esperti in scienza dei vaccini, politici e soprattutto persone che hanno manifestato gravi effetti collaterali dopo aver ricevuto dosi di vaccino contro il Covid-19.
Negli Stati Uniti, i vaccini anti-Covid sono stati somministrati a più di 270 milioni di persone, in quasi 677 milioni di dosi.
Ad oggi, sono state presentate al governo federale poco più di 13.000 richieste di risarcimento per danni da vaccino, ma dietro queste richieste formalmente inoltrate, esiste una realtà molto più ampia di persone che lamentano vari disturbi- alcuni molto gravi - seguiti alle dosi.
La Mandavilli ha fatto ciò che ogni buon giornalista d’inchiesta dovrebbe fare, ma che sembra diventato negli ultimi anni impraticabile, per pressioni esterne o per auto-censura: ha preso in considerazione il fenomeno e lo ha indagato.
Una prima impressionante evidenza dell’inchiesta è che le persone danneggiate, negli Stati Uniti come abbiamo visto anche in Italia, chiedono in primo luogo di essere ascoltate, di non essere prese per “visionarie”. L’inchiesta racconta di persone giovani, in buona salute, diventate invalide dopo le dosi di vaccino.
Tra i pazienti intervistati dalla Mandavilli c’era anche qualche sanitario, che ha testimoniato di essere stato trattato dai colleghi in modo sprezzante, qualora ipotizzasse un qualsiasi collegamento tra i disturbi insorti e i vaccini anti-Covid.
Altri hanno lamentato di non essere stati contattati dalle autorità sanitarie dopo aver segnalato gli eventi avversi.
Sentimenti di abbandono, di non essere presi in considerazione, sono emersi nelle interviste, condotte per più di un anno. Sono state descritte una varietà di sintomi successivi alla vaccinazione, alcuni neurologici, altri autoimmuni, altri cardiovascolari. Tutti gli intervistati hanno affermato di essere stati allontanati dai medici, sentendosi dire che i loro sintomi erano psicosomatici o etichettati come anti-vaccini da familiari e amici, nonostante fossero favorevoli ai vaccini.
Akiko Iwasaki, immunologo ed esperto di vaccini presso l’Università di Yale, ha dichiarato che «le persone che affermano di avere lesioni post-vaccinazione vengono semplicemente completamente ignorate, respinte e deluse».
Nelle interviste e negli scambi di e-mail condotti dalla Mandavilli nel corso di diversi mesi, i funzionari sanitari federali hanno sempre insistito sul fatto che gli effetti collaterali gravi erano estremamente rari e che i loro sforzi di sorveglianza erano più che sufficienti per rilevare modelli di eventi avversi.
Sono state pochissime le voci raccolte nell’inchiesta di rincrescimento per quello che è accaduto, e tra queste quella della dottoressa Janet Woodcock, funzionaria di lunga data della Food and Drug Administration, che fu commissario ad interim della FDA nel gennaio 2021 mentre i vaccini venivano lanciati: «Mi dispiace per quelle persone. Credo che la loro sofferenza dovrebbe essere riconosciuta, che hanno problemi reali e che dovrebbero essere presi sul serio».
Tra le storie personali raccontate nell’inchiesta c’è quella, impressionante, di Michelle Zimmerman. Al momento del vaccino aveva 37 anni, con un dottorato di ricerca in neuroscienze. Poteva andare in bicicletta per 20 miglia al giorno e teneva corsi di danza. Oggi, dopo il vaccino che le provocò danni cerebrali, è una invalida che è tornata a vivere con i genitori in quanto non autosufficiente, non può lavorare, guidare o addirittura stare in piedi per lunghi periodi di tempo.
Il dottor Buddy Creech, 50 anni, che ha condotto diversi studi sul vaccino Covid alla Vanderbilt University, ha affermato di aver riscontrato egli stesso disturbi post vaccinali, come acufeni (disturbi dell’udito) ed episodi di tachicardia mai precedentemente riscontrati. Questo lo ha portato a cercare di dare ascolto ai suoi pazienti, senza liquidarli sbrigativamente:
«Quando i nostri pazienti riscontrano un effetto collaterale che può o meno essere correlato al vaccino, abbiamo il dovere nei loro confronti di indagare sulla questione nel modo più completo possibile».
L’inchiesta del New York Times è destinata, sia per l’autorevolezza dell’autrice, sia per le testimonianze raccolte, sia per il peso della testata giornalistica, che non può certo essere ascritta alla cosiddetta “controinformazione”, a diventare una pietra miliare nella ricerca della verità su quanto accaduto negli scorsi anni.