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LA NON-MOSCHEA DI PALERMO

Il leader islamico che scambia un arabesco per arabo

"Scoperta una moschea" durante il restauro di un antico palazzo di Palermo. Poi si scopre che le scritte arabe sono arabeschi. E che, quella stanza, difficilmente è mai stata una moschea. Allora perché il leader della Lega islamica dà il suo imprimatur?

Cultura 13_09_2013
tughra

«Palermo, due giovani restaurano una casa e sotto le vernici scoprono una moschea blu». Così titolava il sito del Corriere della Sera lo scorso 6 settembre. Nell’articolo si leggeva di come Giuseppe Cadili e sua moglie Valeria Giarrusso, entrambi giornalisti, durante i lavori di ristrutturazione di un appartamento nei pressi del Palazzo dei Normanni a Palermo avrebbero ritrovato, in una stanza, sotto vari strati di vernice, pareti blu istoriate con calligrafia araba. Un mese prima, il 12 agosto, la notizia era già stata diffusa dal Giornale di Sicilia e ripresa il 27 agosto da AnsaMed. Entrambe le testate riportano valutazioni e pareri di esperti. Il quotidiano siculo intervista lo storico Gaetano Basile che afferma: «Le iscrizioni sono di rara eleganza e ripetono lo stile della calligrafia arabo-cufica, una delle più antiche e raffinate forme di decorazione islamica». Poi offre anche un indizio come vedremo prezioso: «ripete artigianalmente la calligrafia a scopo adornativo. È un fenomeno ben noto alla nostra cultura, segnata dall’invenzione del rabbisco, retaggio tutto siciliano, appunto, dell’arabesco. L’artigiano siciliano, non conoscendo (più) l’arabo, scambiava i versetti calligrafici per decoro e li emulava». Conclusione: si tratta di una moschea che un signore si sarebbe fatto costruire a casa. A conferma di questa ipotesi, che diventa ben presto una certezza, è che sia esposta a Est, che abbia i lati perfettamente uguali, porte sui quattro lati con intento di non fare posizionare mobili, al soffitto il motivo della lucerna.

Quando il Corriere della Sera dà la notizia viene fatto un passo in avanti. A dare l’imprimatur islamico Farid Iskander al-Khotani, presidente della Lega Islamica in Italia, che viene intervistato e fotografato mentre osserva il “luogo di culto” privato. Al-Khotani dichiara: «Qualche lettera riesco a interpretarla, ma è uno stile antico. Debbo studiare il caso. Confrontando disegni e iscrizioni con le scritture custodite alla Mecca dove abbiamo grafie e caratteri succedutesi nei secoli». Che non vi sia ormai più dubbio alcuno sulla islamicità della stanza è anche la decisione dei proprietari, che si sono fidati degli “esperti” accorsi nella loro dimora, di destinare il locale a stanza di meditazione dove non verranno mai serviti alcolici per rispetto alla cultura islamica.

Il legame della Sicilia con la cultura arabo-islamica è noto ed è stato magistralmente illustrato dall’orientalista italiano Michele Amari nella sua Storia dei Musulmani di Sicilia. Ciononostante sono spiacente di comunicare ai proprietari che non si tratta né di una moschea né di una stanza con calligrafie in stile antico. Anche uno studente del secondo anno di arabo osservando le 16 fotografie riportate sul sito del Corriere della Sera si accorgerebbe che sulle pareti blu della stanza palermitana si trovano ghirigori, arabeschi, forse quella tecnica del rabbisco citata da Basile. Nulla che possa ricordare il cufico monumentale. Ma soprattutto nulla che possa ricordare lo stile antico citato da al-Khotani che non è riuscito a cogliere se non qualche lettera per ovvi motivi: sono ghirigori. Sorprende che non abbia riconosciuto un’imitazione della tughra ottomana (nella foto), ovvero la firma personale o il sigillo dei sultani ottomani, usata nei documenti ufficiali e nella corrispondenza del sovrano, che lo avrebbe potuto condurre a definire la calligrafia della stanza simile a quella di epoca ottomana. Quanto alle scritture custodite alla Mecca, il presidente della Lega islamica con sede in Arabia Saudita, dovrebbe sapere che i più antichi manoscritti coranici, talvolta non manoscritti completi ma fogli sparsi, scritti in quella che è stata definita scrittura hijazi, si trovano nelle biblioteche di Istanbul, Parigi, Londra, Sanaa e in altre biblioteche al mondo, dovrebbe sapere che i manoscritti coranici più antichi hanno una scrittura molto semplice, quasi rozza senza segni diacritici né vocali, che è ben lontana dalla calligrafia.

A questo punto non resta che chiedersi perché uno storico palermitano, totalmente in buona fede, abbia compreso che si trattava di una emulazione, mentre un arabo rappresentante di un’associazione islamica non abbia immediatamente riconosciuto che si trattava di un gioco artistico e non di una moschea. D’altronde manca il mihrab, ovvero la nicchia che indica la direzione della Mecca, ma soprattutto nella stanza nulla attesta l’uso come stanza di culto. Dalle fotografie riportate dal Corriere non si vede con chiarezza la placca incorniciata che sembrerebbe imitare, o essere, una sura coranica.

Non resta da chiedersi perché proprio Al-Khotani sia accorso e non altri. Ebbene il presidente della Lega islamica non è uno sconosciuto a Palermo. Lo scorso febbraio il sindaco Leoluca Orlando ha incontrato al-Khotani, per discutere dello scambio culturale e commerciale fra Palermo e il mondo arabo. L’incontro sarebbe avvenuto nel quadro delle attività culturali che la Lega islamica aveva realizzato in Sicilia, per incontrare diversi amministratori locali. Lo scorso maggio durante un convegno tenutosi presso la Grande moschea di Roma, il sindaco di Palermo ha ribadito la volontà di ospitare nel capoluogo siculo una moschea e un centro culturale islamico. Presente all’evento al-Khotani e il presidente dell’Ucoii, Izzeddine Elzir.
Credo sia necessario spiegare agli amministratori locali che la Lega islamica è ben lungi dal rappresentare i musulmani presenti sia sul territorio nazionale sia su quello regionale. La Lega islamica mondiale in Italia viene registrata all’inizio del 1998 come ente morale senza fini di lucro dall’allora presidente della Lega islamica mondiale, il saudita Abd Allah bin Salih al-Obeid.

Tra gli obiettivi della Lega islamica mondiale, quello di «confutare le false accuse rivolte all’islam e respingere le correnti e i falsi dogmi con i quali i nemici dell’islam cercano di distruggere l’unità dei musulmani e indurli al dubbio nella loro fede». Per quanto riguarda la sezione italiana, con sede presso la Grande Moschea di Roma, lo scopo è quello di «promuovere in Italia e in Europa una presenza islamica che si basi sul Corano, sulla puntuale osservanza dei precetti dell’islam, sull’insegnamento, sui comportamenti e soprattutto sull’esempio di una pacifica convivenza e fruttuosa collaborazione con l’intera società italiana». Con la morte dell’ex ambasciatore italiano in Arabia Saudita, Mario Scialoja, nel giugno 2012, la Lega islamica in Italia ha purtroppo perso un personaggio di grande spessore culturale e di grande affidabilità. Al-Khotani, già rappresentante della Lega islamica in altre capitali europee tra cui Vienna, ha segnato un cambiamento di rotta. Come può un saudita essere considerato un interlocutore per le autorità italiane quando non solo non esistono immigrati sauditi, ma soprattutto quando la dottrina wahhabita non è certamente l’interpretazione più moderata dell’islam? Ma soprattutto come si può affidare a chi non riconosce, a prescindere dalla buona o dalla mala fede, una scritta in arabo da un arabesco?

Il caso della stanza-moschea di Palermo dovrebbe risvegliare dal torpore le autorità italiane, ma soprattutto il sindaco di Palermo.