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Il governo della creazione - Il testo del video

Dio governa la sua creazione. Questo governo è ciò che si chiama Divina Provvidenza, un concetto molto più ampio di come è comunemente inteso. Tutti gli esseri sono governati da Dio, ma in modo diverso, a seconda che si tratta di creature razionali (dunque libere) o no. C’è un governo immediato e uno mediato.

Catechismo 28_05_2023

Proseguiamo il nostro commento a quella parte del Catechismo della Chiesa Cattolica che è dedicata alla Creazione.

Nell’itinerario di questa sezione, abbiamo visto innanzitutto che cosa vuol dire l’atto creativo di Dio, che cosa vuol dire che Dio crea, cioè propriamente causare l’essere delle cose (vedi qui). Poi abbiamo visto il secondo capitolo, cioè la conservazione delle cose nell’essere (vedi qui), ossia l’atto creativo che in qualche modo continua nel conservare, custodire la creazione nell’essere.

Oggi affrontiamo il terzo capitolo: come Dio governa la creazione, ovvero ciò che nel linguaggio popolare, ma anche nel linguaggio teologico, viene chiamata Divina Provvidenza. La scorsa volta abbiamo citato un testo del Denzinger, il 3003, che è tratto dalla Dei Filius, una costituzione del Concilio Vaticano I. In quel testo, la prima frase è: «Dio conserva e governa con la sua provvidenza tutto ciò che ha creato». Vediamo dunque questa duplice indicazione: conserva e governa. E l’oggetto di questo governo è tutto ciò che ha creato. Teniamo presente questa frase molto semplice - «Dio conserva e governa con la sua provvidenza tutto ciò che ha creato» - perché condensa delle grandi verità di fede che cerchiamo un po’ di mettere a fuoco in questi incontri.

Iniziamo con il Catechismo della Chiesa Cattolica, che al numero 302 insegna: «La creazione ha la sua propria bontà e perfezione, ma non è uscita dalle mani del Creatore interamente compiuta. È creata “in stato di via” (“in statu viae”) verso una perfezione ultima alla quale Dio l’ha destinata, ma che ancora deve essere raggiunta». Cioè, la creazione non esce dalle mani di Dio già con il fine raggiunto: esce come cosa buona, come dice il testo della Genesi; ma esce orientata, finalizzata, mossa verso un fine che deve raggiungere, e in questo senso si parla di in statu viae, quindi non è uno status perfectionis, non è uno stato in cui già si è raggiunto il fine, ma è uno stato in cui si tende verso questo fine.

Il Catechismo prosegue dicendo: «Chiamiamo divina provvidenza le disposizioni per mezzo delle quali Dio conduce la creazione verso questa perfezione» (CCC 302). Dunque, è chiaro cosa intendiamo per Provvidenza divina. Tante volte il termine è stato reso per intendere, ad esempio, le donazioni o il cibo che arrivano nei monasteri, e si dice «è la provvidenza». Il che non è del tutto sbagliato, ma il concetto di Provvidenza è molto più ampio e indica questo condurre, da parte di Dio, la creazione verso il suo fine. Nel linguaggio teologico si utilizza molto questa espressione, cioè: Dio ha impresso alla creazione un movimento verso un fine. Questo è proprio il senso del governo che Dio esercita sulla sua creazione, per farle raggiungere il suo fine.

Ora conviene richiamare alcuni passi - tra i tanti - della Sacra Scrittura che ribadiscono questo governo di Dio e alimentano quindi la fede del cristiano in questa grande verità. Questi passi sono forse quelli più frequentemente presenti nelle Scritture. Le Sacre Scritture contengono tantissimi testi - in forma di sentenze sapienziali, in forma di suppliche nella salmodia o nella formulazione profetica - che indicano tutte una stessa realtà di fondo in tante sfumature, e cioè che la creazione, la storia sono saldamente nelle mani di Dio: non c’è nulla che sfugga al disegno provvidenziale con cui Dio conduce la sua creazione verso il suo fine. Per esempio, prendiamo il Salmo 118: «Per tuo decreto tutto sussiste fino ad oggi, perché ogni cosa è al tuo servizio» (Sal 118, 91). Qui c’è la coniugazione tra la grande verità della creazione e della sua conservazione («Per tuo decreto tutto sussiste fino ad oggi», è creato e sussiste, è mantenuto nell’essere); poi si aggiunge «perché ogni cosa è al tuo servizio», cioè ogni cosa rientra nel piano provvidenziale di Dio. Non c’è nulla che sfugga a questo piano che Dio ha sulla creazione.

Ancora, nel Salmo 144 c’è un passo molto famoso (nell’Ordine benedettino viene quasi sempre pregato, durante l’anno, nella benedizione prandiale, prima di pranzo): «Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa e tu provvedi loro il cibo a suo tempo. Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente» (Sal 144,15-16). Questo riferimento al dare alimento indica questa capacità di Dio di conservare le cose e di guidarle.

Se passiamo all’amplissimo campo dei Profeti, nel libro di Isaia, troviamo scritto: «Il mio progetto resta valido, io compirò ogni mia volontà» (Is 46,10). Questo per dire che il progetto di Dio sulla creazione, sulla storia, viene realizzato e raggiungerà il suo fine («io compirò ogni mia volontà»).

Di nuovo, un altro testo abbastanza conosciuto, si trova nel libro della Sapienza: «Ella [la Sapienza di Dio] si esprime con potenza da un’estremità all’altra e tutto governa con bontà» (Sap 8,1). Vediamo di nuovo questa idea del governo e in particolare l’enfasi sul tutto.

Ancora, nel Catechismo della Chiesa cattolica, al paragrafo 303, troviamo un altro elenco di questi testi delle Scritture. Per esempio, dice il Catechismo: «Con forza i Libri Sacri affermano la sovranità assoluta di Dio sul corso degli avvenimenti». E qui cita il Salmo 115: «Il nostro Dio è nei cieli, egli opera tutto ciò che vuole». E di Cristo si dice: Quando egli apre, nessuno chiude, e quando chiude, nessuno apre» (Ap 3,7). È un testo che viene ripreso anche nelle cosiddette “antifone O”, cioè le antifone prenatalizie della Novena di Natale, dove appunto ritorna questa idea: se apre, nessuno può chiudere; se chiude nessuno può aprire (cfr. Ap 3,7), indicando questo governo sulla storia, sulla creazione.

Di nuovo, il libro dei Proverbi, al capitolo 19 dice: «Molte sono le idee nella mente dell’uomo, ma solo il disegno del Signore resta saldo» (Prv 19,21).

Ancora, al paragrafo 305, il Catechismo cita il passo arcinoto del Vangelo secondo Matteo, quando Gesù dice agli apostoli: «Non affannatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo?” [...]. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,31-33).

Perché abbiamo fatto questa carrellata? Primo elemento fondamentale: noi sappiamo che è di fede credere che Dio governa la sua creazione, governa la storia e non c’è nulla che si sottragga al governo di Dio; è un mistero di fede, quindi non possiamo avere la pretesa di comprendere in ogni singolo dettaglio come Dio operi questo. Ma la fede ci conferma nel fatto che Dio opera questo, Dio governa tutto, non c’è nulla che sfugga a questo governo di Dio. È importante ribadirlo, riprendersi questi testi, ripeterseli, approfondirli, anche farne l’alimento della preghiera. Perché noi viviamo in un tempo in cui la prospettiva deista (quando va bene, perché altrimenti abbiamo quella laicista e atea) - cioè la prospettiva di un Dio che avrà anche fatto la creazione, ma adesso tocca solo a noi e non si capisce dove Dio si sia ritirato nel frattempo - è entrata tantissimo non solo nella società, nel modo di pensare comune, ma anche nella mentalità di noi cattolici: è l’idea per cui in fondo sarebbe sintomo di un pensiero infantile pensare che Dio governi veramente tutto. E spesso ci facciamo deviare da alcune apparenti obiezioni che sembrano decisive - come per esempio la compatibilità tra questo governo e la presenza del male, come vedremo -, ma che invece veicolano, instillano una mentalità che è a tutti gli effetti contro la fede, che porta fuori da uno dei perni della fede cattolica. Quindi, massima attenzione su questo versante.

Qual è questo fine a cui Dio ha impresso un movimento nella creazione? Questo fine, come dice san Tommaso all’articolo 4 della quaestio 103 della prima parte della Summa, è proprio la partecipazione, l’imitazione del bene per essenza. Praticamente tutto è ordinato alla divina bontà. La creazione che esce dalle mani di Dio, dalla bontà di Dio, dalla sapienza di Dio, lì [a Dio] è chiamata a tornare. Questo è il senso, la direzione della creazione, tant’è vero che è così importante questo aspetto che san Tommaso struttura tutta la Summa Theologiae proprio su questo: l’exitus, ossia è la creazione, l’uomo che escono da Dio; il reditus, il loro ritorno a Colui che li ha creati. Questa è la struttura fondamentale della Summa Theologiae ed è il senso ultimo, il senso più profondo di tutta la storia, di tutto quello che esiste: non c’è una spiegazione più radicalmente vera di questa.

San Tommaso affronta proprio questa questione fondamentale all’articolo 5 della quaestio 103, chiedendosi «se tutte le cose siano soggette al governo divino», perché non sembra che sia così. E vedremo perché non sembra che sia così. La risposta è chiaramente affermativa. Dice san Tommaso: «Come non può esservi cosa che non sia stata creata da Dio, così non può esservi cosa che non sia sottoposta al suo governo». San Tommaso lega profondamente la questione del governo di Dio sulla creazione alla creazione stessa, al fatto che Dio è creatore. La creazione implica sempre questi tre aspetti: 1) l’atto propriamente creativo di Dio; 2) l’atto conservativo di Dio; 3) l’atto con cui Dio governa la creazione e la conduce al suo fine.

È interessante, sempre nello stesso articolo 5, la risposta alla seconda e terza obiezione. Scrive san Tommaso nella risposta alla seconda obiezione: «Pur essendo una sola l’arte con la quale Dio governa, gli esseri sono da lui diversamente governati, secondo le loro diversità». Teniamolo a mente: gli esseri sono tutti governati da Dio, ma non tutti allo stesso modo, ma ciascuno secondo la diversità dell’essere. In particolare, san Tommaso dice: «Ve ne sono alcuni, infatti, che hanno la capacità naturale di muoversi da sé stessi, avendo il dominio dei propri atti».

Chi sono questi esseri che sono in grado di indirizzarsi al fine, di volere, di intendere questo fine? Sono esseri che hanno il dominio dei propri atti, cioè hanno una volontà libera e hanno un intelletto: chiaramente siamo noi e gli angeli. «E questi sono governati da Dio, non solo perché mossi da Dio che opera internamente in essi, ma anche perché da Lui indotti al bene e allontanati dal male con precetti e divieti, con premi e con pene».

Noi siamo realmente padroni dei nostri atti, non siamo necessitati: vogliamo e non vogliamo, vogliamo questo, vogliamo quello: non c’è una necessità checché ne dicano alcune branche delle neuroscienze; c’è una volontà, una volontà libera, certo condizionata, nel senso che non è libera in senso assoluto (ha dei condizionamenti), ma in ultimo c’è una radice, un volo della persona. Dio muove anche queste creature [razionali], operando internamente in esse: quindi c’è una mozione interna: per natura un’inclinazione della volontà a intendere il suo fine, il suo bene e dal punto di vista soprannaturale, è la mozione della Grazia. Quindi Dio agisce internamente, agisce illuminando l’intelligenza dell’uomo perché colga il vero, il bello, il buono. Ma c’è anche un’operazione “esterna”, nel senso - come dice san Tommaso - che questi esseri vengono «da Lui indotti al bene e allontanati dal male con precetti e divieti, con premi e con pene».

Qui troviamo la risposta semplice ad un mondo di problemi che affliggono la cattolicità oggi: c’è la stigmatizzazione del precetto e del divieto. Si dice “queste sono cose esterne, allora l’uomo non è libero, deve solo obbedire meccanicamente a dei decreti esterni a lui”. Ma san Tommaso precisa che Dio muove, governa la creazione, in particolare quelle creature che sono libere, che sono padrone dei propri atti. E le governa “con due mani”: una mano che agisce interiormente, senza per questo togliere la libertà; e l’altra mano che agisce, potremmo dire, esternamente, cioè pone davanti all’uomo - che è libero e intelligente - i decreti della sua volontà, quelli comprensibili osservando la natura umana, le leggi che Dio ha posto nell’uomo, nella creazione; e la rivelazione “positiva”, tramite i Profeti e tramite Dio stesso che si incarna e che consegna alla Sua Chiesa lo sviluppo di questi decreti, di questi precetti. Quindi, biasimare i precetti divini, biasimare la legge divina, biasimare anche gli strumenti che esprimono questi precetti divini - il Magistero della Chiesa, per esempio - significa biasimare, respingere, non riconoscere questa azione con cui Dio governa la Sua creazione, in particolare l’uomo libero.

Dunque, il precetto, la legge divina, il divieto non sono una cosa orribile, che non bisogna più pensare perché retaggio di chissà quale mentalità, ma sono esattamente una delle due mani con cui Dio governa la Sua creazione. E queste mani che Dio utilizza, queste mani benedicenti da parte di Dio, vanno, per così dire, accolte, vanno baciate; si deve voler stare sotto queste due mani, che si riconoscono come le mani di un Dio sapiente, buono, onnipotente.

Ma c’è ancora un altro mezzo con cui Dio governa la Sua creazione, in particolare le creature libere, e anche questo è un mezzo che non ci “suona” più molto bene, ma c’è: Dio governa «con premi e con pene», come si fa nell’educazione. Nell’educazione dei bambini, dei ragazzi, si danno dei premi per confermare e rafforzare la volontà nel bene; il premio è una sottolineatura del bene compiuto, che viene così rafforzato. Ma dall’altra parte, si dà una pena o (un’altra parola che non si può più dire, ma che esiste), il castigo. Perché la pena e il castigo? Per indicare che c’è invece una via del male che deve essere evitata. E quindi ponendo il castigo si ri-orienta la volontà verso il bene; questo è l’intento del castigo di un educatore, l’intento del castigo divino: che questo [riorientamento] avvenga, dipende poi chiaramente dalla corrispondenza di ciascuno. Quindi, escludere, stigmatizzare, rifiutare l’idea dei precetti e dei divieti e l’idea dei premi e dei castighi è in fondo un rifiutare il governo che Dio esercita sulla creazione, né più né meno.

Nella risposta alla terza obiezione, sempre nell’articolo 5 della quaestio 103, san Tommaso scrive: «La creatura razionale governa sé stessa con l’intelletto e con la volontà, facoltà che però hanno bisogno di essere sorrette e attuate dall’intelletto e dalla volontà di Dio. Quindi, la creatura razionale, oltre al governo col quale dirige se stessa in quanto padrona dei suoi atti, ha bisogno di essere governata da Dio». Questo è un altro punto fondamentale, decisivo. Le creature ragionevoli, libere - gli uomini e gli angeli - non sono dirette a prescindere dalla loro volontà e dalla loro intelligenza; il fatto che realmente siano padrone dei propri atti non significa che allora Dio non le governi, le sorregga e le attui - come dice san Tommaso - con il Suo intelletto e la Sua volontà: cioè, l’intelletto e la volontà di Dio intervengono per sorreggere e attuare l’intelletto e la volontà della creatura razionale.

Quindi, la creatura razionale, proprio per essere libera - e non nonostante la sua libertà -, ha bisogno di Dio. Dio è il garante della libertà dell’uomo, perché è Dio che sorregge la volontà dell’uomo perché sia tale, e non sia invece un istinto determinato; è Dio che sorregge l’intelletto dell’uomo perché si apra al vero. Dunque, con questa visione cade ogni presunto o reale conflitto tra la presenza di Dio e la libertà dell’uomo; non sono in competizione: questa è una visione distorta della modernità. Dio, invece, è il garante - ontologicamente - dell’uomo per quello che è, quindi dell’uomo capace di volontà e intelletto, dell’uomo libero.

E si capisce anche perché, tolto di mezzo Dio, almeno dal nostro punto di vista (Dio non si toglie di mezzo sicuramente, l’uomo non ha questo potere), l’uomo ha il potere di far finta con se stesso che Dio non esista. Stiamo vedendo a che cosa sta portando questo: la libertà dell’uomo sta crollando sotto i colpi dei propri vizi, sotto i colpi di modalità di gestione del potere pubblico molto discutibili, eccetera, e qui sì che l’uomo rischia di vedere sempre più ristretta la sua volontà. Mentre Dio è il garante della volontà libera dell’uomo. Questo è fondamentale; nella Summa di san Tommaso ci sono tantissimi passi al riguardo.

L’articolo 6 della quaestio 103 dice che questo governo di Dio è un governo immediato e mediato. Non c’è contraddizione, perché vedremo sotto quale punto di vista è immediato e invece sotto quale aspetto è mediato. San Tommaso in questo articolo afferma che il governo di Dio è immediato quanto alla ratio gubernationis, cioè quanto al Suo piano di governo (in italiano la traduzione è proprio “piano” o “disegno di governo”). E rispetto a questo piano, Dio governa, «dirige tutti gli esseri immediatamente». Quanto invece all’esecuzione di questo disegno, «Dio governa alcuni esseri per mezzo di altri». Dio ha un piano di governo tale da raggiungere anche i minimi particolari, cioè il governo di Dio, il piano di Dio riguarda ogni dettaglio della creazione, non c’è nulla che avvenga per caso, tutto è stato voluto da Dio. «Ma poiché - dice san Tommaso - l’atto del governare ha il compito di condurre alla perfezione gli esseri governati, sarà tanto migliore il governo, quanto maggiore sarà la perfezione comunicata, da chi governa, alle cose governate. Ora, si ha certo una maggiore perfezione nel far sì che una cosa sia buona in sé stessa e insieme sia causa di bontà nelle altre, che non nel rendere la cosa buona soltanto in sé stessa. Dio perciò governa le cose in maniera da rendere alcune di esse cause rispetto al governo di altre».

Cioè, Dio è talmente onnipotente che nel porre in atto il suo disegno vuole servirsi di altre cause mediate. San Tommaso dice che Dio è in grado non solo di rendere una cosa buona in sé stessa (tutta la creazione è buona perché viene da Dio), ma dice che è anche così onnipotente da far sì che una cosa sia causa di bontà nelle altre. Quindi, l’onnipotenza di Dio crea la bontà delle cose, ma crea anche il fatto che alcune causino la bontà delle altre, cioè siano causa mediata, intermedia, della bontà delle altre cose. E fa un esempio: un maestro è veramente bravo non solo quando istruisce, educa i suoi alunni, ma quando li rende capaci di istruire gli altri. C’è una maggiore perfezione nel far sì che l’uno diventi a sua volta causa di conoscenza, di progresso interiore di altri, che non il solo fatto di essere stato lui edotto.

La prossima volta ripartiremo da qui, vedremo anche come il Catechismo spiega questo aspetto. E analizzeremo due importanti capitoli, due obiezioni che si muovono a questa verità di fede del governo di Dio su tutta la creazione, ossia: 1) se esista qualcosa che possa cadere al di fuori di questo governo divino; 2) se sia possibile opporre resistenza a questo governo divino.