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ROMA

Il Giubileo è un'opportunità. Non un costo

Vi sembrerebbe normale che Milano chiedesse aiuti di Stato perché ospita la Borsa? O che Rimini li domandasse per reggere il ritmo del turismo estivo? Ebbene Roma esige soldi di Stato per il pellegrinaggio dell'Anno Santo, la sua vera risorsa da millenni. E la minaccia terroristica non fa altro che aumentare queste richieste.

Editoriali 09_12_2015
Pellegrini sulla Scala Santa

Nonostante si sia fatto di tutto per dissuaderli dal recarsi a Roma per l’inaugurazione solenne dell’Anno Santo i pellegrini ci sono andati lo stesso. Magari un po’ meno numerosi di quanto fosse stato previsto (da chi poi? Anche questo sarebbe interessante saperlo) hanno comunque gremito gli spazi che erano stati loro riservati in piazza san Pietro.

Che un grande evento di popolo del genere implichi un certo rischio è semplicemente ovvio; che tanto più lo implichi in questo momento è altrettanto ovvio. E che alle istituzioni con poteri di polizia nei luoghi ove esso si svolge da ciò derivi una specifica responsabilità è, se fosse possibile, ancora più ovvio. Avendo beninteso garantito tutta la sicurezza possibile, all’ombra di queste tre ovvietà si tratta poi di vedere quale politica della comunicazione fare: se rassicurare oppure se alimentare la paura. Riguardo al Giubileo o Anno Santo straordinario della Misericordia, solennemente inaugurato ieri a Roma, i direttori della grande orchestra massmediatica internazionale, e soprattutto italiana, hanno optato a tutta forza per la seconda delle due possibilità; essendo anche certi di ben interpretare così il comune sentire delle istituzioni del nostro Paese e specialmente di quelle della città di Roma.

La gente, dicevamo, non li ha seguiti, e probabilmente ancor meno li seguirà nei mesi a venire. Non basta però esserne lieti, come anche noi lo siamo. E’ pure interessante capire come mai a ciò si inclini proprio in un  tempo come il nostro nel quale, se lo si vuole, le tecniche consentono un controllo degli eventi di massa di un’efficienza senza precedenti. Alla radice c’è evidentemente la specifica fragilità psicologica che deriva dall’ateismo pratico. Nella vita di ogni giorno oggi si fa un gran parlare della sicurezza, e della “messa in sicurezza” come se la sicurezza fosse tutta nelle nostre mani. E’ stato molto significativo che nel commentare gli attentati di Parigi tanti osservassero con sorpresa che “la vita è appesa a un filo”. E’ la scoperta dell’acqua calda. La vita è evidentemente sospesa a un filo. Tutto sta a vedere chi tiene il filo: se cioè un fato indecifrabile oppure qualcuno che ci vuole bene. Essendo oggi in Occidente la vita quotidiana all’apparenza poco drammatica, l’uomo occidentale può sfuggire al grande quesito esistenziale di cui sopra fingendo di vivere in uno stato di assoluta sicurezza, che poi comunque i fatti si incaricano di smentire. Dovrebbe però esser chiaro che si tratta di una scappatoia di corto respiro.

Ferma restando la sua fondamentale incidenza, tale originaria fragilità psicologica specifica non basta tuttavia a spiegare il disagio se non il fastidio che  l’Italia ufficiale e la Roma ufficiale hanno cominciato a manifestare sin da quando il Giubileo venne annunciato. Il costante flusso di pellegrini in visita alla “soglia di Pietro”, che fanno di Roma di gran lunga la maggiore meta di pellegrinaggio del mondo, è (o meglio sarebbe) una risorsa principale della città. A questa si aggiunge l’altra principale risorsa costituita dallo straordinario patrimonio artistico raccolto in un centro storico che è il più esteso del mondo. L’una cosa e l’altra sono comunque strettamente interconnesse. E’ infatti indiscutibile che solo grazie al papato Roma è giunta fino all’età contemporanea come città monumentale, e non come un semplice villaggio rurale abbarbicato a un’area archeologica, come invece ad esempio era accaduto ad Atene. Il trasferimento a Roma nel 1871 della capitale dell’appena nato Regno d’Italia, con il conseguente insediamento e sviluppo nella città di un grande centro di potere burocratico, per lo più parassitario, che sin qui non ha mai smesso di crescere, è stato all’origine di una trasformazione radicale dell’economia cittadina.

Oggi Roma è una città che sostanzialmente vive consumando rendita politica prelevata dal resto del Paese. Rispetto a questo meccanismo e alle sue regole, le altre risorse di Roma, quelle che sarebbero le sue risorse proprie, paradossalmente diventano più che altro un disturbo. Addirittura qualcosa di cui la città chiede di venire indennizzata. In tale prospettiva il Giubileo è stato fatto diventare quasi un’alluvione, uno stato di calamità in forza del quale succhiare altri denari allo Stato, ovvero a tutti noi. E’ come se Milano chiedesse di venire indennizzata perché è sede della Borsa, o come se Rimini chiedesse aiuti allo Stato per poter reggere alla dura prova del Ferragosto. Per un’economia del genere il recente intensificarsi in Europa di attentati terroristici di matrice islamista è stato quel che si dice (con rispetto parlando) il cacio sui maccheroni. Più paura si diffonde e più, in nome della “sicurezza”, si possono chiedere elargizioni extra dal bilancio dello Stato essendo certi che verranno concesse senza fiatare. Ecco perché la paura è stata sparsa a piene mani, e perché di certo verrà fatto ogni sforzo per tenerla viva il più possibile.