Il gay pride mostra il suo vero volto: l'odio anticattolico
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Il Pride brianzolo mette in scena una blasfema parodia della Via Crucis dopo le parole del cardinal Müller sul "giubileo arcobaleno". Una violazione del codice penale che mostra il vero volto della causa Lgbt: l'odio verso la Chiesa.

Nostro Signore continua ad essere crocefisso e ad essere insultato ai piedi della croce. La stessa croce e il cammino di sofferenza che lo ha portato al Golgota sono oggetto di scherno. Gesù e la sua croce sono insultati dai nostri peccati e da quelli della comunità gay. In particolare dalla comunità arcobaleno della Brianza che ha organizzato per il prossimo sabato il Brianza Pride ad Arcore.
Dato che i Pride non fanno più notizia e dato che i cattolici sono vittime privilegiate di qualsiasi dileggio perché ormai privi di spina dorsale, ecco che agli organizzatori è venuta l’offensiva idea di strutturare il corteo secondo lo schema della Via Crucis che per l’occasione prenderà il nome di Via frocis. Dieci stazioni, invece di quattordici, per declamare gli stereotipi del pensiero LGBT e progressista mimando i titoli delle stazioni della Via Crucis: Gaza condannata a morte e poi, come spiegano gli organizzatori, «le famiglie arcobaleno si caricano la croce del ddl Varchi [che qualifica l’utero in affitto reato universale, n.d.r.]»; «la comunità LGBT incontra i genitori Agedo [Associazione genitori di figli LGBT, n.d.r.]», che ricalca in modo oltraggioso l’incontro di Cristo con sua Madre; «l’Ungheria cade sui diritti lgbt» e «la Brianza cade sotto il cemento di Pedemontana», rievocando le cadute di Gesù verso il Calvario; «Brianza Pride incontra i non binary» e le donne transessuali, quando invece Gesù incontra le donne di Gerusalemme. Nell’undicesima stazione Gesù viene inchiodato alla croce e invece nella blasfema ottava stazione «l’Italia [è] inchiodata alla croce dell’ingerenza vaticana», tanto per spargere il fango dell’odio sulla Chiesa cattolica. La nona stazione della Via frocis è dedicata all’incontro con gli studenti e infine nella decima si parlerà di diritti per tutti (fuorchè per i cattolici).
Perché questo attacco frontale alla Chiesa cattolica, ai credenti e alla sensibilità religiosa collettiva? Perché qualcuno in casa cattolica finalmente ha parlato chiaro. Come avevamo riportato qualche giorno fa sul blog Gender Watch News, il cardinal Gerhard Ludwig Müller, in merito al cosiddetto Giubileo arcobaleno, aveva affermato che i pellegrini LGBT cercavano di «propagandare se stessi passando attraverso la Porta Santa, piuttosto che vivere il tradizionale scopo di cambiare vita, proprio dell’evento giubilare. Essi profanarono il tempio di Dio, facendo della casa del Padre una piazza di rappresentanza (Gv 2,17). Il movimento Lgbt è assolutamente contro la volontà di Dio Creatore, che ha istituito il matrimonio come santo sacramento in Cristo, ed è uno scandalo assoluto che ciò sia avvenuto».
Oscar Innaurato, presidente di Brianza oltre l’arcobaleno e uno dei principali organizzatori della Via frocis, a tal proposito ha dichiarato: «Ci sentiamo sotto attacco, non solo le parole del cardinale Müller, ribadite anche da papa Leone XIV ma anche l’approvazione in via definitiva al Senato del ddl Varchi che rende la gestazione per altri un reato universale. Continuiamo a sentirci colpiti e discriminati e questa Via frocis è un modo per dare voce alle nostre parole».
Da una parte, per paradosso, siamo felici di ciò che ha detto Innaurato. Significa che il cardinal Muller ha colpito nel segno, ha messo sale nelle ferite aperte nella coscienza dei militanti gay, ha fatto capire che il nemico numero uno per loro, la Chiesa cattolica, ha ancora tra i suoi membri qualcuno che non si flette al gaiamente corretto, che è fedele servitore della verità e non si fa blandire o intimorire. C’è ancora chi non si piega e non si spezza.
La Via frocis è dunque una risposta schiumante rabbia alla verità chiara come il sole sull’omosessualità. Siamo anche amaramente contenti di questa iperbolica reazione allergica dell’attivismo gay – davvero uno shock anafilattico a contatto con l’allergene cattolico – perché mostra a tutti, atei compresi, di che pasta sono fatti lor signori. I quali non hanno poi timore di molestarci perché siamo notariamente imbelli. I fanatici dell’Islam – pratica ripugnante – scaraventano dai piani alti dei palazzi le persone omosessuali. Noi benediciamo in chiesa chi in strada ci insulta.
Su altro versante la Via frocis è un atto di blasfemia gravissimo, offende pesantemente tutti i credenti e crea scandalo, sconcerto, disgusto. Siamo ben oltre la discriminazione, così cara ai gay solo se li riguarda, siamo all’insulto vibrante disprezzo ed irrisione. Vedremo quanti pastori ambrosiani, tacendo, diventeranno complici di questo misfatto. Ogni omissione in questo caso è colpevole perché collabora materialmente al male. Sentiamo già poi berciare i politici di area levantina, invocando la libertà di parola. Tutelata se ad offendere sono i militanti gay, negata se a difendere Dio e i suoi principi sono i cattolici.
Perché poi qui c’è un chiaro risvolto penale. La Via frocis potrebbe avere tutte le carte in regola per configurare il reato di Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose. Recita l’art. 404 cp: «Chiunque, in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, offendendo una confessione religiosa, vilipende con espressioni ingiuriose cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all'esercizio del culto […] è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000». Qui i sofisti del diritto affermeranno che l’offesa è ad una pratica religiosa non a cose oggetto di culto. Noi in qualità di antisofisti rispondiamo che offendendo la pratica religiosa della Via crucis si offende la croce.
I legulei arcobaleno ribatteranno che non si è offeso l’oggetto materiale della croce, come esigerebbe il 404. Rispondiamo che la Via frocis ha fatto di peggio: ha offeso la croce in quanto tale, il suo significato, e quindi ha offeso contemporaneamente tutte le croci materiali esistenti che rimandano a quel significato declinandolo nel concreto. D’altronde se si offende una cosa sacra si vuole in realtà offendere il significato che reca in sé quella cosa. Ci aspettiamo allora che qualche Pubblico ministero, raggiunto da siffatta notitia criminis, faccia comprendere che la libertà di parola non è libertà di offendere. E se magari anche il Prefetto lo comprendesse forse l’ennesima spregevole angheria alla coscienza collettiva dei credenti potrebbe addirittura essere fermata.
Eppure alla fine nulla di inedito, nulla di strano. Sin dall’inizio la croce e il Condannato ad essa appeso suscitano irrisione e offese: «Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano: “[…] Scenda ora dalla croce e gli crederemo”. […] Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo» (Mt 27, 41-44).