Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
genova

Il Gay pride apre le porte all'educazione sessuale dei bimbi

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All'interno del Liguria pride che aprirà i battenti oggi ci sarà anche un "Village kids". Uno spazio per indottrinare i bambini alle cause Lgbt. Una violenza sulla pelle dei più piccoli perché è più facile adulterare l’anima di un bambino che quella di un adulto.

Educazione 01_06_2024

Village Kids. No, non è uno di quei baby club dei villaggi turistici dove parcheggiare la prole mentre papà fa immersioni e mamma sta in piscina. Si tratta invece di uno spazio bimbi all’interno del Liguria Pride, spazio aperto da oggi, 1 giugno fino al 7 presso i Giardini Luzzati a Genova. Insomma un pride bonsai a misura di minore. In seno al Village Kids, tra le altre attività, si svolgerà anche il laboratorio “Infinite Famiglie” tenuto da Edusex Aps, associazione presente anche nelle scuole primarie per parlare di sessualità ed affettività. Il Comitato Liguria Pride svela il contenuto delle attività che si svolgeranno nel Village Kids: «I laboratori del Village Kids propongono di divertirsi, giocare e lavorare su temi che esistono, che sono nella nostra società […]: le disabilità ad esempio, o le tante forme che può avere una famiglia, o gli stereotipi». Dunque in soldoni Edusex ed altri insegneranno ai bambini che l’omosessualità e la transessualità sono cose buone.

I consiglieri della Lega non ci stanno e, tramite una nota, hanno chiesto al sindaco Bucci di intervenire per bloccare un evento «che ha come tema la diffusione della teoria gender tra i bambini». E così proseguono: « La Lega non crede che sia giusto usare uno spazio pubblico per un incontro di questo tipo che coinvolge bimbi tra i 5 e gli 8 anni e questa decisione ci lascia indignati proprio per la delicatezza degli argomenti che si vanno a trattare e che pensiamo non si dovrebbero discutere con dei bambini di quell’età».

Suscita triste interesse notare la relazione tra Pride e educazione alla sessualità ed affettività per i più piccoli. Questa relazione assume più valenze. In primis è un messaggio per gli adulti: il Pride è contestazione, rivolta, sberleffo, rivendicazione, lotta e rivoluzione. È scontro con un mondo retrivo e bigotto (supposto tale ovviamente dato che ormai tutti sono gay friendly), un mondo che non ha ancora capito che le varianti dell’amore sono tante quante i colori dell’arcobaleno e che le identità sessuali  sono sfumate come i quadri di Turner. Questa inedita normalità deve essere insegnata ai bambini affinchè non ci sia più bisogno di Pride in futuro. La didattica LGBT serve quindi a scrivere su fogli bianchi ancora immacolati le parole d’ordine dell’agenda omo-transessualista, a togliere l’innocenza a cuori vergini. È esattamente ciò che sta avvenendo da qualche decennio in tutto il mondo con l’educazione alla sessualità e alla salute riproduttiva, ossia vendere come protocolli medici pratiche come l’aborto, la contraccezione e la sterilizzazione.

Inutile aggiungere che ai bambini nulla deve essere didatticamente e didascalicamente insegnato sull’affettività, perché già di loro danno e cercano affetto, e quindi sanno benissimo cosa sia. E poi i loro maestri sono mamma e papà quando si vogliono bene: quella è l’unica lezione sull’affetto che conta. In merito alla sessualità, dubbi e domande è bene che sorgano spontaneamente e non sollecitati da gay e trans. Dubbi e domande a cui, primariamente ed ordinariamente, risponderanno i genitori perché tali tematiche sono sensibilissime ed intime. Chi meglio dei genitori conosce i propri figli e quindi chi meglio di loro, almeno sulla carta, è in grado di trovare tempi, modi e parole per parlare del miracolo di due anime che si donano tramite il corpo? I filo-gender sono consapevoli di tutto questo, ma il loro intento è manipolare le coscienze dei piccoli per avere in futuro dei grandi manipolati.

La strategia è semplice: è più facile adulterare l’anima di un bambino che quella di un adulto. Gli attivisti "gai" liguri non si sono inventati nulla.

Un esempio tra i molti: citiamo gli Standards for Sexuality Education in Europe elaborato nel 2010 da 19 esperti e poi firmato dal Centro Federale per l’Educazione alla Salute, un organismo del governo tedesco, e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sezione europea (qui un approfondimento). Si tratta di alcune linee guida utili ai «politici, alle autorità educative e sanitarie e agli specialisti» del settore per impartire l’educazione sessuale ai minori di 53 paesi dell’area europea e zone limitrofe. Un testo che per i bambini dagli zero ai 4 anni  suggerisce il gioco del dottore e che consiglia di «informare [i bambini] sul piacere e sul godimento che si sperimenta quando si accarezza il proprio corpo e sulla masturbazione precoce infantile».

Sempre in questa fascia di età bisogna spiegare all’infante e al quasi infante che costoro vantano «il diritto di scoprire la propria identità di genere». Tra i 4-6 anni è opportuno che apprendano qualche nozione di base «sull’amicizia o sull’amore tra persone dello stesso sesso» e sul fatto che esistono «concezioni diverse di famiglia». Arrivati ai 9 anni è necessario spiegare che esiste una «differenza tra identità di genere e sesso biologico», questo anche perché bisogna far sorgere in loro «una favorevole disposizione verso l’uguaglianza di genere nei rapporti interpersonali e nella scelta del partner».

Altro esempio: l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), che fa capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Pari Opportunità, nel 2014 pubblicò una trilogia di opuscoli, destinati agli insegnanti, dal titolo Educare alla diversità a scuola, opuscoli poi ritirati dal Ministero dell’Istruzione a seguito delle numerose proteste (qui un approfondimento). In questi opuscoli si poteva leggere senza infingimenti che «molti bambini trascorrono gli anni della scuola elementare senza accenni positivi alle persone LGBT. Gli anni delle elementari offrono, invece, una meravigliosa e importante opportunità di instillare [sic] e/o nutrire atteggiamenti positivi e rispettosi delle differenze individuali, familiari e culturali, comprese quelle relative all’orientamento sessuale, all’identità e all’espressione di genere. Nella società occidentale si dà per scontato che l’orientamento sessuale sia eterosessuale. La famiglia, la scuola, le principali istituzioni della società, gli amici si aspettano, incoraggiano e facilitano in mille modi, diretti e indiretti, un orientamento eterosessuale. A un bambino è chiaro da subito che, se è maschio, dovrà innamorarsi di una principessa e, se è femmina, di un principe. Non gli sono permesse fiabe con identificazioni diverse».

Da qui uno dei moniti rivolti ai maestri: «Non usare analogie che facciano riferimento a una prospettiva eteronormativa (cioè che assuma che l’eterosessualità sia l’orientamento ‘normale’, invece che uno dei possibili orientamenti sessuali). Tale punto di vista, ad esempio, può tradursi nell’assunzione che un bambino da grande si innamorerà di una donna e la sposerà». Bisogna poi rifuggire dalle seguenti condotte che vengono definite «stereotipi basati sul genere»: per i «maschi ad esempio, guardare la Formula 1 o giocare ai videogiochi», per le «femmine ad esempio, essere interessate alla cucina o allo shopping».

C’è solo da sperare che questi imberbi studenti non si applichino e crescano ignoranti.